Ci sono troppi videogiochi?
Solo su Steam sono stati pubblicati più di 14.500 videogiochi nel 2023. Oltre 38 al giorno.
L’obiettivo di una società quotata in borsa è soprattutto uno: fare in modo che il valore delle sue azioni cresca. Perché ciò significa che la percezione della società e del suo futuro è positivo e che “il mercato” si fida delle sue attività e dei suoi prodotti e servizi.
Naturalmente il mercato si muove come conseguenza delle scelte, delle strategie e delle comunicazioni di una data società: così a volte sale e a volte scende.
Come pubblico possiamo solo osservare - certo: escludendo chi invece sceglie di acquistare a sua volta azioni delle società quotate - e quindi, sulla carta, siamo neutrali rispetto all’andamento delle azioni di borsa: le osserviamo, le giudichiamo e le influenziamo anche, con gli acquisti o i non acquisti dei videogiochi. Ma senza, di per sé, tifare per un verso o per l’altro.
Ma c’è anche altro e ora mi spiego meglio.
Per far salire le sue azioni, una società di base persegue il profitto (o aumentando i ricavi o riducendo i costi, spesso licenziando tantissime persone a causa di scelte strategiche incaute, come minimo) e soprattutto la crescita del volume delle sue attività.
Talvolta, nel caso dei videogiochi, lo persegue inseguendo tendenze e mode che poco c’entrano con ciò che l’azienda ha fatto in passato. È stato così, per esempio, con gli NFT, i token non fungibili che alcuni editori, come Ubisoft e Square-Enix, hanno inserito nelle loro strategie, con risultati o scarsi o ancora da registrare. Ciò può accadere anche a discapito della creatività degli studi oppure persino delle condizioni di lavoro del personale.
Insomma: la soddisfazione degli azionisti spesso (non sempre) contrasta con ciò che dovrebbe interessare il pubblico; o perlomeno quella porzione di pubblico che promuove un settore più stabile e più sostenibile.
Allo stesso tempo, però, anche la situazione opposta, quella in cui il valore delle azioni cala, ha potenziali effetti collaterali da non sottovalutare.
La faccio breve: se il valore delle azioni cala, il valore della società complessivamente cala e quindi quella società è un obiettivo più facile per quelle gigantesche multinazionali che cercano di espandersi sempre di più comprando altre società.
È esattamente ciò che è successo con Microsoft e Activision Blizzard, le cui azioni valevano oltre 90 dollari a luglio 2021 e pochi mesi dopo, a seguito di molteplici accuse rivolte alla dirigenza di aver contribuito a un ambiente di lavoro tossico, valevano meno di 60 dollari: è questa situazione che ha spinto Microsoft a muoversi per comprare Activision Blizzard perché le ha fatto risparmiare decine di miliardi di dollari.
Qualcosa di simile, ma molto più piccolo, è accaduto quando il fondo sovrano saudita (il Public Investment Fund) ha comprato ulteriori quote di Koei Tecmo, il cui valore azionario è sceso del 23% nel corso dell’ultimo anno.
In altre parole, il rischio è che questa situazione incentivi un consolidamento ulteriore del settore, con poche società che includono tantissimi studi di sviluppo: così è stato per Embracer (che oggi sta smantellando), così come per Microsoft, per Tencent, per Savvy Gaming Group. L’accentramento raramente è cosa buona e giusta.
Alla luce di queste due potenziali conseguenze - o il perseguimento forsennato del profitto o il rischio che grossi conglomerati diventino sempre più grossi - non so sinceramente cosa sia meglio auspicare.
Massimiliano
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La domanda “ci sono troppi videogiochi?”, ve lo dico già, non ha una vera e propria risposta. Non ce l’ha perché, innanzitutto, la risposta dovrebbe per forza fare i conti con le molteplici versioni di questa domanda.
Per esempio, quella artistica: se il videogioco è (anche) espressione, allora non ha senso chiedersi se siano troppi; perché saranno nel numero giusto, né più né meno, che serve alle persone che usano il videogioco per esprimersi e comunicare (penso a Non Binary di Owof Games o anche a Whats’ up in a Kharkiv Bomb Shelter).
Naturalmente c’è la versione più commerciale e produttiva di questa domanda; che probabilmente è quella su cui vale la pena focalizzarsi un attimo perché è anche quella più semplice da approfondire in una newsletter.
