L'IA toglierà creatività ai videogiochi?
Nel settore ci sono esponenti che temono l'impatto sulla componente artistica, e altri sul lavoro. Ciò non sta fermando i grandi produttori dall'usarla
Sopravvivere fino al 2025, dicevano. Ebbene, il 2025 è arrivato - e questo spero che non sia una novità per nessuno, ecco - e forse è il caso di parlare, come qualcuno ha ironizzato, di “persistere fino al 2026”, visto come stanno andando le cose da queste parti.
Perché l’anno non sta portando notizie positive per gli sviluppatori: oltre 1.200 persone sono già state licenziate (e non è nemmeno finito il primo trimestre); chiudono i giochi, vengono cancellati i progetti in sviluppo oppure gli studi non hanno più i soldi per andare avanti e chiudono tutto.
L’idea alla base del “sopravvivere fino al 2025” era che tanto il debutto di Switch 2, che oggi sappiamo essere previsto non prima di maggio-giugno, quanto quello di Grand Theft Auto VI, fissato però negli ultimi mesi, avrebbero ravvivato il mercato generale; e quindi, era il sottotesto, il beneficio sarebbe stato trasversale.
Una visione molto superficiale e parecchio ottimistica. Perché in che modo il successo di Grand Theft Auto VI debba portare a finanziare il piccolo progetto indipendente o a salvare un videogioco online che non stanno giocando abbastanza persone è sempre stato curioso, per me.
A metterlo per iscritto è un rapporto di Midia Research, scritto da Perry Gresham, Mark Qi e Rhys Elliott. “Badate: aggiungeranno più entrate al mercato. Tuttavia, Nintendo e Take-Two saranno i grandi vincitori. Switch 2 offrirà un'oasi per le terze parti, ma GTA 6 sarà un vortice di coinvolgimento e attenzione, con un impatto negativo sui giochi di altri sviluppatori. In breve: siamo nel 2025 e non è cambiato molto, o cambierà, dal 2024. È tempo di dire addio a ‘sopravvivere fino al '25’ e dare il benvenuto a ‘tenere duro fino al '26’ e oltre, ma con aspettative moderate per la crescita futura in questo mercato maturo”.
E guardando al mercato più in generale, l’analisi di Midia dice un’altra cosa. Cioè che il mercato dei videogiochi crescerà del 4,6% quest’anno considerando sia hardware sia software. Ma considerato che le previsioni del Fondo Monetario Internazionale indicano un’inflazione del 4,4%, significa che la crescita del settore sarà derivante dall’inflazione. In altre parole: il 2025 registrerà una non crescita.
Certo, se è per questo, anche una non perdita rispetto al 2024. Forse è questo il genere di notizie a cui adesso bisogna aggrapparsi.
“Le cose continueranno a essere difficili nel mercato dei videogiochi e queste difficili condizioni di mercato significano che gli sviluppatori sono costretti a pensare in modo più intelligente per avere successo”, prosegue l’estratto. “Fortunatamente, il settore pullula di alcune delle menti più intelligenti, creative e appassionate del mondo. Ma meglio non contare su una crescita in doppia cifra”.
Massimiliano
L'industria dei videogiochi si trova attualmente divisa riguardo all'adozione dell'Intelligenza Artificiale generativa nello sviluppo dei giochi.
La spaccatura è la più banale che possa esistere.
Alcuni dirigenti sono molto entusiasti e calano dall’alto il suo utilizzo, anche per esigenze finanziarie: spesso sono multinazionali che devono mostrare di star cavalcando la più recente tendenza tecnologica.
Dall’altra parte ci sono i programmatori, gli artisti, i grafici; insomma i dipendenti che poi devono implementare queste soluzioni. E spesso non lo vogliono fare.
Muse e la finta Aloy
Un esempio emblematico di questa tensione è rappresentato da Muse, il nuovo modello di IA generativa annunciato da Microsoft.
Muse è stato progettato per assistere gli sviluppatori Xbox nella creazione di parti dei giochi, comprendendo la fisica e gli ambienti 3D per generare elementi visivi e reazioni ai movimenti dei giocatori. Per ora è molto limitato e crea “videogiochi” a bassissima risoluzione.
Nonostante l'entusiasmo aziendale, la reazione da parte della comunità degli sviluppatori è stata per lo più negativa.
Uno sviluppatore anonimo ha dichiarato a Wired: "Non riescono a capire che nessuno vorrà questo. A loro non importa che nessuno lo vorrà... le discussioni interne su queste cose sono silenziose perché TUTTI temono di essere contrari e di perdere il lavoro a causa del periodo tumultuoso nel nostro settore”.
