Parlare di videogiochi durante una guerra
È naturale che quando il mondo cambia radicalmente, nel giro di pochi giorni, anche le abitudini che prima davano per scontate possano apparire meno interessanti; o almeno un po' meno significative quando in un'altra parte del mondo, nel caso dell'Ucraina anche più vicina all'Italia del solito, ci sono persone che letteralmente stanno rischiando di morire ogni giorno, solo perché esistono, nelle loro case o in fuga.
Ci si chiede se parlare degli stessi argomenti di prima possa ancora avere un significato; se trattare un determinato argomento possa essere indelicato o se sia proprio il caso di non farlo per dare spazio, invece, ad argomentazioni più inerenti al modo in cui il mondo sta cambiando o perlomeno tentare di contribuire a spiegare quel cambiamento.
Ci si chiede - giustamente - se parlare delle stesse cose di prima sia ancora la cosa migliore da fare, quando le proprie capacità, il proprio ruolo, i propri strumenti potrebbero invece essere asserviti e focalizzati a qualcosa di più utile, per quanto la stessa definizione di utile possa essere dibattuta.
Credo che, nonostante tutto, parlare di videogiochi e di ciò che ruota attorno a essi durante una situazione così infelice abbia comunque un senso.
Io di mio ho capito che il ruolo che ho (come giornalista) è di continuare a raccontare: anche di videogiochi, se serve.
Perché dietro ai videogiochi ci sono persone che ci lavorano in Ucraina e in Russia, tanto per fare un esempio. Perché i videogiochi possono plasmare un'immagine. Perché i videogiochi rappresentano anch'essi un elemento del cosiddetto soft power dei Paesi e influenzano il modo in cui quei Paesi vengono percepiti.
Perché videogiochi come This War of Mine possono contribuire più di tanti articoli a generare empatia nei civili che rimangono coinvolti in una guerra che non hanno innescato loro; ed esperienze come Orwell possono invece far percepire cosa significhi un sistema in cui l'affidabilità dell'informazione salta e il controllo pervasivo diventa una costante.
Sono anche queste modalità di raccontare il mondo che ci circonda e di fornire alcuni degli strumenti che possono aiutare ad allargare la sensibilità e la prospettiva.
Massimiliano
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Cosa pensa Gabe Newell di NFT, Steam Deck e abbonamenti
In concomitanza con il lancio di Steam Deck, computer portatile focalizzato sull'esperienza videoludica, l'amministratore delegato di Valve Software, Gabe Newell, ha rilasciato diverse interviste a varie testate internazionali. Oltre ad aver parlato di Steam Deck, Newell si è espresso su una serie di argomenti popolari, fra cui gli NFT e la blockchain e gli abbonamenti su Steam.
In particolare, come ha raccolto Simon Carless su GameDiscovery Co., Newell ha specificato di non essere contrario alla tecnologia della blockchain di per sé; ma che il modo in cui viene usata ora è per speculare sui giocatori. "C'è una differenza fra come dovrebbe essere e come è davvero nel mondo reale. Ed è più o meno l'attuale stato delle cose con gli NFT basati sulla blockchain: la maggior parte è per fregare i consumatori" ha detto Newell a Rock Paper Shotgun.
Rispetto agli abbonamenti di terze parti, come Game Pass, Newell ha ammesso che sono benvenuti su Steam, sebbene Valve non abbia intenzione di proporne uno direttamente.
"Per i loro consumatori (delle altre aziende, ndr) è chiaramente un'opzione popolare e noi saremmo più che contenti di lavorare con loro per farli arrivare su Steam" ha sottolineato Newell. A oggi EA Play, sottoscrizione di Electronic Arts, è disponibile su Steam, mentre altri, come Game Pass e Ubisoft+, non lo sono ancora.
Va detto che, in tal senso, potrebbero invece essere gli altri editori a non essere interessati ad arrivare su Steam: perché potrebbe significare, per esempio, dover dare il 30% a Valve su ogni abbonamento. Più probabile lo scenario in cui l'applicazione di Game Pass o di altre piattaforme di giochi in streaming arrivi su Steam Deck in futuro.
Infine, Newell ha esplicitamente fatto riferimento alla possibilità che Steam Deck rappresenti il punto di partenza per applicazioni di realtà virtuale. Nell'intervista rilasciata a Edge, infatti, ha detto che "una delle cose che [Steam Deck] rappresenta è un dispositivo ad alte prestazioni e alimentato a batteria che eventualmente potresti usare anche nelle applicazioni VR. Non siamo ancora a quel punto, ma è un primo passo".
Un punto di apertura
Le sferzate della lama riecheggiano nel buio, sento di avere la situazione sotto controllo. Mi sbagliavo. Una martellata colossale mi riduce in poltiglia, mettendo la parola fine alla mia esistenza. Sei Morto.
