Tu compri ancora fisico?
I videogiochi fisici sono sempre meno venduti, ma si stanno trasformando. Purtroppo e per fortuna
“Fintanto che le persone continueranno a comprare videogiochi premium”.
È una frase semplice, pronunciata dal capo di Housemarque, Ilari Kuittinen, per spiegare perché lo studio - che è stato acquisito da Sony nel 2021 - non ha intenzione di buttarsi nel live service, né di abbracciare il free-to-play. Continueranno a fare videogiochi a prezzo pieno, da giocare, finire e magari dimenticare. Come si è sempre fatto. Finché ci sarà qualcuno disposto a pagarli.
È una dichiarazione d’intenti, ma anche una dichiarazione di realtà. Una conditio sine qua non. Come se il desiderio da solo non bastasse. C’è una condizione - “fintanto che” - che non è nelle mani di chi sviluppa. E che può cambiare.
Se ci fermiamo un attimo a pensarci, abbiamo già sentito frasi simili in passato. Fintanto che la gente andrà in sala giochi. Fintanto che ci saranno console. Fintanto che i dischi si venderanno. Fintanto che si pagheranno i giochi completi.
Frasi che non sembrano segnare un confine, ma che lo fanno: tracciano un prima e un dopo, che però si riconosce solo a posteriori.
Quella di Housemarque è anche una frase affettuosa, umana. I loro giochi non chiedono fedeltà eterna né cercano di inglobare ogni minuto libero. Sono esperienze chiuse, a tratti intense; temporanee. “Come le serie TV o i film”, dicono. Ti accompagno per un pezzo, poi ci salutiamo. E va bene così.
Ma non è questo, ormai, il comportamento dominante dell’industria. L’idea di esperienze finite convive sempre più a fatica con quella di esperienze permanenti. L’economia di molti studi dipende dalla permanenza, dalla ricorrenza, dal ritorno quotidiano. Housemarque, come altri studi di dimensioni medie, può scegliere la strada premium solo finché c’è un pubblico disposto ad acquistarla. Finché c’è chi vuole esperienze che finiscono. Finché il vento tira nella direzione giusta.
C’è un’altra cosa. Quella frase, “fintanto che”, ci ricorda che la differenza la fanno sempre le persone. Non solo gli studi, le console o i publisher.
Ciò anche quando le persone sono intese come consumatori; come figure senza volto ma con un portafogli in tasca. E se qualcosa cambierà, non sarà solo per un motivo; bensì, come tante altre cose che hanno cambiato i videogiochi negli anni, per via dell’evoluzione della società, delle abitudini; e anche del contesto sociale, economico, politico e culturale.
Non sto insinuando o prevedendo che i giochi premium spariranno. Né che lo debbano fare. Di sicuro non è ciò che voglio io. Dico, però, che siamo in un momento in cui si sente chiaramente che qualcosa si muove, che c’è un cambio di stagione.
Gli sviluppatori - anche i migliori - è come se viaggiassero su una nave a vela cercando di arrivare a destinazione nonostante il vento. Ma non possono controllare in che direzione il vento soffia. Però continuano a muoversi. Fintanto che.
Massimiliano
Qualche giorno fa sono entrato in un negozio di retrogaming. Non era la prima volta, lo visito quasi una volta a trimestre: per scavare fra vecchi giochi, comprare una vecchia console. A volte, ed è un aspetto che ho metabolizzato solo di recente, per “sentire” il videogioco. Nella sua fisicità.
Perché un negozio specializzato nel retrogaming è anche una finestra temporale. Si possono toccare edizioni giapponesi di videogiochi per Nintendo 64 o Dreamcast; annusare vecchie riviste, pubblicate venti o trent’anni fa; spiare dalle vetrine edizioni rare di console o videogiochi; vedere dal vivo la versione originale di un Atari 2600 o del Game Gear.
Se entri in un GameStop hai la fotografia del mercato attuale. Se entri in un negozio di retrogaming, hai la fotografia della storia del settore: per tanti - anche per chi non compra - è l’unico momento di contatto con i videogiochi e le console del passato.
Ogni ripiano è pieno di cose da osservare, da sfogliare, da toccare. Quasi da scoprire.
Certo, è un negozio: il suo scopo è vendervi qualcosa, altrimenti chiude. Ma è anche un museo spontaneo, anche se senza etichette né didascalie. Un archivio della forma fisica del videogioco. E soprattutto, un promemoria: un tempo il videogioco si comprava, poi si portava a casa. Si teneva in mano.
Oggi, sempre più spesso, si scarica.
I numeri non mentono
I dati raccontano una traiettoria chiarissima. Nel 2024 il 76% dei videogiochi venduti per PlayStation è stato in formato digitale, con un picco dell’80% nel quarto trimestre fiscale. Nell’anno fiscale 2019 era al 51% e nel 2020 - quindi poco prima del debutto di PlayStation 5 - era il 65%.