Nel 2023 su Steam sono stati pubblicati oltre 14.500 videogiochi. I dati non sono ufficiali, ma provengono da SteamDB, progetto che registra varie statistiche su Steam. Già questo numero dovrebbe farci riflettere: significa che nel 2023 ogni giorno sono usciti più di 38 giochi in media su Steam.
I numeri sono alti anche se guardiamo alle console:
2.600 nuovi videogiochi su Nintendo Switch;
1.300 videogiochi su PS4 e PS5;
950 videogiochi su Xbox.
Naturalmente esistono delle sovrapposizioni: molti videogiochi sono multipiattaforma e quindi sono stati considerati due, tre o persino quattro volte in questo conteggio. Ma la questione rimane.
Il primo ad averla sollevata di recente è stato il co-fondatore di Bossa Studios, Henrique Olifiers.
A Gamesindustry, commentando i licenziamenti che la società aveva da poco disposto, ha detto che la “tempesta perfetta” che li ha giustificati, a suo dire, includeva anche una notevole quantità di videogiochi ad alto budget, i cosiddetti videogiochi “AAA”, usciti nel 2023 da settembre in poi - Starfield, Super Mario Bros Wonder, Alan Wake 2, Spider-Man 2, Call of Duty: Modern Warfare III, ecc - e che hanno offuscato i videogiochi più piccoli, persino a medio budget (definiti “AA”).
In pratica: con così tanti videogiochi ad alto budget, che possono anche permettersi rilevanti campagne promozionali, è naturale che molte più persone siano andate verso queste grandi produzioni; di conseguenza, c’è stato meno spazio, meno tempo e anche meno soldi da investire in altre esperienze. Che o vengono recuperate più avanti, magari in saldo, o non vengono recuperate affatto.
“Ci sono troppi videogiochi sul mercato al momento”, ha commentato invece Benoit Clerc, responsabile delle pubblicazioni dell’editore Nacon, che nel 2023 ha pubblicato videogiochi come Il Signore degli Anelli: Gollum e Robocop: Rogue City, sempre a Gamesindustry.
Clerc ha aggiunto poi una riflessione interessante e che per questo cito: “Ciò che vediamo oggi è il risultato degli investimenti fatti dopo il Covid, quando il mercato stava esplodendo e ogni gioco faceva un sacco di soldi per cui sono stati fatti molti investimenti. Ora sono passati due o tre anni da allora, così i giochi che stiamo vedendo oggi sul mercato sono stati finanziati in quel periodo e sono semplicemente troppi perché i consumatori possano giocarli”.
Da una parte, l’accumulo di così tanti videogiochi, specialmente su Steam, è la conseguenza della graduale democratizzazione degli strumenti di sviluppo. Vale a dire che a un certo punto sviluppare un videogioco è diventato fattibile anche al di fuori delle grandi aziende; e piccoli gruppi di persone o addirittura singoli individui hanno avuto l’opportunità di creare varie esperienze: e alcune di queste sono diventati grandi successi, da Minecraft a Fez.
Perciò la democratizzazione è sicuramente una cosa positiva: come chiunque può scrivere un libro, oggi - in pratica - chiunque può creare un videogioco, anche tramite strumenti semplici come Bitsy, anche non a scopo di lucro. Ciò vale prevalentemente per il mondo PC: dove infatti la quantità di videogiochi pubblicati su Steam (e anche di più su Itch.io) è diverse volte più vasta di quella che arriva sulle console.
Dall’altra parte, una presenza così incredibile di videogiochi produce un effetto a valanga: farsi notare è sempre più difficile o è sempre più legato alla capacità degli sviluppatori (o degli editori) di iniettare molti soldi per le campagne promozionali.
Inoltre, una maggiore concorrenza significa che sempre meno videogiochi riescono a essere venduti a prezzo pieno; quindi gli sviluppatori, per farsi notare, devono scontare di molto il loro prodotto, anche di percentuali superiori al 50%. In pratica, significa che devono svendere il proprio videogioco per attirare più utenti.
C’è un ulteriore aspetto del settore attuale da evidenziare e che ha descritto bene Simon Carless nella sua newsletter.
Il fatto che le console di ultima generazione - cioè PlayStation 5 e Xbox Series X|S - siano retrocompatibili significa che i videogiochi di oggi, quelli che escono in questi mesi, devono confrontarsi non solo con gli altri videogiochi dello stesso genere usciti di recente; ma anche con quelli usciti negli anni scorsi e che però ora sono in sconto. Anche dello stesso editore/sviluppatore.