"Non penso che qualunque tecnologia possa sostituire la creatività umana”, ha detto a Wired la direttrice di Avowed per Obsidian, Carrie Patel, intervistata prima che venisse presentato Muse. “Penso che ciò che rende i nostri giochi speciali, le nostre storie speciali e i nostri dialoghi e personaggi speciali siano le cose che non ho visto l’IA capace di replicare”.
Nel 2023, Phil Spencer, amministratore delegato di Microsoft Gaming, dichiarò che usare l’IA per ridimensionare la componente umana nella produzione dei videogiochi “non è un’area a cui stiamo pensando molto se parliamo dell’IA”. Aggiungendo invece che “una delle aree dove probabilmente useremo molto l’IA è la policy e la sua applicazione”, facendo riferimento alla moderazione dei contenuti, insomma. “Lo dico come capo di Xbox, sono molto protettivo del processo creativo”. Mi sa che i dipendenti di Xbox, oggi, la vedono diversamente.
Nei giorni scorsi, poi, è emersa una delle iniziative di Sony per usare l’IA generativa. The Verge ha riportato di come, con questa tecnologia Sony, abbia creato una versione di Aloy, protagonista della serie Horizon, che parla con maggiore autonomia con il giocatore.
Tutto ciò a pochi mesi di distanza da una dichiarazione dell’ormai ex amministratore delegato di Sony Interactive Entertainment, Jim Ryan, in cui diceva che bilanciare il “contatto umano” con lo sfruttamento dell’IA sarà “cruciale”.
Eppure, eccoci qua.
A proposito della “finta Aloy”, la sua vera “voce”, cioè l’attrice Ashly Burch, ha detto di aver visto la demo e che Guerrilla Games, sviluppatore di Horizon, l’ha contatta per farle sapere che “la demo non rifletteva nulla che fosse attivamente in sviluppo. “Non hanno usato alcuna delle mie prestazioni per la demo, né i dati sul mio volto o la mia voce”, ha aggiunto. E poi la frase che più di tutte è rilevante: “Guerrilla possiede il personaggio di Aloy”.
“Sono preoccupata e non preoccupata specificamente di Guerrilla o di Horizon o della mia prestazione o della mia carriera”, ha proseguito. “Sono preoccupata di questa forma d’arte, la performance per i videogiochi”.
La paura della "morte dell'arte"
Parole simili sono state espresse da un’altra persona, durante la Game Developers Conference 2025: David Graham, che lavora come ingegnere software di Electronic Arts (una di quelle multinazionali che sta usando l’IA generativa e intende farlo sempre di più). Graham ha parlato del suo timore che l'IA generativa possa compromettere l'integrità artistica dei videogiochi: "Mi preoccupa la morte dell'arte. Se lasciamo che le macchine creino per noi, cosa resta della nostra visione, della nostra passione?"
"L'IA non crea, ricombina”, ha aggiunto. “Se i giochi diventano solo un assemblaggio automatico di asset esistenti, ci troveremo in un'industria senza anima. E il pubblico se ne accorgerà."
“"Spero che questa sia un'iperbole”, è andato avanti Graham. “Spero che tra cinque anni la gente rida di me. [...] Spero che sia quello che succederà. Ma non si può negare che ci sia un percorso che finisce in questo modo. Con tutto che è solo una spazzatura riciclata e spalata. La corsa allo spettacolo più economico. Al gioco più economico. Perché alle persone che controllano le grandi aziende, è tutto ciò di cui gliene frega qualcosa." (In inglese ha usato un’espressione più colorita: “[…] that’s all they give a shit about”.)
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Non ci sono solo Microsoft, Sony ed Electronic Arts. Ubisoft ha presentato un sistema di questo genere per creare i dialoghi secondari. Nvidia ha mostrato una soluzione per dialoghi spontanei con i personaggi non giocanti. Ma anche SEGA, per creare creature in voxel, e Roblox, per i contenuti generati dagli utenti.
Un settore spaccato
C’è un però: non tutte le opinioni sono negative.
Secondo il più recente rapporto di Unity sull’industria, realizzato su un campione di 300 persone intervistate, il 79% degli sviluppatori si sente "positivo" riguardo agli strumenti di IA generativa: il 31% si dichiara "estremamente positivo" e un ulteriore 48% "abbastanza positivo".
Il rapporto indica che, sebbene inizialmente ci fosse apprensione, solo il 5% dei creatori mantiene una visione negativa della tecnologia.
Risultati che però sono un po’ diversi da quelli registrati dallo "State of the Game Industry 2025" pubblicato a febbraio ma facente parte del contesto della GDC 2025.
