Cos'è successo fra Apple ed Epic Games
Apple ha chiuso l'account sviluppatore di Epic Games che doveva gestire il suo negozio di terze parti su iOS. La Commissione Europea si è messa di mezzo
Il videogioco, soprattutto quello che chiamiamo “mainstream”, è afflitto da un problema: la cultura del “sempre di più”. Si tratta di quell’approccio che interpreta il videogioco in larga parte, forse addirittura in maniera prevalente, da un punto di vista tecnologico. Perciò, così come uno smartphone del 2023 non può essere, a parità di fascia, inferiore a uno smartphone del 2020, allora un videogioco non può esimersi dal proporre le funzionalità o gli avanzamenti grafici o fisici che si sono già visti altrove precedentemente.
Il discorso vale, per esempio, per l’ampiezza del mondo di gioco, la quantità di contenuti secondari, i fotogrammi al secondo o la longevità complessiva dell’avventura principale. Questi sono di frequente argomenti di discussione presentati soprattutto prima dell’effettiva uscita del videogioco.
Solo perché nel 2018 o nel 2020 qualche studio ha già fatto qualcosa - non importa in quanti anni, non importa in quali condizioni, non importa con che budget, non importa quante persone siano servite - allora è abbastanza: tutto ciò che è venuto dopo non può esimersi dall'essere da meno, da questo punto di vista. Avere meno effetti particellari o una fisica meno avanzata o meno poligoni o meno capelli o meno rughe.
Un video che su X, ex Twitter, ha superato le 12 milioni di visualizzazioni mostra uno dei personaggi di Final Fantasy VII Rebirth, Cloud, mentre esce dall’acqua e i suoi vestiti non sgocciolano.
È un atteggiamento che vale tanto per il pubblico quanto per la stampa; che coltiva tale cultura proponendo quelle informazioni che, appunto, contribuiscono a un confronto tecnologico.
Questo tipo di cultura è problematica. Oltre al banale fatto che ci si sofferma sulla quantità e non sulla qualità - o ancora meglio: sul significato di cosa c’è e di cosa non c’è - l’eterogeneità di aziende e persone che creano videogiochi fa sì che non sia scontato riproporre degli avanzamenti tecnologici. O ancora che valga la pena farlo. Ma è un problema anche creativo: non posso permettermi di fare un gioco che ha meno di quello prima, anche se è ciò che desidero fare, ciò che è meglio fare.
Ancora oggi il fatto che i testicoli dei cavalli in Red Dead Redemption 2 di Rockstar Games si restringano quando fa freddo viene elevato a incredibile dimostrazione della potenza di un motore grafico o della dedizione di uno studio di sviluppo. Quando, forse, dovrebbe essere indicativo di uno sforzo collettivo e creativo male indirizzato.
Il realismo a tutti i costi, la potenza grafica a tutti i costi stanno contribuendo a generare quelle mostruosità produttive che sono i videogiochi ad alto budget: sempre più costosi e sempre più complessi; ma guai a renderli anche meno costosi o meno complessi. In un ambito in cui ogni aspetto del mondo di gioco dev’essere scritto nel codice, più dettagli significano più tempo di sviluppo, più risorse da usare: per ricreare qualcosa che, alla fine, sarà comunque sempre meno fedele della realtà. Aggiungere più dettagli è una rincorsa verso un traguardo che non si può raggiungere: quel fotorealismo tanto raccontato nel corso degli anni.
E il rischio è sempre quello di sfigurare rispetto a un videogioco che anni prima era riuscito a realizzare un aspetto tecnico, un dettaglio, un piccolo particolare in modo incredibile. È sbagliato persino pensare di provare a fare un sequel più piccolo del precedente: è blasfemia.
Se ne è parlato, più o meno, anche quando è uscito Baldur’s Gate 3, che è considerato, a ragione, come un’incredibile rappresentazione del livello che si può raggiungere con un videogioco di questo tipo. Ma guai a usarlo come riferimento: è semmai un’ambizione, una stella polare da ammirare. Non può e non deve diventare la soglia minima. Lo stesso discorso vale per i dettagli grafici secondari. Altrimenti a furia di aggiungere ciliegine sulla torta, potremmo trovarci a un punto in cui la torta non si sa più come farla.