Per Nintendo, storica roccaforte dei videogiochi fisici, la quota ha superato il 53% nel 2025, dopo anni di crescita lenta ma costante. La quota era il 24,8% nel 2019 e il 34% nel 2020.
La storia non cambia guardando ad altri editori. Fra gennaio e marzo, i ricavi dai videogiochi in digitale sono stati l’84% del totale dei videogiochi “completi” venduti da Electronic Arts. Nell’anno fiscale che si è chiuso a marzo, l’83% dei videogiochi venduti da Square-Enix era digitale. Per Capcom più del 90% dei videogiochi venduti erano digitali; e prevede che la quota sfiori il 94% nell’attuale anno fiscale.
Non si tratta di una moda passeggera: è un cambiamento strutturale e nemmeno recente. Il fisico non è più lo standard da tempo, semmai è l’eccezione, anche se ancora è un giro d’affari da miliardi di dollari ogni anno. Niente di nuovo.
Il “nuovo” fisico
Allora, come far sopravvivere un formato che viene respinto dalla maggioranza del pubblico e persino sfavorito dalle iniziative di alcuni editori (gli abbonamenti, per esempio)?
Negli ultimi anni, le edizioni fisiche che attirano davvero l’attenzione non sono più quelle standard. Sono quelle che provano a fissare un gioco nel tempo, a garantirne la sopravvivenza indipendentemente da server, patch e download.
Da questo punto di vista, un ulteriore passo in questa direzione è arrivato proprio nei giorni scorsi. Lost in Cult, già noto per le sue pubblicazioni editoriali, ha lanciato una nuova etichetta dedicata alla pubblicazione fisica di videogiochi.
L’obiettivo dichiarato è duplice: da una parte, proporre edizioni curate che celebrano il gioco come oggetto culturale, con tanto di booklet, poster, copertine varianti e interviste agli sviluppatori; dall’altra, garantire la preservazione tecnica, visto che tutti i giochi sono interamente su disco o cartuccia, senza necessità di connessione o codici digitali.
Le prime uscite - cioè Thank Goodness You’re Here, Immortality e The Excavation of Hob’s Barrow - sono previste in due formati: edizione retail (distribuita anche nei negozi) e la linea “Editions”, che sarà venduta solo sul sito di Lost in Cult e in tiratura limitata. Ogni copia è accompagnata da materiali inediti e curati, con il supporto del gruppo DoesItPlay?, che verifica la reale funzionalità offline dei giochi.
È interessante notare come i videogiochi annunciati da Lost In Cult prevedano due edizioni: una per PlayStation 5 e una per Nintendo Switch. Xbox non pervenuta e ciò dice tanto: Game Pass ha trasformato il rapporto con Xbox e i videogiochi fisici.
Il messaggio è chiaro: la copia fisica non è un residuo del passato, ma uno strumento per garantire accesso, storicizzazione e permanenza. Una risposta concreta a un mondo in cui anche i giochi che compri possono sparire con un aggiornamento.
Su questa falsa riga, già da tempo, si muovono aziende come Limited Run Games e iam8bit.
Limited Run Games è stata fondata nel 2015, a oggi ha pubblicato circa mille titoli e il suo motto è “Forever Physical”, per sempre fisico: molte edizioni limitate di videogiochi, anche non indipendenti, vengono pubblicate proprio da Limited Run Games. Oggi fa parte del verticale Freemode, che a sua volta fa parte del gruppo svedese Embracer. Iam8bit è più longeva: ha compiuto vent’anni lo scorso aprile.
In entrambi i casi, il catalogo, oltre alle edizioni fisiche, anche limitate, dei videogiochi, include altro tipo di merchandise, come i vinili delle colonne sonore, magliette e libri.
Da contenitore a contenuto
Per molto tempo, la confezione era solo il contenitore. Oggi, in certi casi, è diventata il contenuto.
Certo, per molti è quasi un feticcio; per altri l’equivalente del magnete da attaccare al frigorifero come ricordo di un bel viaggio.
“Quando si è emotivamente legati a qualcosa, si desidera ricordare quell'oggetto e un ricordo”, secondo il fondatore di iam8bit Jon Gibson intervistato da GamesIndustry. "Quindi, il merchandising fisico riguarda più di ogni altra cosa questa connessione emotiva. Se i giochi continuano a provocare e a instillare quel tipo di esperienza, e continuano a farlo sempre meglio, vedremo sempre più cose che la gente vorrà vedere come risultato”.
Queste parole Gibson le ha dette nel 2021. Oggi il movimento attorno al formato fisico inteso come esperienza a sé - aggiuntiva rispetto all’esperienza interattiva del videogiocare - conferma quel tipo di previsione. L’edizione limitata è spesso un acquisto ulteriore anche se già si possiede il gioco.
