Shenmue è ancora l'opera più ambiziosa di Yu Suzuki
È uscito il 29 dicembre 1999 in Giappone ed è diventato uno dei simboli del Dreamcast, ma anche uno dei suoi più grandi insuccessi
Alla fine dell’anno si fanno due cose. Una è un resoconto di ciò che sono stati i dodici mesi precedenti. La seconda è prevedere che succederà in quelli successivi. Di previsioni ho scelto di non farne più: l’anno scorso ci ho provato, più o meno, e molte le ho sbagliate.
D’altronde, quest’anno ci ha dimostrato ancora una volta che il settore dei videogiochi non può essere inserito in una macroprevisione generale, che riesca, in qualche modo e zigzagando, a mettere insieme tutte le varie fattispecie.
All’inizio dell’anno non avremmo mai potuto prevedere i successi di Palworld e di Helldivers 2. E nemmeno il tonfo clamoroso di Concord: il più grande insuccesso di Sony da credo sempre.
Forse avremmo potuto prevedere PlayStation 5 Pro; ma non avevamo previsto che Nintendo avrebbe scelto di aspettare un altro anno prima di lasciare indietro Switch.
E con gli occhi - questo è sempre un grave errore - sempre fissi sui grandi videogiochi, non avevamo previsto Animal Well, strano figlio di uno sviluppatore uscito da NetherRealm Studios e di un editore nato da YouTube, e nemmeno Balatro: progetto laterale di uno sviluppatore solitario, che ha scelto di restare anonimo, e che s’è preso le milioni di unità vendute e i premi dei migliori videogiochi dell’anno. L’ennesimo videogioco di carte, che invece ha fatto il contrario delle attese.
L’anno che è stato si è trascinato gli errori della gestione pandemica: hanno chiuso altri studi e migliaia di persone sono state licenziate.
Il giornalismo videoludico è in condizioni pessime: ha chiuso Game Informer; Kotaku, nella sua sostanza, ha smesso di esistere, e ormai è un cumulo di articoli per Google senza nemmeno più i commenti; lo zoccolo duro della redazione di Gamesindustry (Brendan Sinclair, Marie Dealessandri, James Batchelor e Christopher Dring) non ne fa più parte. Ci restano i siti di informazione finanziati da Walmart.
Se proprio volete la mia, il 2024 è stato allo stesso tempo il brutto e il bello del settore dei videogiochi. Le piccole produzioni hanno fatto mangiare la polvere a quelle grandi e l’inventiva, quella sì non manca mai.
Ma come industria si continua a dimostrare poco lungimirante, incapace di gestire le persone che la coltivano e troppo legata alle multinazionali.
Vi vorrei tanto dire che nel 2025 le cose miglioreranno. Ma non ci credo e, come ho detto, ho smesso di fare troppe previsioni.
Massimiliano
La mia esperienza con la serie Shenmue è particolare. Ho iniziato la serie con il secondo. E non su Dreamcast, la sua console originale; bensì su Xbox, dove Shenmue 2 è stato ripubblicato nel 2002.
Solo di recente ho potuto giocare per la prima volta a Shenmue e l’ho fatto proprio su Dreamcast. Nonostante siano passati 25 anni esatti dopo la sua prima pubblicazione in Giappone - era infatti il 29 dicembre 1999 - è evidente ancora oggi che cosa sia stato questo videogioco. Con tutti i suoi limiti.
Il sogno di Suzuki
Innanzitutto, si tratta, ancora oggi, dell’opera più ambiziosa di Yu Suzuki, game designer che, fino a quel momento, era noto per produzioni che oggi definiamo “arcade” (mentre al tempo erano normali videogiochi). Come il videogioco di corse Hang-On; lo sparatutto Space Harrier; o ancora Out Run, dove a bordo di una meravigliosa Ferrari bisogna sfrecciare lungo le strade per far esaltare una donna seduta sul sedile del passeggero.
Shenmue fu qualcosa di completamente diverso.
In un certo senso, tutt’oggi Shenmue - una saga che rimane incompiuta anche con il terzo capitolo pubblicato nel 2019 su PC e PlayStation 4 - è il progetto più grande che Suzuki abbia diretto.
“Alla fine del progetto nel gruppo di lavoro c’erano più di 300 persone”, ha ricordato Suzuki in un’intervista per il libro Sega Dreamcast: Collected Works, scritto da Simon Parkin e pubblicato da Read-Only Memory. “A quel tempo, non c’era alcun software per la gestione dei progetti. Usavamo una lista su Excel. A un certo punto, quel documento aveva un elenco di più di 10.000 cose ancora da fare”.