In passato (molto passato) ciò non succedeva: con il Super Nintendo non si poteva giocare ai videogiochi per il Nintendo Entertainment System; con il Dreamcast non si poteva giocare ai videogiochi del Saturn e via dicendo. (Qualche caso rimane: su Switch non si possono giocare ai videogiochi di Wii U, per intenderci). Oltre al fatto che la prevalenza dei videogiochi in formato fisico rendeva più difficile recuperare vecchi videogiochi, che nei negozi erano spariti, sostituiti da quelli nuovi. Questi due aspetti permettevano di evitare, soprattutto su console, che i cataloghi diventassero così grandi nel tempo: oggi ci sono oltre 79.000 videogiochi su Steam; 11.500 videogiochi su Nintendo Switch; 7.000 su PlayStation 4 e PlayStation 5 e 6.000 su Xbox.
“Ora che l’hardware da gioco è sufficientemente sofisticato, la distribuzione del software è digitale e la retrocompatibilità è molto più possibile, non pensiamo che ciò possa succedere di nuovo* (*A meno che Switch 2 faccia qualcosa di davvero strano!). E il tuo nuovo videogioco spesso si trova a competere con il tuo precedente videogioco dello stesso genere - che potrebbe trovarsi in forte sconto”, ha scritto Carless.
L’enorme produzione videoludica, quindi, è un problema innanzitutto commerciale: troppi videogiochi, naturalmente, fanno emergere quelli più capaci di vendersi bene. Ma rende anche più difficile scoprire videogiochi nuovi, specialmente quando il catalogo di piattaforme come Steam 1) è già ricchissimo e 2) deve fronteggiare dozzine di videogiochi nuovi ogni singolo giorno.
Questo fenomeno, tutt’altro che nuovo, è un problema anche creativo: se devo rischiare meno, allora preferisco puntare su esperienze di gioco già note, con meno probabilità che non piacciano agli utenti.
È un problema anche industriale: perché potremmo vedere, e secondo me già lo stiamo vedendo, sempre più aziende che faticano a passare da un videogioco all’altro e quindi sono costrette a licenziare, a chiudere uffici o a chiudere del tutto.
Allo stesso tempo, scrivendo questo approfondimento, ho notato una banalità: e cioè che la domanda “ci sono troppi videogiochi"?” potrebbe valere anche se sostituissi “videogiochi” con qualcos’altro. Con “podcast”. O con “newsletter”. O con “servizi di streaming di film e serie TV”. O con “libri”.
Ogni tipologia di contenuto sta vivendo un momento di forte espansione: sia perché tutte le aziende provano a inserirsi in un nuovo mercato (e così via a dieci applicazioni per lo streaming musicale; e dieci applicazioni per lo streaming video; e così via) sia perché in un po’ tutti i settori c’è stata la democratizzazione di cui sopra. Che ha due facce: una, quella di poter dire “l’ho fatto anch’io”; e l’altra quella di sperare di poterci campare, con questa cosa, che sia un videogioco, una newsletter o un album musicale. Scoprendo che uno su mille ce la fa, come cantava Morandi.
I videogiochi però hanno caratteristiche proprie. Tutto ciò, per esempio, si sta verificando in un periodo storico di questa industria in cui esistono videogiochi che non finiscono mai - i vari Fortnite, i Minecraft, i Counter-Strike 2, i Final Fantasy 14 - e in cui la longevità media dei videogiochi cosiddetti mainstream si è allungata; anche se poche persone li finiscono davvero.
Se passiamo sempre più tempo sui videogiochi mainstream, che sono sempre di più, allora diventa più difficile scoprire nuove esperienze e far emergere nuovi studi di sviluppo; che a loro volta devono capire quando far uscire il loro videogioco cercando di non posizionarsi in un periodo già affollato.
Certamente oggi stiamo vedendo arrivare sul mercato, come diceva Clerc, le attività pensate, progettate e finanziate 3, 4 o persino 5 anni fa; quindi non stiamo ancora assistendo a quella correzione del mercato - in termini di impatto sulle esperienze o persino della quantità di esperienze - che oggi molte realtà aziendali ritengono necessaria (e da qui i tantissimi licenziamenti) per poter sopravvivere in un contesto commerciale e produttivo ed economico più stratificato del passato. Gli effetti di questa correzione li vedremo fra 2-3 anni almeno.
Inoltre, bisogna considerare che oggi ci sono milioni e milioni di persone in più che giocano ai videogiochi rispetto agli anni Novanta, per esempio: e chi gioca a Spider-Man 2 potrebbe non essere interessato a Super Mario Bros Wonder; e chi esplora i videogiochi su Itch.io potrebbe disinteressarsi, invece, dei videogiochi su PlayStation, Xbox e Nintendo.