L’oggetto fisico vale perché rappresenta qualcosa. Perché racconta un gioco attraverso altri mezzi: un saggio, una stampa oppure una storia editoriale. È un altro modo di esperire il videogioco.
Non so per quanto ancora durerà. Non so se ci saranno negozi di retrogaming anche tra trent’anni o se la parola stessa “fisico” avrà senso quando tutto sarà accessibile ovunque, in streaming, in abbonamento oppure attraverso un sistema cloud.
Ma so che oggi ci sono ancora persone che comprano fisico. Non per nostalgia, ma per affetto. Perché vogliono qualcosa che resti; vogliono circondarsi del videogioco anche con lo sguardo, vedendo le confezioni sulle mensole o nelle scatole.
E anche se sono sempre meno, sono ancora abbastanza perché alcuni sviluppatori, editori e curatori decidano di parlare con loro. Non per vendere semplicemente un gioco. Ma per dargli una forma che, oggi, abbia senso.
Le altre notizie, in breve
Call of Duty: Warzone Mobile è già stato fermato
Activision ha annunciato di aver interrotto lo sviluppo di Call of Duty: Warzone Mobile, che aveva debuttato un anno fa. Ha fatto di più: lo ha rimosso dai negozi digitali di iOS e Android. Il gioco mirava a raggiungere su mobile gli ottimi risultati che Warzone, l’esperienza battle royale della serie, aveva registrato su PC e console; così non è stato. Chi ha scaricato il gioco prima del 19 maggio potrà continuare a giocarci, anche se non è chiaro quanto rimarrà attivo: di sicuro non usciranno nuovi contenuti. In ogni caso, già da ora non è più possibile usare valuta reale per le microtransazioni. I team coinvolti verranno riallocati su altri progetti legati a Call of Duty. Call of Duty Mobile, disponibile dal 2019 e sviluppato da Timi Studios (che fa parte di Tencent), non verrà invece toccato.
I finalisti agli Italian Video Game Awards
Italian Interactive Digital Entertainment Association, l’associazione di categoria che in Italia rappresenta editori, sviluppatori di videogiochi e organizzazioni di esport, ha presentato i finalisti degli Italian Video Game Awards. Per il premio principale, cioè il riconoscimento di miglior gioco italiano dell’anno, i finalisti sono: A Quiet Place: The Road Ahead di Stormind Games; Alaloth: Champions of The Four Kingdoms di Gamera Interactive; Enotria: The Last Song di Jyamma Games; Extra Coin di CINIC Games; e On Your Tail di Memorable Games. Le altre categorie includono: un riconoscimento per il lato artistico; uno per l’esperienza; e uno per il miglior debutto. Fra gli altri finalisti ci sono 49 Keys di Michele Buonanno, Veronica Wu e Fabio Porfidia; An Everyday Story di Cactus Production; Death Noodle Delivery di Stupidi Pixel e Tiny Pixel; Gambit Shifter di Volcanite Games; OveRRoot di Hexagony; Caracoles di Yonder e While We Wait Here di Bad Vices Games.
Kingdom Come 2 tiene a galla i conti di Embracer
Il gruppo svedese Embracer ha chiuso l’anno fiscale con vendite in calo del 18%, pari a 2,32 miliardi di dollari. Inoltre, i progetti in sviluppo sono scesi da 141 a 108; mentre il personale è sceso da 9.692 a 7.180 dipendenti. Il quarto trimestre si è chiuso con un +19% di crescita organica, trainata da Kingdom Come: Deliverance II, che ha venduto 3 milioni di copie. Nell’anno fiscale che è partito lo scorso 1 aprile sono in arrivo 76 giochi, tra cui Killing Floor 3, Marvel 1943: Rise of Hydra e Gothic 1 Remake. Infine, entro fine anno sarà completato lo spin-off di Coffee Stain, che diventerà una società quotata in borsa distinta da Embracer.
Darth Vader doppiato dall’IA in Fortnite. L’accusa di SAG-AFTRA
Il sindacato SAG-AFTRA, che rappresenta negli Stati Uniti attori e doppiatori, ha presentato un’accusa formale di pratica antisindacale contro Llama Productions, di proprietà di Epic Games, per aver incluso un Darth Vader doppiato da un modello di IA generativa in Fortnite senza consultare il sindacato. La voce è basata su quella di James Earl Jones, l’attore che ha doppiato Darth Vader nei film di Star Wars, ed è stata utilizzata con il permesso della sua famiglia. Secondo SAG-AFTRA, Epic Games ha sostituito i doppiatori sindacalizzati senza preavviso né negoziazione. Il sindacato è già in sciopero contro alcuni grandi editori per chiedere maggiori tutele sull’uso dell’IA nel doppiaggio.
