Il 2025 di Ubisoft non è cominciato bene
Ha rinviato di nuovo Assassin's Creed Shadows e valuterà insieme a dei consulenti cosa fare per valorizzare gli asset della società
Non abbiamo ancora risolto per davvero - e chissà se verrà mai risolto - il problema del crunch negli studi occidentali. Ma intanto un problema forse più infido si sta attorcigliando al pilastro dello sviluppo dei videogiochi: le condizioni di lavoro nelle aziende di outsourcing asiatiche.
Si parla quindi di tutti quegli studi di supporto, di cui si parla praticamente mai, a cui vengono affidati pezzetti di produzione: magari dei modelli 3D, magari il controllo qualità, magari delle animazioni. Perché, come accade in altri settori, lì il lavoro costa meno; e solo così il mega-videogioco di turno può diventare realtà.
Un rapporto di People Make Games, fra i pochi progetti giornalistici rimasti attivi in questo ambito, è tornato a parlare proprio di questo. E lo ha fatto con un video di circa un’ora in cui parla di come i dipendenti dell’azienda indonesiana Brandoville Studios abbiano dovuto sopportare per anni abusi di vario genere: emotivi, finanziari e fisici.
In un caso terribile, una persona, Christa Sydney - che si è mostrata nel video e ha parlato direttamente - ha raccontato di un rapporto morboso con Cherry Lay, la persona che gestiva l’operatività quotidiana di Brandoville Studios nonché moglie dell’amministratore delegato Ken Lai.
Di fatto Cherry Lay gestiva ogni aspetto della vita di Sydney: la bullizzava, la picchiava. In un caso eclatante, è stata costretta a filmarsi mentre si prendeva a sberle cento volte per “rimediare” a un presunto torto fatto sul luogo di lavoro. In un altro caso ha dovuto scrivere e scrivere e scrivere su un quaderno la stessa frase: una versione sfigurata della sigla dei Simpson.
Mentre un altro dipendente, Caesarion Balthazar, invece è stato convinto da Cherry Lai a darle una parte cospicua del suo stipendio per farsi aiutare nella gestione economica e a evitare di spendere lo stipendio in beni accessori.
E una donna, Syifana Afiati, è stata costretta a fare gli straordinari quando era in maternità; e anche quando il figlio, nato prematuro, è morto dopo alcuni mesi di terapia intensiva, è stata soggetta ad attacchi verbali che hanno messo in dubbio lei come persona e lei come professionista. Solo perché si era presa del tempo per organizzare il funerale del figlio e per metabolizzare la perdita.
Brandoville Studios ha chiuso nel 2024. E se non fosse stato per questo rapporto - che è un seguito di un altro, del 2021, sempre di People Make Games - di questa azienda probabilmente non avremmo saputo niente; nemmeno ce ne sarebbe importato qualcosa. Ma dal 2019 al 2024 ha contribuito a videogiochi che invece sono noti: come Age of Empires IV o Assassin’s Creed Shadows.
Il caso di Brandoville Studios va ben oltre il crunch: era un ambiente tossico, umiliante e alienante sotto ogni punto di vista. E non bisogna nemmeno pensare che tutti gli studi di supporto asiatici siano così; che tutti in realtà siano fabbriche predatorie dove vengono costruiti piccoli ingranaggi virtuali dei grandi videogiochi. Ma di tutto questo bisognerà parlare sempre più spesso. Perché altrimenti il rischio è di mostrarsi noncuranti verso come avvengono le cose in zone poco considerate nel mondo, almeno nel racconto generale.