Per capirci, il gruppo di lavoro principale di Shenmue 3 - che è uscito diciotto anni dopo Shenmue 2, nel 2019 - era composto da 75 persone.
Un’esperienza nuova, con dei limiti
Shenmue è arrivato prima di Grand Theft Auto 3, uscito su PlayStation 2 nel 2001. È arrivato prima di tanti videogiochi a mondo aperto dove il giocatore è libero di spendere il proprio tempo non seguendo la storia principale; ma vagando per l’area di gioco. Entrare nei negozi, parlare con le persone e occuparsi di attività secondarie.
Al tempo, Yu Suzuki e l’intero AM2 di Sega definirono Shenmue un videogioco “FREE”, cioè Full Reactive Eyes Entertainment.
Se me lo chiedeste, io vi direi che è una cosa che non vuole dire niente; ma come tante cose che non vogliono dire niente, in inglese suona meglio.
Con quel “FREE” si intendeva la possibilità di interagire non solo con le persone che vagano per Yokosuka, dov’è ambientato il primo Shenmue: un panorama rurale dove la vita scorre serena e le vicine spettegolano. Ma di poter leggere le insegne; inserire delle monete in una macchina a gettoni; comprare un caffè da bere; entrare in una sala giochi e giocare proprio a quegli Hang-On e Space Harrier che Suzuki aveva firmato anni prima. I giochi completi, non minigiochi dedicati.
Il tutto mentre il tempo scorre in modo credibile: il protagonista, Ryo Hazuki, si alza sempre alla stessa ora e deve rincasare quando fa buio. Alcune attività, come i bar, sono aperte solo dopo una certa ora; e alla sera si vedono le persone che tornano indietro nelle loro case dopo il lavoro. A volte piove, a volte nevica e a volte c’è il sole.
Quel “FREE” significava liberare, appunto, il giocatore da una dinamica di gioco che lo aveva perlopiù vincolato, fino a quel momento, a fare le cose come un videogioco imponeva.
Shenmue mette a disposizione un’area di gioco di dimensioni modeste - si può percorrere camminando in una manciata di minuti - ma con potenzialità che (ripeto: è del 1999) sembrano infinite.

Ciò, però, fu anche un grande problema.
Shenmue è ancora oggi considerato come uno dei videogiochi più costosi mai fatti. Aggiornando la spesa di produzione con l’inflazione, parliamo di un videogioco che, sviluppato da più di 300 persone, costò oltre 100 milioni di dollari.
“La sfida più difficile era provare a capire che cosa Suzuki volesse creare”, ha commentato Keiji Okayasu, che per Shenmue è stato game director. “Tutti i membri del gruppo prendevano automaticamente Dragon Quest o Final Fantasy come riferimenti, perché erano i giochi di ruolo più familiari. Ma Suzuki non era d’accordo. Quando provava a spiegare che cosa voleva, il resto di noi faticava a comprenderlo. Più e più volte ci siamo trovati completamente smarriti rispetto a cosa fare”.
Anche Toshihiro Nagoshi - che in Ryu Ga Gotoku Studio ha di fatto stabilito Yakuza/Like A Dragon come una serie delle più importanti di Sega - è stato director di Shenmue.
Lavorare a Shenmue fu molto difficile perché, anche se oggigiorno può apparire strano, non c’era niente del genere nel 1999: Suzuki e tutta AM2 stavano realizzando qualcosa di inedito. Così oggi un videogioco come Like A Dragon, per dirne uno, riprende da Shenmue; che in quanto pioniere del campo appare sporco, limitato. Persino indeciso su cosa vuole essere.
“Per usare un’analogia, sviluppare Shenmue è come preparare il perfetto effetto domino”, ha commentato in un’intervista del 2000 a Gamespot l’influente game designer Kenji Eno. “È bellissimo vedere quando tutti i pezzi del domino cadono uno dopo l’altro, ma il processo di posizionare ogni singolo pezzo non è un lavoro facile”.
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Il Dreamcast vendette poco meno di dieci milioni di unità. È stimato che il videogioco più popolare, Sonic Adventure, abbia venduto 2,5 milioni di copie. Shenmue vendette molte meno copie - si stima meno di un milione e mezzo - e sebbene parte di quei 100 milioni di dollari siano serviti anche a coprire i costi associati al sequel, uscito nel 2001 su Dreamcast, è considerato come uno dei grandi tonfi commerciali del Dreamcast; anzi, come uno dei grandi tonfi commerciali di tutta la storia dei videogiochi.