Questo è forse un sunto ironico ed esaustivo dell’esperienza targata souls, Elden Ring non è da meno. Premessa necessaria è che non sono un grande appassionato di questa serie, la trovo eccessivamente punitiva per i miei standard di giocatore. È una mera questione di gusti, al di là delle critiche che si possono intavolare sulla nuova opera di From Software. In questo breve frammento non ci soffermeremo sull’onda dei 10 su 10, anche perché il sistema dei voti in sé è fallato fino alle fondamenta e non riesce a dare un quadro generale sufficiente per capire cosa rappresenta per molti giocatori l’ultima fatica della software house nipponica.
Non sto parlando dei fanatici, che spesso e in modo tossico zittiscono le critiche con il sempreverde “git gud”. Parlo di coloro che sono curiosi e che vogliono avvicinarsi alla filosofia di sviluppo di questa software house, ma che per un motivo o per l’altro l’hanno sempre schivata. Porto quindi la mia esperienza personale, da non appassionato. Ebbene, ci sto perdendo le notti. Questo mi ha portato a riflettere, a vagliare le meccaniche di gioco e i flavour dell’ambientazione per capire cosa mi stesse tenendo incollato tutto quel tempo.
Elden Ring è un capitolo di apertura, ma soprattutto di innovazione. L’aggiunta di grande verticalità nel gameplay e l’apertura del mondo di gioco sono un grande passo avanti rispetto a diverse circostanze claustrofobiche vivibili in altri capitoli della serie. Sekiro già muoveva dei passi in questa direzione, Elden Ring mette la ciliegina sulla torta.
Non so per quanto durerà la mia esperienza in questo gigantesco Interregno, ma sono pian piano sempre più convinto che queste scelte implementate da From Software hanno portato l’esperienza di gioco su un altro livello. Da questo punto in avanti si può solo migliorare. Esatto, si può ancora migliorare! Ci si può aprire ulteriormente, magari inserendo più impostazioni per l’accessibilità, più quality of life.
In questi giorni mi ha riempito il cuore di gioia sapere di molti altri giocatori che stanno pian piano muovendo i primi passi alla ricerca dell’Anello Ancestrale. Persone che negli anni si sono sempre tenute alla larga da quelle famose meccaniche di gioco punitive. Ho percepito una rottura. Si sta perdendo la blasonatura elitaria dei souls, senza snaturare ciò che li ha resi celebri.
Damiano D'Agostino, Still Alive
L'appello dell'Ucraina
Il ministro ucraino per la Trasformazione Digitaile, Mykhailo Fedorov, ha fatto appello a tutti i produttori di videogiochi e a chi organizza gli eventi di esport di sospendere le attività in Russia.
In una lettera pubblicata su Twitter nei giorni scorsi, ha chiesto di "bloccare tutti gli account russi e bielorussi, sospendere la partecipazione dei membri, dei giocatori e delle squadre russe e bielorusse in tutti gli eventi di esport internazionali e cancellare tutti gli eventi internazionali programmati sul territorio russo e bielorusso".
L'appello è stato accolto da molte aziende:
CD Projekt Red, creatore di Cyberpunk 2077, ha sospeso le vendite in Russia e anche il negozio online GOG.com;
anche Bloober Team (The Medium) e Microsoft lo hanno fatto;
al momento, GSC Game World ha sospeso lo sviluppo di STALKER 2 per concentrarsi sulla sicurezza dei propri dipendenti;
Electronic Arts invece ha rimosso le squadre russe dai giochi di FIFA, in linea con l'approccio tenuto dalla UEFA e dalla FIFA (la federazione, non il gioco);
nei tornei di BLAST Premiere e Elisa Esports di Counter-Strike: Global Offensive sono stati sospesi i giocatori e le squadre russe.
Kotaku in sciopero
Dal 1 marzo la redazione statunitense di Kotaku, noto sito di videogiochi e cultura popolare, sta scioperando. La sospensione del lavoro è parte di un'azione collettiva della GMG Union, sindacato che include anche altre redazioni sotto l'editore G/O Media, come Gizmodo, The Root e Lifehacker.
Dal 1 marzo, quindi, non sono più stati scritti articoli sull'edizione internazionale di Kotaku e, anzi, il sindacato ha chiesto alle persone di non cliccare nemmeno sugli articoli dei siti coinvolti. In questi giorni, su Kotaku sono stati trasposti alcuni articoli dell'edizione australiana.
Lo sciopero è stato provocato dal mancato accordo con l'editore per il nuovo contratto. Quello precedente è scaduto il 28 febbraio. Fra le richieste del sindacato ci sono:
la possibilità di implementare delle giornate di lavoro da remoto (l'editore, invece, insiste in un pieno ritorno in ufficio);
garantire il mantenimento degli attuali bonus sanitari;
l'inquadramento delle persone che stanno collaborando da remoto: l'editore invece si rifiuta, secondo GMG Union.