“L’industria dei videogiochi per come la conosciamo oggi - ha detto Chris Bratt di People Make Games in conclusione del video - sarebbe assolutamente, totalmente diversa senza il lavoro esternalizzato. Se prendeste un qualunque videogioco ad alto budget dalla vostra collezione e guardaste fino alla fine i titoli di coda, allora potreste avere un’idea di quanto questo medium sta facendo affidamento sull’esternalizzazione per aspetti come la creazione degli asset artistici, l’animazione, il lavoro sull’audio, la localizzazione e il controllo qualità. E questo dando per scontato che il gioco che avete scelto abbia effettivamente riconosciuto il lavoro di tutte le persone coinvolte nella sua creazione, che scontato non è, ma avete capite che cosa intendo. In ogni caso, questi dipendenti di Brandoville vogliono che voi, il nostro pubblico, sentiate la loro storia perché al di fuori del loro Paese non vengono trattati come questo tassello cruciale del processo di creazione dei videogiochi. Se non fosse così, avreste probabilmente già sentito di queste cose terribili che sono successe a loro; e il motivo per cui non è così è perché l’outsourcing, soprattutto quando si parla di Paesi a basso reddito, è un argomento con cui le persone che vivono nell’emisfero settentrionale non si sentono a loro agio”.
Ha continuato: “E tale disagio, secondo me, ha fatto sì che uno dei peggiori abusi di potere che ho mai incontrato in questa industria venisse perlopiù perso per strada o forse persino ignorato dalle persone che non vivono in Indonesia. È stato a malapena coperto dalla stampa; gli studi di videogiochi che hanno collaborato con Brandoville fino a oggi non hanno detto niente; e non ha scatenato nessuna discussione più ampia, al di fuori dell’Asia sudorientale, in merito alle condizioni lavorative del lavoro esternalizzato nell’industria dei videogiochi. Perché, secondo voi? Cosa rende Christa e i suoi colleghi meno importanti degli sviluppatori di videogiochi di qualunque altra parte del mondo? Probabilmente ci sono molte risposte a questa domanda, ma nessuna di questa è valida”.
Massimiliano
Può un singolo gioco, per quanto grande e importante e fatto bene, salvare il futuro di oltre 18 mila persone?
Perché è in questa condizione che Ubisoft sta mettendo Assassin’s Creed Shadows. Che è stato rinviato per la seconda volta. Il motivo lo sappiamo: Assassin’s Creed Shadows non può sbagliare.
Cosa ha annunciato Ubisoft
Nei giorni scorsi, Ubisoft ha rilasciato una nota che dice poco; ma quel poco vale anche molto. Perché conduce a una serie di nuove possibilità che in questi mesi sono state prima sussurrate, poi discusse da tutti tranne che da Ubisoft e ora confermate dalla dirigenza.
“Ubisoft ha annunciato oggi di aver nominato consulenti leader per esaminare e perseguire varie opzioni strategiche e capitalistiche di trasformazione per estrarre il miglior valore per i portatori di interesse. Questo processo sarà supervisionato dai membri indipendenti del Consiglio di amministrazione. Ubisoft informerà il mercato in conformità con le normative applicabili se e una volta che una transazione si materializzerà”.
Una nota incredibilmente formale, che in sostanza significa una cosa: ora ogni possibilità è aperta al fine di capire che cosa fare, nel futuro, di Ubisoft; le cui azioni hanno perso l’81% del valore nel giro di cinque anni. In linea con l’assenza, dal 2020 a oggi, di un vero videogioco di successo. Non di critica - perché, per esempio, Prince of Persia: The Lost Crown è piaciuto e anche molto - bensì commerciale.
Bisogna tornare ad Assassin’s Creed Valhalla, uscito nel 2020, per ritrovare l’ultimo lancio sereno di Ubisoft:
Prince of Persia: The Lost Crown è piaciuto, sì, ma non ci sarà un sequel e il gruppo di lavoro è stato smantellato;
Rainbow Six Extraction, progetto laterale della serie di sparatutto tattico, e Avatar: Frontiers of Pandora, basato sull’omonima serie cinematografica, sono stati dimenticati in fretta;
Mario + Rabbids: Sparks of Hope, pur molto piaciuto, è andato peggio di quanto la società volesse, sebbene sembri aver venduto almeno tre milioni di copie;
il videogioco online piratesco Skull and Bones infine è uscito, dopo anni di rinvii, rimandi e chissà; e come ci si aspettava non ha avuto alcun effetto positivo.
Bisogna dire una cosa. Molto spesso i videogiochi di Ubisoft vendono milioni di copie. E quindi parlare di scarso successo è sempre più il risultato di aspettative molto alte; forse molto alte perché mettere insieme 40 studi e quasi 19 mila persone è sempre più difficile. Lo era cinque anni fa: oggi è molto peggio.
