Lo stato dell'industria dei videogiochi
L'annuale rapporto della Game Developers Conference ha fotografato la situazione generale, riassumendo i licenziamenti, le difficoltà dei finanziamenti e altro ancora
Più avanti parlo del rapporto annuale stilato per capire cosa i lavoratori del settore pensano dell’industria. Un commento riportato, però, mi ha fatto pensare; anzi, direi che è stato uno spunto molto interessante.
Una delle persone intervistate, il cui nome non viene citato, ha detto rispetto ai videogiochi live service: “Disprezzo i videogiochi live service. Sono tutti destinati a scomparire un giorno. Chi lo vorrebbe? I giochi non dovrebbero esistere solo finché qualche vecchio dirigente decide che sono redditizi”.
È un aspetto che non avevo considerato.
I videogiochi online, salvo casi sempre più rari, sono destinati a essere chiusi. E questo perché fisiologicamente, prima o poi, presto o tardi, si passerà a un altro videogioco online. È nell’ordine delle cose. Così, a un certo punto l’infrastruttura e la gestione di tutto diventerà più costosa di quanti soldi sta portando; e quindi, verrà chiuso. Magari dopo un mese, magari dopo cinque anni, magari dopo vent’anni.
Alcuni videogiochi - come League of Legends e Fortnite - stanno resistendo contro questa tendenza, evolvendosi continuamente. Ma per la gran parte dei videogiochi online, anche quelli non live service, c’è una data di scadenza. Ciò non accade con i videogiochi a giocatore singolo: quando un videogioco online chiude in rarissimi casi esiste la possibilità di continuare a giocarlo creando dei server privati. Molto più spesso invece il videogioco online che viene chiuso diventa un ricordo. È una corsa contro il tempo.
Naturalmente, i videogiochi online esistono dai tempi delle connessioni 56K. Sono una parte molto rilevante del settore perché tante storie, umane e non solo, sono nate grazie a questa incredibile connessione, alle storie non previste che sono state formate nelle comunità online. Il videogioco online rimarrà ed è normale che sia così.
Però, mentre quasi tutte le grandi aziende inseguono i videogiochi online, ciò che di fatto stanno anche facendo - oltre che spesso sprecare risorse economiche e umane - è creare sempre più videogiochi con una data di scadenza. Tutti videogiochi che, come ha detto la persona intervistata, “sono destinati a scomparire un giorno”.
Massimiliano
Cosa pensano i lavoratori del settore videoludico sull’attuale stato dell’industria?
A partire da questa domanda ogni anno viene svolta un’indagine. Vengono intervistate migliaia di persone e le loro risposte aggregate; al fine di avere delle statistiche e delle tendenze per fotografare il momento del settore, nel contesto della Game Developers Conference.
La nuova edizione di questa indagine non fa eccezione. E per certi versi, sembra quasi rappresentare, in scala, alcuni temi e alcune situazioni che stanno coinvolgendo il mondo intero.
C’è una cosa da dire. Il rapporto ha intervistato oltre 3.000 sviluppatori. Ma il 58% risiede negli Stati Uniti, che è il Paese più rappresentato. Significa che naturalmente le risposte sono fortemente influenzato dalla situazione statunitense. Il secondo Paese più rappresentato, cioè il Regno Unito, arriva al 7%.
Per esempio, il 16% degli sviluppatori di videogiochi è stato colpito da disastri naturali come alluvioni e incendi, sempre più frequenti e sempre più gravi a causa dei cambiamenti climatici.
Mentre il 52% degli studi sta già utilizzando strumenti basati sull’Intelligenza Artificiale generativa - ossia quel modello capace di creare in pochi secondi testo, immagini o video sulla base di una richiesta descrittiva dell’utente - anche se solo il 9% è realmente interessato a usarli.
Ma è altro ciò che mi interessa approfondire.
Nell’ultimo anno:
uno sviluppatore su dieci ha perso il lavoro;
il 41% dei professionisti è stato colpito da licenziamenti, rispetto al 35% del 2024. In questo dato vengono inclusi anche i licenziamenti dei colleghi, per esempio;
il 67% dei lavoratori che ha superato le 40 ore settimanali (il 43% del totale) lo ha fatto per auto-imposizione, ma il numero di chi non considera eccessive queste ore è sceso dal 36% al 23% rispetto all’edizione precedente del rapporto. Il numero di persone che ha lavorato al massimo 40 ore alla settimana in media è sceso dal 64% al 57%;
il 58% dei lavoratori è favorevole alla sindacalizzazione, soprattutto nella fascia d’età fra i 18 e i 34 anni dove la percentuale sale al 69%;
il 43% degli intervistati ha riferito che non ci sono stati licenziamenti nella sua azienda. L’anno scorso erano il 53%.
