Il cloud gaming è davvero il futuro?
È stato al centro dell'acquisizione di Activision Blizzard King, eppure ci sono tante perplessità ancora da risolvere.
Nei giorni scorsi è successa una cosa che mostra molto bene che cosa intendo quando parlo di come non si possa fare informazione sui videogiochi - una certa informazione sui videogiochi, almeno - senza il supporto delle aziende e di come tale aspetto, poi, vada a influenzare il lavoro delle persone e delle redazioni tutte.
Un articolo pubblicato il 29 agosto sull’edizione britannica di Eurogamer ha raccontato di come la redazione non avrebbe potuto uscire alla scadenza dell’embargo con una recensione di Starfield, semplicemente perché Bethesda non ha fornito alla redazione un codice in anteprima. L’articolo, firmato dal direttore Tom Philips, spiegava che Eurogamer non era riuscito a convincere Bethesda a fornire un codice in anticipo.
“Nessun editore è obbligato a fornirci una copia del suo gioco - ha puntualizzato Philips - ma è importante essere trasparenti con voi, i nostri lettori, riguardo al ritardo che avrà la copertura su Eurogamer, specialmente visto che è diventato chiaro che le copie del gioco sono abbondanti altrove, e in particolare negli Stati Uniti”.
In compenso, Digital Foundry - la costola di Eurogamer specializzata nelle analisi tecniche - aveva ricevuto un codice di Starfield, però Bethesda aveva espressamente chiesto che quel codice non venisse usato da Eurogamer.
“Si è trattata di una richiesta senza precedenti, ma una a cui ho sentito di dover cedere per essere sicuro che l’accesso garantito a Digital Foundry non venisse poi impattato da qualunque altra condizione”, ha scritto Philips.
L’articolo ha fatto rumore e poco dopo la sua pubblicazione Philips lo ha aggiornato specificando che Bethesda, alla fine, ha fornito un codice a Eurogamer; ma che, visti i tempi così stretti, comunque alla scadenza dell’embargo Eurogamer non avrebbe potuto fornire alcun tipo di copertura al lancio.
Ciò è successo anche ad altre pubblicazioni, come per esempio il britannico The Guardian; ma il punto non è chi non ha ricevuto il codice o perché.
Il punto è sempre uno: le aziende sono nella legittima posizione - perché il gioco è loro - di decidere a chi fornire un codice in anteprima e quando; se farlo prima o dopo il lancio; se lasciare da parte i siti e dare tutto in mano a chi ha canali YouTube o Twitch.
Perché le recensioni sono la conclusione del percorso di pubblicizzazione e marketing del gioco, in questo caso Starfield; perciò, proprio come le anteprime, le demo, le interviste e gli eventi per la stampa, è l’azienda a decidere cosa, come e quando per garantire la migliore (quantitativamente e qualitativamente) visibilità al suo prodotto.
L’azienda di turno può decidere non solo di portare via il pallone; ma anche di bucare il pallone e non fare giocare più nessuno.
In altre parole, la posizione dei siti di informazione è molto fragile: senza il supporto degli editori (o di chiunque gestisca i codici) non possono lavorare, non possono scrivere le recensioni (o almeno con tempistiche coerenti con il lancio del gioco) e nemmeno iniziare a preparare le guide che per giochi come Starfield sono la parte più rilevante, se si vuole valutare l’impatto sulle visualizzazioni.
Quanto accaduto a Eurogamer, quindi, è un esempio perfetto: senza il supporto diretto delle aziende, la macchina operativa si blocca. A quel punto, il re è nudo. Qualcosa che viene sempre dato per scontato - poter lavorare in anticipo rispetto all’embargo, almeno per i principali portali di informazione - non è in realtà così scontato. Perché le aziende di volta in volta valutano le loro strategie in base al gioco, al tempismo e cos’altro è possibile fare per massimizzare l’esposizione. Invece, i siti non possono fare altro che subire passivamente queste scelte.
È anche per questo che il rapporto è estremamente subordinato: i siti di informazione hanno bisogno delle aziende, ma non è vero il contrario. Perché le aziende possono decidere di fornire i codici ad altre figure: o più influenti o più popolari o meno fastidiose, semplicemente.