Insomma, Ubisoft va connotata come una multinazionale enorme; che però non riesce più a fare i numeri enormi che servono per sorreggere una simile struttura aziendale. Così facendo, i buoni risultati - perché buoni, comunque, sono - sono insufficienti. Lentamente, negli anni, ciò ha significato non riuscire a trovare una direzione chiara da seguire provando un po’ a destra e un po’ a manca nel tentativo di avere una boccata di ossigeno finanziario.
Su cosa intenda fare Ubisoft per ripianare i conti in calo è difficile dirlo. Da questo punto di vista, l’amministratore delegato Yves Guillemot e il direttore finanziario Frederick Duguet non hanno risposto nel dettaglio alle ripetute domande degli analisti durante la conferenza stampa che hanno organizzato proprio per presentare - si fa per dire - il nuovo piano d’azione.
In sostanza, è stato chiesto: nel concreto che vuole fare Ubisoft? Staccare pezzi di società? Vendere? Ci sono società che più di altre sono avanti nelle trattative? Ubisoft sta già trattando con qualcuno?
“L'obiettivo di questo processo è di sbloccare il miglior potenziale del valore dei nostri asset a beneficio dei nostri stakeholder e di promuovere le migliori condizioni per creare grandi giochi nel mercato in rapida evoluzione”, ha detto Duguet. “Questo è l'obiettivo generale, quindi è per questo che abbiamo detto che abbiamo nominato consulenti leader. Quindi stiamo attualmente esplorando attivamente diverse opzioni. E non possiamo dire di più. Ovviamente non commenteremo voci specifiche che abbiamo visto sul mercato, ma siamo convinti che ci siano diversi potenziali percorsi per generare valore dagli asset e dai franchise di Ubisoft. Informeremo il mercato se e quando si materializzerà una transazione”.
Molti siti hanno parlato di “Ubisoft in vendita”. Ma la verità è che non lo sappiamo: è una delle ipotesi; è un’interpretazione della stampa delle parole di Ubisoft. La società non ha fornito dettagli particolari per comprendere come intende muoversi e a cosa sta pensando.
Oggi Ubisoft vale circa 1,5 miliardi di euro. Tutto sommato è poco, nel reame delle grandi operazioni a cui questa industria ci ha abituato.
C’è una grossa differenza: per molti versi, Ubisoft, pur quotata in borsa, è un’azienda a conduzione familiare. I Guillemot sono l’azionista con più quote, non hanno alcuna intenzione di mollare la presa: vorrebbero i soldi altrui, ma mantenere il controllo. Obiettivo ambizioso; alcuni lo definirebbero ingenuo.
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Tutto su Assassin’s Creed Shadows
Così si torna ad Assassin’s Creed Shadows.
Dopo la “pausa” di Mirage - pubblicato nel 2023 e più vicino alla formula dei videogiochi della serie prima di Origins - Shadows è il primo Assassin’s Creed che riprende la struttura più aperta e più grande di Origins, appunto, Odyssey e poi Valhalla.
Inizialmente previsto il 15 novembre, Assassin’s Creed Shadows è stato prima rimandato al 14 febbraio e ora posticipato al 20 marzo. Per assicurarsi che fin dal primo giorno sia un’esperienza quasi impeccabile. E forse, aggiungo, anche per togliersi da un mese di febbraio già pieno: in cui usciranno, per esempio, Like a Dragon: Pirate Yakuza in Hawaii, Avowed e Monster Hunter Wilds.
Il lancio di Star Wars: Outlaws evidentemente ha lasciato il segno. Ubisoft ci ha messo impegno per migliorare vari aspetti del gioco; lo ha pubblicato anche su Steam più di recente; ha distribuito molti aggiornamenti e risposto alle principali critiche all’esperienza.
Perché oltre ad aver dichiarato di star perseguendo vari percorsi finanziari per uscire da quella che a tutti gli effetti è una crisi - finanziaria, creativa, commerciale - ha anche specificato che le vendite durante il periodo delle festività di dicembre di Star Wars Outlaws sono state inferiori alle aspettative.