Massimiliano
Quando a metà gennaio la Corte Suprema degli Stati Uniti si è rifiutata di ascoltare gli appelli presentati da Apple e da Epic Games, ponendo così fine alla disputa legale cominciata anni prima, si era pensato che la vicenda fosse conclusa.
L’introduzione delle regole europee del Digital Markets Act (DMA) - finalizzate a incrementare la concorrenza nei mercati digitali, fra cui i negozi di applicazioni mobile - è stata il secondo passo: sono entrate in vigore pochi giorni fa, il 7 marzo. Fortnite sarebbe potuto tornare su iOS per tramite dell’Epic Games Store, il cui diritto a esistere veniva garantito proprio dal DMA.
Oh, quanto ci sbagliavamo.
Nei giorni scorsi Apple ha deciso di chiudere l’account sviluppatore di Epic Games Sweden AB, che era stato creato per gestire l’Epic Games Store su iOS. Questa volta, però, Epic Games aveva un alleato in più: la Commissione Europea.
La decisione di Apple
“Terminando l’account sviluppatore di Epic, Apple sta eliminando uno dei più grandi potenziali concorrenti all’Apple App Store”, ha scritto la società in una nota. “Stanno minando la nostra capacità di essere un effettivo concorrente e stanno dimostrando agli altri sviluppatori cosa succede quando provi a competere con Apple o ti dimostri critico delle sue pratiche ingiuste”.
Nello scambio di email fra Phil Schiller, dirigente di Apple, e Sweeney emerge che Apple ha inizialmente approvato l’account sviluppatore di Epic Games Sweden AB; ma poi sembra essersene pentita. In particolare, Schiller ha chiesto a Epic Games di fornire delle rassicurazioni sul fatto che questa volta non avrebbe violato i termini di servizio come invece è successo nel 2020.
Al tempo, Epic Games decise deliberatamente di introdurre un sistema di pagamento in Fortnite che eludeva quello di Apple e così anche la quota del 30% dovuta ad Apple. Una violazione del contratto sottoscritto: così Fortnite è stato rimosso dall’App Store. Altrettanto è accaduto sul Play Store di Google.
Negli anni successivi Epic Games ha speso tempo (e molti soldi) in tribunale per provare a dimostrare che Apple abusi della sua posizione e detenga un monopolio sull’App Store con cui mina la concorrenza: non c’è riuscita.
L’unico punto su cui Apple è stata sconfitta riguarda la necessità di garantire agli sviluppatori la possibilità di comunicare agli utenti che esistono altri metodi di pagamento, anche sul loro sito ufficiale. È solo su quest’ultimo punto che Apple voleva presentare appello anche alla Corte Suprema, che però si è rifiutata di ascoltarlo, insieme con quello di Epic Games. Sweeney lo definì "un triste esito per tutti gli sviluppatori".
Apple, quindi, temeva che sarebbe successa la stessa cosa: Epic Games ha affermato che si sarebbe allineata ai termini del servizio, ma il suo vero intento era quello di violarli di nuovo.
Alla prima richiesta di Schiller di qualche rassicurazione, lo stesso Sweeney aveva risposto: “Epic e le sue sussidiarie stanno agendo in buona fede e aderiranno a tutti i termini degli attuali e futuri accordi con Apple e saremo lieti di fornire ad Apple qualunque specifica ulteriore rassicurazione sulla questione che possa desiderare”.
Eppure, qualcosa già si stava muovendo in un’altra direzione. Perché Apple si era rifiutata di garantire a Epic Games un appuntamento in cui discutere di tutte le indicazioni del caso su come aderire alle direttive del DMA europeo e poter quindi integrare l’Epic Games Store senza problemi.
Per incentivare la concorrenza, nei Paesi dell’Unione Europea Apple è stata obbligata a permettere l’installazione dei negozi di terze parti su iOS. La situazione che è già esistente su Android: puoi installare un negozio alternativo e installare da lì le varie applicazioni, anche quelle che, per vari motivi, non sono sul Play Store. A lungo Apple si è rifiutata di accettare questa eventualità - facendo riferimento ai limiti per la sicurezza dei dispositivi - ma l’entrata in vigore del DMA ha forzato la mano. Il DMA però stabilisce l’obiettivo, ma non le modalità con cui raggiungerlo: perciò Apple ha creato un insieme di vincoli e di criteri per “aprire” iOS. Su queste modalità Epic Games, come tutti gli altri sviluppatori, voleva qualche chiarimento e confrontarsi direttamente con Apple.