È cambiata anche la conformazione degli studi e la composizione dei lavoratori. Rispetto all’edizione precedente, è cresciuto il numero di sviluppatori che lavorano da soli, dal 18% al 21%.
Contemporaneamente, l’industria sta assistendo a un rafforzamento del PC come piattaforma di riferimento. L’80% degli sviluppatori sta lavorando a giochi per PC, segnando un balzo del 14% rispetto all’anno precedente.
La seconda piattaforma più rappresentata è PlayStation 5, con una percentuale molto più bassa, il 38%; seguita da Xbox Series X|S con il 34%.
Anche i videogiochi su browser stanno vivendo una rinascita inaspettata, con il 16% degli sviluppatori attivi nel settore. È la percentuale più alta degli ultimi dieci anni.
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Un aspetto interessante dell’indagine riguarda il modo in cui vengono finanziati i videogiochi: il 56% degli sviluppatori si autofinanzia, mentre solo il 28% riesce a ottenere fondi dagli editori.
Sono soprattutto gli studi indipendenti a fare affidamento all’auto-finanziamento: l’82% ha messo i soldi per il suo gioco di tasca propria. L’ottantaduepercento. La percentuale scende al 40% per gli studi di medie dimensioni e al 29% per gli studi più grandi.
Le persone intervistate hanno parlato anche del “paradosso del prototipo”: viene chiesto un prototipo per ottenere i fondi, ma servono i fondi per creare un prototipo.
Naturalmente, i commenti evidenziati su questo tema si spaccano:
gli sviluppatori dicono che gli editori preferiscono le proprietà intellettuali già affermate, non vogliono rischi, la concorrenza è molto alta e gli editori vogliono costanti risultati altrimenti tagliano tutto;
invece gli editori dicono che sono diventati più attenti a cosa finanziare e che non vogliono più buttare soldi, perché molti videogiochi non hanno successo.
Di per sé nessuna delle sue parti sbaglia a prescindere. L’editore fa l’editore e lo sviluppatore fa lo sviluppatore. Il problema, semmai, è che negli ultimi tempi è molto più difficile incrociare le rispettive esigenze. Così magari bisogna fare dozzine di proposte a vari editori e ricevere spesso “no” come risposta.
Nel modello di business, il gioco premium continua a essere la formula più diffusa, adottata dal 57% dei progetti in sviluppo. Il free-to-play resta una presenza forte, ma il modello live service divide gli sviluppatori. Solo il 13% vorrebbe realizzare un videogioco live service, mentre il 42% rifiuta questa strada. Però il 33% di chi lavora in uno studio tripla A sta lavorando a un videogioco live service.
Tanti numeri per dire che cosa? La situazione è complicata.
I licenziamenti restano un tema molto sentito: soprattutto perché trovare un altro lavoro è più complicato che in passato.
Trovare fondi per il proprio videogioco è ostico e spesso si fa prima a metterci i soldi in prima persona (con tutti i rischi del caso).
Studi indie e tripla A vivono in mondi completamente separati.
Mentre sempre più persone lavorano oltre 40 ore settimanali; forse - ma è un’aggiunta mia - per timore di apparire come poco produttive e rischiare il licenziamento.
Le altre notizie, in breve
Ci sono stati licenziamenti in Ubisoft
Ubisoft ha annunciato la chiusura dello studio di Leamington - era stato fondato nel 2002 come FreeStyleGames - e il licenziamento di 185 persone. Solo 50 di queste riguardano Ubisoft Leamington; le altre riguardano lo studio di Dusseldorf, di Stoccolma e Ubisoft Reflections. La motivazione è già sentita: “[…] ridurre i costi e assicurare la stabilità a lungo termine di Ubisoft”. Nei giorni scorsi Ubisoft aveva preannunciato un calo dei ricavi stimati per l’anno fiscale in corso e l’assunzione di consulenti per identificare le strategie ottimali per migliorare la sua situazione creativa e finanziaria.