Ha evidenziato come oltre la metà degli sviluppatori (52%) lavori in studi che utilizzano già strumenti di IA generativa. Eppure, circa il 30% delle persone intervistate ha espresso una visione negativa dell'IA, un aumento significativo rispetto all'anno precedente.
Questa dicotomia di opinioni evidenzia una spaccatura nell'industria dei videogiochi riguardo all'adozione dell'IA generativa. Mentre i dirigenti sono attratti dal potenziale di efficienza e risparmio sui costi, molti sviluppatori temono per il futuro della creatività e della sicurezza del lavoro nel settore.
La sfida, insomma, sarà trovare un equilibrio che consenta di integrare l'IA senza compromettere l'elemento umano fondamentale nella creazione dei videogiochi.
Perché il principale problema di tutto questo è che, a differenza per esempio degli NFT, l’IA generativa risponde a un effettivo bisogno aziendale: risparmiare tempo; non far concentrare le persone talentuose su compiti noiosi; ed espandere le idee in arrivo.
Ciò per dire che probabilmente l’IA generativa - a differenza degli NFT, appunto - è qui per restare.
Ed è importante che ci sia una discussione aperta e che anche chi lavora nelle grandi aziende si esponga in modo così veemente se lo ritiene. Il problema è che poi a decidere sono altri.
Soprattutto, resta aperta una domanda: siamo sicuri, già oggi, di saper distinguere i contenuti fatti da un’IA nei videogiochi da quelli fatti una persona?
Le altre notizie, in breve
Un raro nuovo studio di prime parti di Sony
Dark Outlaw Games è un nuovo studio di prime parti di Sony Interactive Entertainment. Non acquisito; ma proprio fondato. Sarà guidato da Jason Blundell, già co-responsabile di Treyarch (che annovera soprattutto Call of Duty fra i suoi lavori) e, in generale, in Activision per 13 anni, prima di lasciarla nel 2020 e co-fondare Deviation Games, che ha lasciato nel 2022. (Deviation Games è stata chiusa, poi, due anni dopo.) Al momento Dark Outlaw Games si sta organizzando e sta assumendo e non ci sono dettagli sul suo primo progetto.
La settimana di Assassin’s Creed Shadows
Nei giorni scorsi ha debuttato Assassin’s Creed Shadows. Una produzione che definire critica per le future scelte di Ubisoft, che sta attraversando un periodo di grande incertezza, è poco. Negli ultimi dodici mesi il valore delle azioni di Ubisoft è sceso di oltre il 30%. Le recensioni sono state generalmente positive: al momento ha una media di 81 su Metacritic e di 82 su Open Critic. In Italia le recensioni vanno dal 7 di Everyeye all’8 di Multiplayer, con vie di mezzo come il 7,5 di Tom’s Hardware e di IGN Italia, il 77 (su 100) di Spaziogames e il 7,8 assegnato da The Games Machine. Il gioco sta ricevendo reazioni positive dal pubblico: la media voto su Steam è “molto positiva” - cioè inferiore solo a “estremamente positiva” - e sul PlayStation Store è di 4,79. Nel corso della prima giornata di disponibilità, Assassin’s Creed Shadows ha superato il milione di giocatori.
L’accordo fra Ubisoft Milano e il sindacato
Ubisoft Milano e il sindacato Fiom Cgil, che rappresenta anche gli sviluppatori di videogiochi, hanno trovato un accordo rispetto all’implementazione della politica di ritorno in ufficio prevista da Ubisoft e che aveva scatenato scioperi anche in Francia, ha riportato Damiano D’Agostino su Cyberspazio. La trattativa è durata cinque mesi. L’accordo prevede che, fra le altre cose, si debba lavorare due giorni in ufficio fino alla fine di agosto; poi diventeranno tre. Saranno previsti convenzioni con il trasporto pubblico locale; agevolazioni per gli abbonamenti ai parcheggi; e un credito mensile da usare nelle macchinette in ufficio. Il nuovo accordo vale fino al 31 marzo 2026.
Le vendite negli Stati Uniti a febbraio
Monster Hunter Wilds è stato il videogioco più venduto a febbraio negli Stati Uniti, davanti a Kingdom Come: Deliverance 2 e Civilization 7. Complessivamente, l’elaborazione di Circana ha evidenziato che nei videogiochi, hardware e software, sono stati spesi 4,5 miliardi di dollari, un calo del 6% rispetto a febbraio 2024. La spesa nell’hardware è scesa del 25%, mentre quella negli accessori dell’8%. Monopoly Go è stato il videogioco mobile ad aver guadagnato di più, davanti a Royal Match e Last War: Survival.
Ancora più in breve
Dal 2013 a oggi il programma ID@Xbox ha versato 5 miliardi di dollari agli studi indipendenti
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