Sul buon risultato di Prince of Persia e sull'autorialità sarebbe da aprire una riflessione che si dipana nel corso di tutta la storia del videogioco. Un tempo i giochi erano solo del publisher, poi arrivò Robinette e "spezzò le catene della schiavitù degli autori", che iniziarono a prendere il sopravvento, per cui i giochi erano di Geoff Crammond, Sid Meyer, Lord British, Jeff Minter, David Braben & Co. Il publisher passava in secondo piano, davanti a questi nomi, ma anche in questro caso si trattava di mettere comunque un'altra etichetta, perchè a parte alcuni rari casi, dietro il gioco non c'era solo il creatore, ma tutta una squadra di lavoratori che si occupavano del codice, della musica, della grafica, del testing. Un po' come nel mondo delle produzioni cinematografiche, il mondo delle produzioni dei videogiochi non può essere etichettato con semplicità. Oggi siamo ritornati al publisher, per cui in gioco è Ubisoft, EA e via discorrendo. La dualità tra autorialità e produzione rimane sempre in essere. Hideo Kojima fu criticato per aver detto che quando ai suoi giochi mette l'etichetta "A HIDEO KOJIMA GAME" lui si occupa di tutte le fasi, ma non nel senso che fisicamente fa tutto, ma che essendo l'autore del gioco, ha la completa supervisione di ogni suo elemento. I giochi sono fatti dalle persone, sono creati dalla mente di una persona o di un gruppo, sono costruiti da persone e le persone possono lavorare e pensare in maniera diversa all'interno della stessa casa di produzione. Ubisoft ha moltissimi dipendenti e sicuramente ha delle politiche aziendali che prevedono protocolli precisi per creare i videogiochi, ma poi la realizzazione passa dalle mani e dalle menti di persone con sensibilità diverse, che possono creare qualcosa di completamente diverso rispetto alle aspettative iniziali, perché infondono nel prodotto comunque una parte del loro vissuto. Sono contento che Prince of Persia abbia avuto un buon riscontro, perché è un franchise che ho sempre amato e il ritorno alle origini ha dato ragione a chi l'ha creato.
Sono d'accordo. Sicuramente è complicato. E anche nel cinema, a voler ben vedere, il regista ha un certo ruolo, ma - per dire - senza le persone che lavorano al montaggio o che lavorano al folie (la ricostruzione di certi effetti ambientali) la produzione finale non esisterebbe: eppure, non le conosciamo.
Ciao. Sono stati veramente molto interessanti questi articoli. Ottimo che hai specificato che chi è contro i servizi in abbonamento gode di una posizione dominante in questo periodo.
Sul buon risultato di Prince of Persia e sull'autorialità sarebbe da aprire una riflessione che si dipana nel corso di tutta la storia del videogioco. Un tempo i giochi erano solo del publisher, poi arrivò Robinette e "spezzò le catene della schiavitù degli autori", che iniziarono a prendere il sopravvento, per cui i giochi erano di Geoff Crammond, Sid Meyer, Lord British, Jeff Minter, David Braben & Co. Il publisher passava in secondo piano, davanti a questi nomi, ma anche in questro caso si trattava di mettere comunque un'altra etichetta, perchè a parte alcuni rari casi, dietro il gioco non c'era solo il creatore, ma tutta una squadra di lavoratori che si occupavano del codice, della musica, della grafica, del testing. Un po' come nel mondo delle produzioni cinematografiche, il mondo delle produzioni dei videogiochi non può essere etichettato con semplicità. Oggi siamo ritornati al publisher, per cui in gioco è Ubisoft, EA e via discorrendo. La dualità tra autorialità e produzione rimane sempre in essere. Hideo Kojima fu criticato per aver detto che quando ai suoi giochi mette l'etichetta "A HIDEO KOJIMA GAME" lui si occupa di tutte le fasi, ma non nel senso che fisicamente fa tutto, ma che essendo l'autore del gioco, ha la completa supervisione di ogni suo elemento. I giochi sono fatti dalle persone, sono creati dalla mente di una persona o di un gruppo, sono costruiti da persone e le persone possono lavorare e pensare in maniera diversa all'interno della stessa casa di produzione. Ubisoft ha moltissimi dipendenti e sicuramente ha delle politiche aziendali che prevedono protocolli precisi per creare i videogiochi, ma poi la realizzazione passa dalle mani e dalle menti di persone con sensibilità diverse, che possono creare qualcosa di completamente diverso rispetto alle aspettative iniziali, perché infondono nel prodotto comunque una parte del loro vissuto. Sono contento che Prince of Persia abbia avuto un buon riscontro, perché è un franchise che ho sempre amato e il ritorno alle origini ha dato ragione a chi l'ha creato.
Sono d'accordo. Sicuramente è complicato. E anche nel cinema, a voler ben vedere, il regista ha un certo ruolo, ma - per dire - senza le persone che lavorano al montaggio o che lavorano al folie (la ricostruzione di certi effetti ambientali) la produzione finale non esisterebbe: eppure, non le conosciamo.
Ciao. Sono stati veramente molto interessanti questi articoli. Ottimo che hai specificato che chi è contro i servizi in abbonamento gode di una posizione dominante in questo periodo.