Carrie Patel ha lasciato Obsidian per Netflix
Carrie Patel, game director del recente videogioco di ruolo fantasy Avowed, ha lasciato Obsidian Entertainment dopo quasi 12 anni per entrare in Night School Studio, l’azienda che ha prodotto Oxenfree acquisita da Netflix nel 2021. Lo ha comunicato lei stessa su LinkedIn, ma non è stato ancora annunciato il progetto a cui lavorerà. Patel entra in Night School Studio in un momento di ristrutturazione: a inizio anno l’azienda ha ridotto il personale e Netflix ha cancellato vari titoli in sviluppo.
Hellblade 2 arriverà su PlayStation 5
Senua’s Saga: Hellblade II uscirà su PlayStation 5 nel corso dell’estate, in occasione del primo anniversario dal lancio su Xbox e PC, avvenuto nel 2024. La versione PS5 includerà funzionalità aggiuntive, tra cui supporto al feedback aptico, e sarà ottimizzata per PS5 Pro, con un aggiornamento gratuito previsto anche per le altre piattaforme. L’uscita conferma la strategia di Microsoft di portare sempre più titoli first-party su console concorrenti, dopo Pentiment, Hi-Fi Rush, Sea of Thieves e Grounded. Nessuna data precisa è stata ancora annunciata.
Su Game Pass è arrivato Retro Classics
Xbox ha annunciato Retro Classics, un servizio di streaming per tutti gli abbonati Game Pass, realizzato in collaborazione con Antstream Arcade. Al lancio sono inclusi 61 giochi classici Activision degli anni ’80 e ’90, tra cui Commando, Pitfall, Mech Warrior 2 e Zork. I giochi sono giocabili su console, PC, smart TV, dispositivi Amazon Fire TV e Meta Quest. Retro Classics supporta salvataggi, le classifiche online e gli obiettivi Xbox.
NetEase è cresciuta nel primo trimestre
NetEase ha chiuso il primo trimestre 2025 con un aumento del 12,1% dei ricavi dai videogiochi, pari a 24 miliardi di RMB (circa 3,3 miliardi di dollari). Il titolo di punta è stato Where Winds Meet, lanciato a dicembre e già oltre i 30 milioni di giocatori. La divisione giochi rappresenta ora il 97,5% dei ricavi del gruppo (erano il 95,2% nel 2024). Sono cresciuti anche Identity V, Marvel Rivals e Once Human su mobile. La società ha evidenziato anche il contributo dei videogiochi di Blizzard, che in Cina sono gestiti in collaborazione con NetEase, appunto. Il fatturato totale è salito a 28,8 miliardi di RMB (+7,4%), mentre l’utile netto ha toccato i 2,5 miliardi di dollari (+8,6%).
Ancora più in breve
Hideo Kojima ha detto che il videogioco di azione e spionaggio Physint, annunciato a gennaio 2024, uscirà fra 5 o 6 anni
Curve Games, editore di Human Fall Flat e Dungeons of Hinterberg, è stato acquisito dalla società tecnologica indiana Nazara Technologies per l’equivalente di 29 milioni di dollari
Nintendo parteciperà alla gamescom di agosto. L’anno scorso non aveva partecipato
Clash of Clans e Clash Royale diventeranno una serie animata su Netflix
Doom: The Dark Ages ha raggiunto tre milioni di persone
Si farà un film basato su Elden Ring, scritto e diretto da Alex Garland (Civil War, Ex Machina)
In realtà Campfire Cabal non ha mai chiuso
Da leggere
Cosa sta guidando la crescita dell’industria cinese dei videogiochi? - Jason Rodriguez, Game Developer
Il mito del 451, il codice segreto nascosto in tanti videogiochi - Luca Mazzocco, Multiplayer.it
Io ho consumato la mia adolescenza in adorazione di quei totem luminosi che erano gli arcade. Tre quintali di legno, ferro e vetro per far girare una ROM da poche decine di Kb.
Per me il digitale non ha alcun senso. Non resta, non è un prodotto, è contenuto. Non lo considero un gioco, è un passatempo. I multiplayer online non li ho più considerati da anni.
Escono un centinaio di giochi al giorno. Un buon criterio per selezionare è il fatto che il gioco sia fisico. Avevo letto meraviglie di Balatro, ma l'ho preso solo quando è uscita l'edizione fisica, pagandola il doppio, ma non importa. Tanto ci sto ancora giocando.
Vorrei tantissimo mettere le mani su UFO50, ma esiste solo in digitale. E allora niente. Aspetto e spero, e mi godo l'attesa circondato dalla mia collezione piuttosto vasta di giochi che, nonostante i decenni, non hanno perso fascino, e in vari casi lo hanno perfino acquistato.
Inoltre il modello del game pass non è sostenibile e sono in certi casi i giochi lanciati in abbonamento ne giovano. I nodi verranno al pettine.