Restando in tema, la maggior parte del personale di Phoenix Labs, sviluppatore di Dauntless e Fae Farm, verrà licenziata come parte di “modifiche sfortunate ma necessarie alle nostre attività”. Mentre Fast Travel Games, sviluppatore di videogiochi per la realtà virtuale, licenzierà 30 persone.
Nishino sarà l’unico amministratore delegato di Sony Interactive Entertaiment
Lo scorso anno, quando l’amministratore delegato di Sony Interactive Entertainment Jim Ryan si è ritirato, sono stati nominati due co-amministratori delegati, con compiti diversi: Hermen Hulst, a gestire i PlayStation Studios; e Hideaki Nishino, a gestire il resto. Ora Sony ha annunciato che Nishino, che è in Sony da 25 anni, sarà il solo amministratore delegato di Sony Interactive Entertainment dal 1 aprile. Hulst resterà, ma riporterà a Nishino: si occuperà di “guidare lo sviluppo, la pubblicazione e le attività dei contenuti di prime parti” di Sony e sarà anche responsabile dello sviluppo dei videogiochi su altre piattaforme, come il PC, e della realizzazione di film, serie animate e serie TV tramite PlayStation Productions.
I risultati finanziari di Xbox
Microsoft ha annunciato che fra ottobre e dicembre i ricavi della divisione videoludica sono scesi del 7%. Ciò soprattutto a causa del calo del 29% dell’hardware, sebbene l’area di contenuti e servizi, in cui rientrano i videogiochi e Game Pass, abbia registrato un miglioramento del 2%, in primis grazie alle prestazioni superiori alle attese di Activision Blizzard. Il calo complessivo è comunque coerente con quanto si aspettava la società; che pochi mesi fa aveva preannunciato un calo in singola cifra. L’amministratore delegato del gruppo, Satya Nadella, ha evidenziato che i ricavi trimestrali da Game Pass hanno registrato nuovi record e la base degli abbonati a PC Game Pass è cresciuta del 30%. Va ricordato che i prezzi mensili di Game Pass sono recentemente aumentati. Indiana Jones e l’Antico Cerchio è stato giocato da 4 milioni di persone. Per il prossimo trimestre, Microsoft si aspetta un ulteriore calo dei ricavi dall’hardware, ma una modesta crescita dei contenuti e dei servizi.
Forza Horizon 5 debutterà su PS5
Forza Horizon 5, videogioco di corse uscito a novembre 2021 su PC e Xbox, sarà pubblicato su PlayStation 5 in primavera. Su PS5, Forza Horizon 5 avrà gli stessi contenuti già accessibili su Xbox e PC e sarà integrato anche il cross-play, così che a prescindere dalla piattaforma usata tutti possano giocare con tutti. Della versione PS5 si sta occupando Panic Button, società specializzata nell’aiutare altri studi a portare i loro videogiochi su varie piattaforme. Si è occupata, per esempio, di: Forza Horizon 4, Star Wars Jedi: Fallen Order, Doom Eternal e Apex Legends.
Warner Bros. chiuderà Multiversus
Warner Bros. Games ha annunciato che cesserà il supporto al picchiaduro online Multiversus, che include vari personaggi dei suoi universi, come i Looney Tunes e i supereroi di DC Comics. Dallo scorso 31 gennaio non è più possibile effettuare acquisti nel gioco con valuta reale. Resterà giocabile online fino al 30 maggio. Dopo tale data sarà giocabile solo offline, ma non sarà più scaricabile. L’editore non ha fornito una chiara giustificazione, ma è presumibile che Multiversus, che è stato pubblicato a maggio 2024, circa due anni dopo la beta aperta, non stesse riscontrando i numeri necessari per un videogioco gratuito. Lo sviluppatore di Multiversus, cioè Player First Games, è stato acquisito da Warner Bros. l’anno scorso. Dopo l’incredibile successo di Hogwarts Legacy e gli ottimi risultati di Mortal Kombat 1, le cose per Warner Bros. Games sono state meno positive: Suicide Squad Kill The Justice League è stato un fallimento commerciale; Harry Potter: Quidditch Champions, pubblicato alla fine dello scorso anno, è stato già dimenticato; e pochi giorni fa David Haddad, amministratore delegato di Warner Bros. Games, ha lasciato la società dopo 12 anni.
Ancora più in breve
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Sì sentiva proprio la necessità si una serie TV su Beyond 😅