Netflix ha comprato un altro studio
Netflix ha annunciato che acquisirà un altro studio che sviluppa videogiochi mobile, cioè Next Games: è una società finlandese, ha 120 dipendenti e nel 2020 ha fatturato 27,2 milioni di euro e ha sviluppato giochi mobile Stranger Things: Puzzle Tales e The Walking Dead: No Man's Land.
Si tratta del secondo studio acquisito da Netflix dopo Night School Studios (che ha realizzato Oxenfree) nel 2021.
Lo scorso anno, Netflix ha avviato la produzione di videogiochi, disponibili solo alle persone abbonate su iOS e Android, e ha assunto Mike Verdu, dirigente con passate esperienze in Electronic Arts, per guidarla.
Gli attuali giochi mobile di Netflix includono produzioni basate sulle proprie serie TV, come Stranger Things; altre più vicine a un passatempo (come Shooting Hoops) e altre che sono invece esclusive mobile di giochi disponibili anche su altre piattaforme (come Hextech Mayhem, ispirato a League of Legends).
Per ora, però, i giochi mobile di Netflix sono fruiti da poche persone rispetto al totale di chi è abbonato a Netflix. Secondo le stime di Omdia, anche considerando che ogni download sia stato fatto da un abbonamento diverso, si parla del 3% delle persone abbonate fra novembre 2021 e gennaio 2022 che hanno scaricato un gioco mobile di Netflix.
I contratti negli esport sono un problema
Se ti interessa un ulteriore modo per capire quanto il mondo degli esport - se sei stato fuori dal mondo, sto parlando dei tornei di videogiochi, che oggi sono una via di mezzo fra competizione e intrattenimento - si stia muovendo troppo velocemente, non guardare più lontano dei contratti che vincolano chi gioca nelle squadre.
Un corposo resoconto di Noah Smith sul Washington Post ha descritto il modo, spesso aggressivo, con cui le organizzazioni applicano condizioni opprimenti ai giocatori e alle giocatrici.
Alcuni esempi:
possono essere venduti in qualsiasi momento, anche a una squadre che si trova in un altro Paese, senza consenso;
se rimangono in panchina, vengono pagati meno;
quando viene fatta loro una proposta, tale proposta ha una scadenza molto ristretta, anche di poche ore dal momento dell'invio;
inoltre, le organizzazioni spesso fungono anche da agenzie (anche quando servirebbe non hanno la licenza specifica per poterlo) di queste giovani promesse e quindi trattengono una quota anche dalle sponsorizzazioni e dagli altri accordi pubblicitari.
"Anche se l'industria degli esport si sta spingendo verso il mainstream e fiorisce in un giro d'affari miliardario, con tanto di leghe organizzate e grandi sponsor, molti contratti vengono negoziati in un modo che ricorda il Wild West" ha scritto Smith.
Mentre i giocatori più esperti, nonché più vittoriosi, hanno maggiori margini di manovra, quando si tratta delle persone più giovani, spesso ancora minorenni, la situazione rasenta la tragicità e in giochi come Fortnite prassi prossime allo sfruttamento sono tristemente frequenti, secondo quanto raccolto dal Post: semplicemente perché il "legalese" - il difficile agglomerato di termini che contraddistinguono un contratto - non è facile da decifrare per chi non è aiutato da una persona esperta e l'entusiasmo di iniziare la carriera competitiva del proprio gioco preferito offusca la prospettiva.
Il problema è duplice:
il settore degli esport è molto giovane, ma sta crescendo a ritmi sproporzionati (sebbene minori di quanto voglia far sembrare chiunque sia coinvolto, dalle organizzazioni agli editori);
non esiste un sindacato o comunque un ente collettivo che rappresenti gli interessi di chi gioca e quindi possa contribuire a contratti più equi.
Quando vi parlano degli NFT...
…linkate la pagina eBay in cui delle persone stanno vendendo le rune di Elden Ring per denaro reale. (Però è vietato dalle condizioni di utilizzo del gioco, come ha evidenziato IGN).
In breve
Giochi:
Nintendo ha svelato Pokémon Scarlatto e Violetto. Debutteranno su Switch alla fine di quest'anno
Il gruppo coreano BTS avrà un evento tematico in Free Fire di Garena a marzo
La rivoluzione cripto è una crisi esistenziale per i videogiochi [Patrick Klepek, Vice]
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Sifu ha venduto un milione di copie
Le novità grafiche di GTA 5 su PS5 e Xbox Series X|S
Aziende:
Epic Games ha acquisito il servizio musicale Bandcamp
Uno sguardo ravvicinato a Tencent, la più grande società videoludica al mondo [Khee Hoon Chan, Polygon]
Esport:
Riccardo Romiti è arrivato secondo al torneo di StarCraft 2 dell'Intel Extreme Masters (IEM), battuto dal finlandese Joona "Serral" Sotala
Faze Clan invece ha vinto il torneo di Counter Strike Global Offensive dell'IEM
Super Smash Bros. non sarà nella prossima edizione dell'EVO, principale torneo di picchiaduro