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Il 2 marzo, infine, l’ultima comunicazione: Apple ha chiuso l’account sviluppatore di Epic Games Sweden AB, definita “inaffidabile in modo evidente”.
“In passato Epic ha denigrato i termini per gli sviluppatori, incluso il Developer Program License Agreement (DPLA), come preludio alla loro violazione. Considerato tale schema, recentemente Apple ha scritto direttamente a Sweeney per dargli l’opportunità di spiegare perché Apple dovrebbe fidarsi di Epic questa volta e permettere a Epic Games Sweden AB di diventare uno sviluppatore attivo. La risposta di Sweeney a tale richiesta è stata completamente insufficiente e non credibile”.
In particolare, Apple ha fatto riferimento a un post che Sweeney ha pubblicato su X il 26 febbraio, in cui era critico della posizione di Apple, oltre a un documento presentato alla corte australiana come parte del procedimento contro Apple. Secondo Sweeney, tale documento mostra solo come Epic Games intendeva proporre l’Epic Games Store nell’Unione Europea.
In passato Sweeney è stato molto critico delle modalità scelte da Apple per aderire al DMA, costruendo una serie di paletti ai negozi di terze parti per rendere tutto meno conveniente. Per esempio, bisognerà pagare una “tariffa per le tecnologie chiave” (Core Technology Fee) pari a 50 centesimi di euro per ogni volta che un utente installa un’applicazione dopo il primo milione di download. Ciò vale anche per ogni volta che viene pubblicato un aggiornamento di un’applicazione che viene scaricato dagli utenti. Significa che società come Epic Games o Meta (che controlla Facebook e Instagram) devono pagare decine di milioni di euro all’anno ad Apple se vogliono un negozio di terze parti. Ovviamente, l’alternativa è quella di restare con Apple sull’App Store: paghi il 30% e basta.
Il commissario europeo per il mercato interno della Commissione Europea, Thierry Breton, ha commentato dicendo che “con il DMA non c’è spazio per le minacce dei gatekeeper (cioè le grandi aziende che possono decidere chi entra e chi no nelle loro piattaforme, ndr) di silenziare gli sviluppatori. Ho chiesto ai nostri servizi di approfondire la chiusura dell’account sviluppatore di Epic da parte di Apple con la massima priorità”.
La retromarcia
Nella serata italiana dell’8 marzo, è stato poi annunciato che Apple ha cambiato idea e ripristinerà l’account sviluppatore di Epic Games Sweden.
“Apple ci ha riferito che ripristinerà il nostro account sviluppatore e si è impegnata con la Commissione Europea”, ha scritto Epic Games in una nota di aggiornamento al suo articolo originale. “Ciò manda un forte segnale agli sviluppatori che la Commissione Europea agirà rapidamente per applicare il Digital Markets Act e ritenere responsabili i gatekeeper. Stiamo procedendo come previsto per lanciare l'Epic Games Store e riportare Fortnite su iOS in Europa”.
La decisione è stata confermata anche da Apple. In una nota inviata a The Verge, ha scritto che “a seguito delle conversazioni con Epic, si sono impegnati a seguire le regole, incluse le nostre politiche. Come risultato a Epic Sweden AB è stato permesso di ri-firmare l’accordo per gli sviluppatori e di essere accettata nell’Apple Developer Program”. Per Breton rappresenta la prima vittoria del DMA.
Di tutta questa faccenda, è stata sottovalutata la parte umana. Epic Games e Apple sono due aziende miliardarie che si stanno facendo la lotta per chi debba prevalere: Apple pensava di avere più strumenti per far valere la sua posizione.
Nella lettera con cui ha comunicato a Epic Games la chiusura dell’account sviluppatore, Apple ha evidenziato che la sentenza statunitense le garantisce il “diritto” a terminare il DPLA di Epic Games o delle sue sussidiarie e di qualunque altro soggetto controllato da Epic Games “in qualunque momento e alla sola discrezione di Apple”. E così ha fatto.