Lo avevo detto che rispondere alla domanda non era semplice.
“Ci sono troppi videogiochi?”, infine, è una domanda che c’entra molto con il modo in cui viene vissuto questo settore: se l’idea è sapere tutto di ogni cosa; se si sceglie di seguire i videogiochi mainstream e anche scovare nuove esperienze indipendenti e anche riuscire a ritagliarsi del tempo per recuperare i videogiochi lasciati indietro; se si cerca di star dietro un po’ a tutto e rimanere connessi con qualunque movimento di questo settore; insomma, se l’intenzione è di non perdersi niente, allora l’aumento del numero di videogiochi è una notizia tremenda, generatrice di ulteriore paura di perdersi qualcosa (grossolana traduzione della Fear Of Missing Out, o FOMO).
L’alternativa a questo sistema, però, potrebbe essere persino peggio: cioè tornare a un mondo videoludico dove gli strumenti di sviluppo e le opportunità di pubblicazione sono così poco accessibili che creare videogiochi torni a essere soprattutto appannaggio delle grandi società. Un’alternativa che non mi sento di auspicare perché credo che la normalizzazione del videogioco passi anche da chi sceglie di usarlo per comunicare, per mandare messaggi o anche solo per viverci, con numeri modesti e guadagnando abbastanza da finanziare anche il progetto successivo.
Mi viene allora un’altra domanda: fino a che punto il numero di videogiochi usciti ogni anno può continuare ad aumentare senza che qualcosa si rompa del tutto?
Le altre notizie in breve
Unity licenzierà 1.800 persone
In un documento inviato alla Securities and Exchange Commission, l’autorità statunitense che vigila sulle società quotate in borsa, Unity ha annunciato che intende licenziare il 25% del personale, ossia 1.800 dipendenti. La decisione è stata presa come parte di un piano per ristrutturare e rifocalizzare la sua attività principale e per posizionare “per la crescita a lungo termine e profittevole”. Nel corso del 2023 Unity ha già licenziato 1.165 persone in tre momenti diversi.
Twitch licenzierà 500 persone
In una nota pubblicata sul sito ufficiale, l’amministratore delegato di Twitch Dan Clancy ha annunciato che la società licenzierà 500 persone. Clancy ha spiegato che al momento le dimensioni della società “sono basate su dove aspettiamo che ottimisticamente sarà la nostra attività nell’arco di tre o più anni, non dove siamo oggi”. Inoltre, Clancy ha dichiarato che al momento Twitch continua a non generare profitti nonostante il supporto di Amazon. Twitch aveva già licenziato 400 persone a marzo 2023. Nella sua analisi Jacob Wolf ha spiegato perché Twitch si trova in questa situazione.
Discord licenzierà 170 persone
Anche Discord, applicazione di messaggistica molto diffusa fra i videogiocatori, licenzierà il 17% del suo staff, cioè 170 persone. In una nota interna inviata ai dipendenti, il cui contenuto è stato condiviso da The Verge, l’amministratore delegato Jason Citron ha detto che “siamo cresciuti velocemente e abbiamo espanso la nostra forza lavoro ancora più velocemente, aumentandola di cinque volte dal 2020. Come risultato, abbiamo portato avanti più progetti e siamo diventati meno efficienti nel modo in cui lavoriamo”.
Playtika licenzierà 400 persone
L’editore di videogiochi mobile israeliano Playtika licenzierà il 10% del personale, cioè 400 persone. I videogiochi di Playtika sono pochi noti al pubblico e includono varie esperienze di gioco d’azzardo simulato, come slot machine e poker. A gennaio 2023 Playtika annunciò di aver fatto un’offerta per comprare la finlandese Rovio, produttore di Angry Birds, per 683 milioni di euro: non andò a buon fine e Rovio, infine, è stata acquisita mesi dopo da SEGA.
MSI ha annunciato una console portatile
MSI ha annunciato Claw, una console portatile basata su Windows che integra un processore Intel, 16 GB di RAM e uno schermo da 7” (1080p) con frequenza di aggiornamento a 120 Hz. Non ci sono ancora i prezzi italiani, ma The Verge ha riportato che ci saranno tre modelli dai 699 ai 799 dollari. Dovrebbe uscire entro giugno.