D’altronde, il primo capitolo è anche limitato, nella sua grande ambizione: e le recensioni del tempo, pur plaudendo per l’idea, l’atmosfera e l’esecuzione di un’avventura dai tratti inediti, furono miste.
Per esempio, lo scorrere del tempo lascia dei buchi, talvolta, fra un’attività e l’altra. Così, è necessario aspettare che passino le ore (nel mondo di gioco) nella nullafacenza, in pratica.
La storia progredisce molto lentamente, forse troppo; e il sistema di combattimento è abbozzato. (Shenmue nasce come spin-off di Virtua Fighter, serie di picchiaduro a cui Suzuki lavorò).
I limiti di Shenmue divennero ancora più evidenti quando, molti anni dopo, è stato riproposto su PC, PlayStation 4 e Xbox One in versione restaurata insieme al sequel in un’unica raccolta, sebbene sia stata generalmente apprezzata.
Venticinque anni dopo il debutto, tanto è cambiato:
Sega non produce più console.
Suzuki - tramite Ys Net che ha co-fondato dopo aver lasciato Sega alla fine degli anni Duemila - sta lavorando a tutt’altro, come Steel Paws, che sarà prodotto da Netflix.
E i diritti di pubblicazione di Shenmue 3 sono passati da Ys Net a Inin Games.
L’originale Shenmue è soprattutto materiale per nostalgici e non è chiaro se la serie verrà mai davvero conclusa: visto che ogni gioco di Shenmue vende meno del precedente e diventa sempre meno appetibile da un punto di vista commerciale.
Nonostante ciò, una partita a Shenmue è una finestra temporale verso una versione videoludica antecedente a tutto ciò che oggi diamo scontato in tante avventure aperte: in cui il giocatore può fare un po’ quello che gli pare.
Le altre notizie, in breve
Quanti giochi sono usciti su Steam quest’anno
Secondo i dati raccolti da SteamDB, nel 2024 sono stati pubblicati su Steam 18.897 videogiochi. Novembre è stato il mese più ricco, con oltre 1.900 videogiochi pubblicati. L’anno scorso erano 14.311. Bisogna considerare che dei quasi 19 mila videogiochi pubblicati quest’anno, oltre 14.900 sono “limitati”. Vale a dire che sono giochi che non hanno raggiunto la quantità di vendite né il traguardo dell’ingaggio dei giocatori per sbloccare funzionalità aggiuntive, come la possibilità di creare delle carte del videogioco in questione oppure delle emoticon dedicate. A proposito di Steam, i videogiochi pubblicati nel 2024 sono stati giocati da una minoranza: il 15%. È comunque una percentuale in crescita rispetto al 2023 (9%).
Una fuga di informazioni su Halo
Nei giorni scorsi sono stati pubblicati circa 100 GB di dati che riguardano gli oltre venticinque anni di gestione di Halo, dal 1998. La fuga sembra essere in qualche modo legata a una collaborazione che Halo Studios (ex 343 Industries) stava portando avanti con Digsite, un gruppo di modder amatoriali, che ha anche lavorato per restaurare la demo di Halo 2 del 2003, poi pubblicata da Microsoft come parte della celebrazione per il ventesimo anniversario dall’uscita del gioco. I contenuti trapelati riguardano aspetti mai resi pubblici oppure tagliati dalle versioni commercializzate, fra cui com’era Halo quando era ancora uno sparatutto in terza persona.
Molti cloni di Unpacking continuano a provarci
Lo sviluppatore di Unpacking - videogioco dove bisogna rivivere vari traslochi e i momenti di vita connessi - si è lamentato di recente perché Nintendo non sta rispondendo ai suoi reclami: tanti videogiochi che sfruttano il nome di Unpacking sono apparsi sul negozio di Switch, l’eShop. In un post su Bluesky, Wren Brier, direttrice creativa del gioco, ha scritto che “sono passate due settimane e sono ancora sull’eShop”, riferendosi a un post precedente in cui aveva già segnalato la questione. “Nintendo non ha risposto a nessuna delle nostre segnalazioni di questi meravigliosi scam che stanno usando di proposito il nostro marchio registrato e ingannando i clienti di Nintendo nel comprare dei falsi a basso costo”.
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Appena divento nostalgico, o abbastanza vecchio lo giocherò.
Lui o Syberia, sono indeciso