Avevamo sottovalutato come le scelte vengano fatte da persone, che possono anche decidere di non compiere la scelta più logica. Sarebbe stato più logico lasciare fin da subito che Epic Games creasse il suo negozio perché in ogni caso Apple ci avrebbe guadagnato qualcosa. Invece, Apple ha preferito mandare un messaggio: a casa mia, anche se passi dal retro, si fa come dico io. E non voleva invitare Epic Games.
Non è chiaro cosa si aspettasse Apple: che Epic Games non si sarebbe lamentata? Che la Commissione Europea non avrebbe agito, che sarebbe andato tutto liscio?
Ora i giochi sembrano chiusi. Negli Stati Uniti, la disputa legale si è chiusa con la vittoria quasi totale di Apple. Nell’Unione Europea, Epic Games può riportare Fortnite su iOS e persino integrare il suo Epic Games Store. Però ho la sensazione che possiamo ancora aspettarci delle evoluzioni. Chi lo sa.
Le altre notizie, in breve
Alla fine ha vinto Nintendo
Tropic Haze, sviluppatore dell’emulatore Yuzu, ha raggiunto un accordo con Nintendo, a seguito della denuncia di quest’ultima, secondo cui Yuzu ha favorito la pirateria su Nintendo Switch. Tropic Haze cesserà lo sviluppo e la distribuzione di Yuzu, così come di Citra, emulatore per Nintendo 3DS. Inoltre, pagherà 2,4 milioni di dollari come risarcimento a Nintendo.
I conti di NetEase
Nel quarto trimestre 2023 la società cinese NetEase ha generato ricavi pari a 27,1 miliardi di yuan (3,45 miliardi di euro), per il 77% derivati dai videogiochi, e un utile di 6,6 miliardi di yuan (cioè 842 milioni di euro), entrambi in aumento su base annua. Per l’intero anno fiscale l’utile è stato di 29,4 miliardi di yuan (3,75 miliardi di euro).
Per William Ding, amministratore delegato di NetEase, il 2023 è stato “un altro anno formidabile per NetEase Games” e ha citato in particolare il successo di Eggy Party, videogioco party per mobile che di recente ha raggiunto un picco di 40 milioni di utenti attivi giornalieri, e la stabilità di videogiochi online come Fantasy Westward Journey e Westward Journey Online.
Un po’ di videogiochi di terzi mostrati da Microsoft
Nella serata italiana del 6 marzo c’è stato un Xbox Partner Preview, ossia una presentazione che riguardava i videogiochi di terze parti in arrivo su Xbox. Fra i titoli mostrati: Final Fantasy XIV, che debutterà il 21 marzo su Xbox; S.T.A.L.K.E.R. Legend of the Zone, cioè la raccolta, già acquistabile, dei primi tre videogiochi della serie; è stato annunciato The Sinking City 2 e anche Monster Jam Showdown, videogioco di corse con i monster truck dall’italiana Milestone.
Ancora più in breve
È morto Akira Toriyama, creatore del manga Dragon Ball nonché disegnatore dei personaggi di videogiochi come Dragon Quest, Chrono Trigger e Blue Dragon. Aveva 68 anni
Spearhead Games ha comunicato di aver licenziato la maggior parte del personale e che bloccherà a tempo indeterminato il supporto a Unforetold: Witchstone, pubblicato in accesso anticipato lo scorso 25 gennaio
Ghost of Tsushima: Director’s Cut uscirà su PC il 16 maggio. Questa versione include anche l’espansione Isola di Iki e la modalità multigiocatore cooperativa online Leggende
Mattel inizierà a co-sviluppare e autopubblicare videogiochi, in aggiunta alle attuali iniziative, soprattutto legate alla concessione su licenza dei suoi marchi (come Barbie e Hot Wheels)
Da leggere
Final Fantasy VII Rebirth: l’arte della variazione di un tema originale - Federico Ercole, atacore.it
Spesso non è un motore grafico ma è la mentalità di questo settore a far restringere le dimensioni dei testicoli ai cavalli. A volte li fa anche cadere
Il discorso sull’acqua che gocciola quando esci è molto interessante, ci stavo pensando anche io in questi giorni (però ho una posizione diversa, in breve: mi va benissimo che non ci sia questa cura al dettaglio se poi nel complesso il gioco sotto c’è e ha qualcosa da dire, 7 Rebirth invece semplicemente ha spinto sulla quantità ma da un’altra parte)