Per questo motivo Ubisoft ha rivisto al ribasso - da 380 a 300 milioni di euro - i ricavi per il trimestre che si è chiuso lo scorso dicembre rispetto alla previsione che aveva condiviso alcuni mesi fa.
All’inizio di dicembre, inoltre, la società ha annunciato che prossimamente chiuderà il videogioco online XDefiant: reo di averci provato in un settore dove o si fanno i grandi numeri o si perdono molti, molti soldi. E XDefiant rientrava in questo secondo caso, come già tanti altri prima.
Così su Assassin’s Creed Shadows pesa un fardello bello grande.
Se già a novembre ci si aspettava - vista la rilevanza della serie e le promesse che questo capitolo porta con sé - che fosse un ottimo gioco, i due rinvii nel giro di pochi mesi hanno alzato ancora di più il livello di qualità minimo necessario che dovrà rispettare questo gioco.
E se pur dovesse riuscirci, probabilmente non basterà a salvare 18 mila dipendenti da una profonda riorganizzazione aziendale. Però, invece, potrebbe mettere Ubisoft, come società, in una posizione di trattativa più vantaggiosa, di fronte a un aspirante compratore o in generale al tavolo con un soggetto terzo interessato a investire.
In caso contrario - se Assassin’s Creed Shadows sarà anche solo leggermente al di sotto di un rendimento commerciale che dovrà sfiorare lo straordinario - Ubisoft rischierebbe di uscirne indebolita. Come se non lo fosse già abbastanza.
Le altre notizie, in breve
Il primo dispositivo SteamOS non di Valve
Al CES 2025, il più grande evento mondiale dell’anno sulla tecnologia, Lenovo ha annunciato il primo dispositivo che usa la licenza di SteamOS - lo stesso sistema operativo, basato su Linux, di Steam Deck di Valve Software - ossia un modello dedicato di Legion Go S. Sarà disponibile anche in versione Windows. In entrambi i casi, include uno schermo da 8 pollici, un processore AMD Ryzen Z2 Go o un Ryzen Z1 Extreme, fino a 32 GB di RAM e una batteria da 55,5 Wh. Sarà disponibile a 500 dollari da maggio.
Tencent è stata messa in una lista nera
Il Governo degli Stati Uniti ha inserito il gruppo cinese Tencent - che possiede Riot Games (League of Legends), Supercell (Brawl Stars) e detiene azioni in Epic Games, Ubisoft e Krafton, fra gli altri - in una lista nera di società che hanno diretti legami con l’apparato militare della Cina, ha riportato Bloomberg. Ciò non prevede alcuna sanzione; ma scoraggia le società statunitensi a commerciare con le aziende che sono state inserite in tale lista. Tencent dice che si è trattato di un errore. Dopo la pubblicazione della notizia, il valore delle azioni di Tencent è sceso del 10%. Oltre che nei videogiochi, Tencent opera in tanti ambiti digitali, fra cui applicazioni di messaggistica, streaming audiovisivo, ecommerce e social media.
Nel Regno Unito nel 2024 è calata la spesa nei videogiochi
Nel 2024 nel Regno Unito sono stati spesi nei videogiochi 4,6 miliardi di sterline, circa 5,55 miliardi di euro. Il totale non include l’hardware, ossia console e accessori. Di questi 4,6 miliardi, la maggioranza è stata spesa nel digitale, sebbene i risultati siano stati misti: le vendite su PC sono scese del 5% rispetto al 2023; il mobile è salito del 2,6%; e il digitale su console è sceso del 15%. Il risultato migliore lo hanno ottenuto gli abbonamenti: +12%. I ricavi dai videogiochi fisici sono scesi del 35%.
Ancora più in breve
Microsoft ha annunciato che terrà una presentazione, un Developer Direct, per il 23 gennaio. Fra i giochi ci saranno Doom The Dark Ages di id Software e South of Midnight di Compulsion Games
Il videogioco mobile Infinity Nikki ha generato ricavi per 15 milioni di dollari nel primo mese di disponibilità
Il produttore mobile Scopely (Monopoly Go) ha acquisito Chengfeng Studio da Perfect World per 34,5 milioni di dollari
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Da leggere
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