Se un’azienda cambiasse strategia di comunicazione, potrebbe escludere del tutto i siti di informazione. A quel punto, che si farà? Non credo che ci sia un piano di riserva. Forse è il caso di iniziare a lavorarci.
Massimiliano
Ho iscritto il podcast di Insert Coin nella categoria Emergenti del Festival del podcasting.
Ti chiedo un piccolo e veloce aiuto, Vai su questo post su Instagram e lascia un “mi piace”.
Se ne raggiungerò almeno 100, il podcast potrà essere scelto per una presentazione dal vivo a Milano. Sarebbe, per me, una grossa occasione.
Non voglio farti sentire in alcun modo derubato: però la domanda che ho posto nel titolo di questa newsletter, in realtà, non ha una risposta.
Non posso prevedere il futuro e, peraltro, la maggior parte delle volte cerco bene di non farlo: perché le previsioni possono variare per fattori che oggi non conosciamo. Mi sono chiesto più volte però se il focus che c’è stato negli ultimi mesi sul cloud gaming abbia senso o sia solo un’allucinazione collettiva.
Il cloud gaming è stato centrale, e lo è tuttora, affinché l’autorità antitrust nel Regno Unito approvi o meno l’acquisizione di Activision Blizzard King da parte di Microsoft. Inoltre, Microsoft ha dovuto firmare contratti con concorrenti come Nvidia (GeForce Now) e Boosteroid e Ubitus affinché la Commissione Europea approvasse l’operazione.
Perché tutte le autorità hanno considerato che il cloud gaming - eliminando la necessità di avere una console per giocare ai videogiochi - renderà più accessibile i videogiochi e quindi trasformerà questa industria perché abbasserà il costo.
Ma è davvero così? A che punto si trova il cloud gaming? Mi permetto di fare qualche considerazione.
Il cloud gaming, oggi
Oggi il cloud gaming è rappresentato soprattutto da due servizi, secondo me. Il primo è Xbox Cloud Gaming, parte del piano Ultimate di Game Pass: costa 14,99 euro al mese e permette di giocare ai giochi Xbox ovunque (smartphone, selezionati smart TV, PC). Il secondo è GeForce Now: ha vari piani, anche in 4K con ray tracing, e consente di giocare ai videogiochi che già si possiedono su piattaforme come Steam.
Ne esistono altri, ma li vedo come secondari: Amazon Luna è disponibile solo negli Stati Uniti; la proposta di PlayStation Plus Premium (considerato che lo streaming dei videogiochi PS5 vale solo su console PS5) mi sembra ancora blanda.
Stimare cos’è oggi il cloud gaming non è facile, ma ho trovato due proiezioni di mercato che possono aiutarmi.
La prima è di Omdia, secondo cui questo mercato valeva 3,7 miliardi di dollari nel 2021 e arriverà a 12 miliardi di dollari nel 2026, spinto dagli abbonamenti. Considera che questa stima è antecedente alla chiusura di Google Stadia.
La seconda proiezione è di Newzoo. È più recente, di novembre 2022. Newzoo è andato più nel dettaglio e ha stimato che nel 2022:
31,7 milioni di utenti hanno pagato per giocare in cloud;
2,4 miliardi di dollari sono stati spesi;
e nel 2025 gli utenti paganti saranno 86,9 milioni e i ricavi 8,2 miliardi.
C’è un dato più interessante, secondo me, che emerge dal rapporto di Newzoo: cioè il cosiddetto “serviceable obtainable market” (o SOM). In pratica, il pubblico che effettivamente può essere raggiunto da un dato servizio o prodotto.
Per Newzoo, il SOM nel 2022 per il cloud gaming era composto da 220,2 milioni di persone nel mondo, mentre sarà di 464,9 milioni di persone nel 2025. Sono tanti, certo; ma mettiamoli in relazione al mercato complessivo.
Secondo un altro rapporto della stessa Newzoo, nel 2025 il mercato dei videogiochi varrà 206,4 miliardi di dollari. Quindi, il cloud gaming rappresenterebbe il 3% del mercato, in termini di ricavi.
Considerato, poi, che Newzoo vanta spesso i famosi 3 miliardi di persone che nel mondo giocano ai videogiochi (una stima incredibilmente generosa perché, praticamente, prende in considerazione anche chi gioca una volta ogni sei mesi), vuol dire che il 15% del pubblico complessivo dei videogiochi è interessato al cloud gaming.