Personaggi secondari creati con l’IA
Al Consumer Electronics Expo 2024, grande evento di tecnologia che si è tenuto a Las Vegas nei giorni scorsi, Nvidia ha annunciato che il suo sistema che permette di creare personaggi non giocanti (PNG) usando modelli di Intelligenza Artificiale sarà usato da vari editori di videogiochi, fra cui Ubisoft, Tencent (Honor of Kings, League of Legends), Mihoyo (produttore di Genshin Impact e Honkai Star Rail) e NetEase (Knives Out, Naraka: Bladepoint). Si tratta dello stesso sistema che era stato presentato tempo fa con un video di sicuro impatto. Nvidia sostiene di non usare dati protetti dal diritto d’autore e che ha addestrato i suoi modelli sulla base di dati commercialmente disponibili.
Un controverso accordo
SAG-AFTRA, cioè il sindacato che negli Stati Uniti rappresenta attori e doppiatori, ha annunciato di aver trovato un accordo con Replica Studios, società che collabora con aziende che producono videogiochi (come Crytek, Hangar 13 o Squanch Games) per creare voci basate su modelli di Intelligenza Artificiale da sfruttare nei videogiochi, previo consenso di doppiatori e doppiatrici; che potranno in qualunque momento negare il consenso per l’uso della riproduzione digitale della loro voce in nuove opere.
Per quanto l’accordo venga descritto come “giusto ed equo”, i membri rappresentati non l’hanno presa bene, soprattutto perché alcuni membri del sindacato - nonostante quanto comunicato da SAG-AFTRA - hanno detto di non essere stati coinvolti nel voto che ha decretato la sottoscrizione dell’accordo con Replica. Su The Hollywood Reporter Roma ha approfondito la questione Damiano D’Agostino.
Un sorpasso interessante
Nel Regno Unito nel 2023 non è stata l’industria dei videogiochi quella che, nel settore dell’intrattenimento, ha generato più ricavi; bensì è stata quella dei film e delle serie TV, secondo l’elaborazione di ERA, l’associazione di categoria che rappresenta i rivenditori di videogiochi, musica e prodotti home video. Non succedeva dal 2012.
I ricavi generati dai videogiochi sono stati pari a 4,74 miliardi di sterline (+2,9%), mentre i contenuti video, che includono anche gli abbonamenti a servizi come Netflix e Apple TV+, sono stati di 4,9 miliardi di sterline (+10%). L’89% dei ricavi dai contenuti video proviene dai servizi di streaming. La musica, invece, ha raggiunto 2,2 miliardi di sterline di ricavi (+9,6%)
Ancora più in breve
Warner Bros. ha venduto 22 milioni di copie di Hogwarts Legacy
ByteDance, casa madre di TikTok, sta discutendo con Tencent, grosso gruppo cinese, per la cessione del suo ramo videoludico, Nuverse
Microsoft ha annunciato una presentazione online, un Developer Direct, per il 18 gennaio. Mostrerà il videogioco di Indiana Jones, Avowed e Senua’s Saga: Hellblade II, fra gli altri
Qualcuno ha pensato bene di creare un Super Nintendo che esegue anche i videogiochi PlayStation su CD e, soprattutto, che funziona
Da leggere
Perché le carte di Magic costano milioni di dollari - Simone Trimarchi, Esportsmag
La redenzione di Cyberpunk 2077 ha chiesto un duro lavoro e una fortuna sfacciata - Rob Fahey, Gamesindustry
La domanda principale potrebbe essere retorica e/o provocatoria, comunque la risposta sarà sempre e comunque no - in OGNI caso. Dovremmo rinunciare alla possibilità di scelta ? E poi, come suggerito nell'articolo, esistono troppi libri, o canzoni ? La risposta è e sarà sempre no.
Come qualsiasi altro media, finalmente, Poe fa concorrenza a Viola Ardone e così Pac-Man fa concorrenza a Fortnite. E' così. era inevitabile, è giusto.
Ovviamente abbiamo bisogno di maggiore guida per scegliere, in questo mare, in questo oceano. Vorrei giocare prodotti belli, che abbiano un senso, e qualcuno mi deve aiutare. E oggi questi mezzi ci sono. Se io sono capace di compilare la lista dei miei 15 giochi preferiti, possibilmente più varia possibile, deve esistere qualcuno, o un algoritmo benevolo, che mi suggerisca: "allora potrebbe piacerti anche...". Ma senza enshittification !
E' uscito un approfondimento di Matthew Ball sullo stato dell'industria (https://www.matthewball.vc/all/gaming2024), penso ti possa interessare. Un 2023 buono, ma anche no : )