È stata una settimana difficile. L'indagine di GamesBeat su Moon Studio (Ori and the Will of the Wisps); quella di People Make Games su alcuni studi indipendenti; il rapporto di Video Game Chronicles su The Initiative e lo sviluppo di Perfect Dark hanno dimostrato che quanto riferito su Activision Blizzard King e su Sony e su Riot Games non sono episodi isolati: sono segnali di un problema sistemico nel mondo videoludico e, più in generale, in quello aziendale in molte parti del mondo.Persone che lasciano il proprio posto di lavoro perché non vengono considerate; altre che non riescono a percepire il videogioco a cui hanno dedicato così tante ore della loro vita allo stesso modo perché i fondatori dello studio hanno un atteggiamento oppressivo e deleterio per la salute mentali dei colleghi. Sentire descrivere il posto di lavoro come "una morte causata da mille tagli" e che una morte con un colpo d'ascia "sarebbe stato francamente preferibile" è devastante.Chi fonda uno studio di videogiochi spesso non sa gestire un ambiente di lavoro: manca, in molti casi, il buon senso di come rapportarsi con le persone, di cosa sia appropriato e di cosa no e di cosa sia necessario fare per assicurare che un ambiente di lavoro eviti di far sentire a disagio le altre persone o addirittura le faccia stare male.In questo senso, credo che la figura di Satoru Iwata, presidente di Nintendo fino al 2015, anno della sua morte, sia emblematica. Al di là dell'azienda, al di là dei giochi che Iwata stesso (come Kirby's Dream Land per Game Boy) ha contribuito a creare e al di là dei risultati finanziari della sua gestione, Iwata aveva un'abitudine: regolarmente teneva dei colloqui con i dipendenti per parlare, confrontarsi e capire come si trovavano e cosa, secondo loro, poteva essere fatto meglio. C'era un confronto diretto fra le persone, a prescindere dal loro grado nella gerarchia aziendale. Perché per quanto sia diffusa l'idea dell'azienda come una macchina, in realtà è un agglomerato di persone, che possono avere esigenze diverse o stanno affrontando momenti della propria vita diversi da quelli della persona della scrivania a fianco.Iwata aveva ritenuto fondamentale tale confronto fin da quando gestiva Hal Laboratory e poi decise di portare con sé tale abitudine in Nintendo una volta diventato presidente dell'azienda.Iwata era innanzitutto una buona persona, oltre che un dirigente d'azienda, e aveva capito che il dialogo, in un ambiente di lavoro, è centrale per poter fare sentire tutti bene e per cambiare cosa non andava: dal punto di vista aziendale, significa che tali persone lavorano meglio; da quello umano, implica garantire un certo livello di benessere. E questo fa tutta la differenza del mondo quando si parla di un'azienda, fatta da persone. Massimiliano
Tutta la differenza del mondo
Tutta la differenza del mondo
Tutta la differenza del mondo
È stata una settimana difficile. L'indagine di GamesBeat su Moon Studio (Ori and the Will of the Wisps); quella di People Make Games su alcuni studi indipendenti; il rapporto di Video Game Chronicles su The Initiative e lo sviluppo di Perfect Dark hanno dimostrato che quanto riferito su Activision Blizzard King e su Sony e su Riot Games non sono episodi isolati: sono segnali di un problema sistemico nel mondo videoludico e, più in generale, in quello aziendale in molte parti del mondo.Persone che lasciano il proprio posto di lavoro perché non vengono considerate; altre che non riescono a percepire il videogioco a cui hanno dedicato così tante ore della loro vita allo stesso modo perché i fondatori dello studio hanno un atteggiamento oppressivo e deleterio per la salute mentali dei colleghi. Sentire descrivere il posto di lavoro come "una morte causata da mille tagli" e che una morte con un colpo d'ascia "sarebbe stato francamente preferibile" è devastante.Chi fonda uno studio di videogiochi spesso non sa gestire un ambiente di lavoro: manca, in molti casi, il buon senso di come rapportarsi con le persone, di cosa sia appropriato e di cosa no e di cosa sia necessario fare per assicurare che un ambiente di lavoro eviti di far sentire a disagio le altre persone o addirittura le faccia stare male.In questo senso, credo che la figura di Satoru Iwata, presidente di Nintendo fino al 2015, anno della sua morte, sia emblematica. Al di là dell'azienda, al di là dei giochi che Iwata stesso (come Kirby's Dream Land per Game Boy) ha contribuito a creare e al di là dei risultati finanziari della sua gestione, Iwata aveva un'abitudine: regolarmente teneva dei colloqui con i dipendenti per parlare, confrontarsi e capire come si trovavano e cosa, secondo loro, poteva essere fatto meglio. C'era un confronto diretto fra le persone, a prescindere dal loro grado nella gerarchia aziendale. Perché per quanto sia diffusa l'idea dell'azienda come una macchina, in realtà è un agglomerato di persone, che possono avere esigenze diverse o stanno affrontando momenti della propria vita diversi da quelli della persona della scrivania a fianco.Iwata aveva ritenuto fondamentale tale confronto fin da quando gestiva Hal Laboratory e poi decise di portare con sé tale abitudine in Nintendo una volta diventato presidente dell'azienda.Iwata era innanzitutto una buona persona, oltre che un dirigente d'azienda, e aveva capito che il dialogo, in un ambiente di lavoro, è centrale per poter fare sentire tutti bene e per cambiare cosa non andava: dal punto di vista aziendale, significa che tali persone lavorano meglio; da quello umano, implica garantire un certo livello di benessere. E questo fa tutta la differenza del mondo quando si parla di un'azienda, fatta da persone. Massimiliano