A me paiono previsioni che non indicano una radicale trasformazione della fruizione del videogioco. Di un servizio in espansione? Certo. Di qualcosa che crescerà? Certo. Forse, non così tanto, per ora.
I limiti del cloud gaming
"La tecnologia cloud diventerà una componente significativa di come i giocatori accedono ai videogiochi fra il 2025 e il 2035. Faremo investimenti significativi nel cloud in previsione che diventi un modo significativo di come i giocatori accedono ai videogiochi".
Questo lo ha detto Jim Ryan, amministratore delegato di Sony Interactive Entertainment, quando ha testimoniato nel corso del dibattimento fra Microsoft/Activision e la Federal Trade Commission, ossia l’autorità antitrust statunitense.
Come spesso accade nel mondo della tecnologia tutta, quindi non solo i videogiochi, ho l’impressione che le aziende stiano provando a innestare nel mercato qualcosa che o le persone non vogliono o non sono ancora pronte ad accogliere.
Un po’ lo stesso discorso che si è fatto per il metaverso: nessuno lo voleva (e nessuno lo vuole), ma Meta - che controlla Facebook, Instagram e WhatsApp - ci ha provato e lo ha raccontato come il futuro della società, persino del lavoro.
Tornando al cloud gaming, la società che più di tutte insiste nel provarci è Microsoft, che con Xbox Cloud Gaming ha l’offerta più interessante: un vasto catalogo di giochi inclusi a 14,99 euro al mese e che giochi dove vuoi. La cosa più vicina al “Netflix dei videogiochi” di cui spesso si è parlato.
Le ragioni sono puramente di mercato.
“Voglio essere certo - per il benessere dei giochi retail - che siano disponibili sulla piattaforma da gioco che cresce più velocemente, che è il mobile”, ha detto Phil Spencer, amministratore delegato di Microsoft Gaming, intervistato da Eurogamer durante la recente gamescom di Colonia. “È davvero l’unica [piattaforma] delle tre che sta crescendo. [Il settore] Console è relativamente piatto in termini di numero di giocatori, il PC è relativamente piatto in termini di numero di giocatori. Il mobile ha rappresentato tutta la crescita di questa industria negli ultimi dieci anni”.
Ecco perché, per Spencer, è importante che su mobile si possa giocare Starfield via cloud. O persino Spider-Man.
“Penso che ci perdiamo qualcosa se grandi giochi narrativi come God of War o Starfield o Spider-Man o qualunque altro non sono disponibili su [questi] posti”, ha aggiunto Spencer. “Ma altre aziende stanno prendendo altre decisioni su dove vogliono che le persone possano giocare”.
C’è da considerare, però, il limite più grande di tutti, quando si parla di cloud gaming: la stabilità della connessione. Un limite che va di pari passo con le peculiarità del videogioco e di giocarlo in streaming.
Il videogioco non è un film, dove basta un flusso di dati che va in un’unica direzione (dal server al dispositivo dell’utente). Servono due flussi, uno in arrivo e uno in uscita: perché ciò che l’utente fa nel gioco (saltare, muoversi, raccogliere oggetti) influenza il flusso in arrivo, che deve rispondere in maniera specifica e non predefinita. Con tutte le conseguenze, poi, sulla latenza, che è qualcosa che nemmeno esiste quando si ascolta la musica o si guarda un film in streaming.
E questi limiti, oggi, esistono nonostante società come Microsoft investano miliardi di dollari ogni anno per migliorare la loro infrastruttura cloud: perché con quella stessa infrastruttura ci fanno girare i server che altre società usano per la loro operatività. Eppure può capitare, in alcuni posti, di dover attendere fino a due ore solo per poter accedere a una partita in cloud. Un esempio estremo, ne sono consapevole; ma Xbox Cloud Gaming può accogliere solo un certo numero di persone alla volta.
Cosa succederà il giorno in cui davvero il cloud gaming diventerà qualcosa di molto più adottato?
C’è poi un discorso che riguarda cosa intendiamo con “accessibilità”. Io non penso che i videogiochi abbiano problemi a essere intercettati da nuove persone perché c’è da comprare una console; e che quindi se viene meno questo ostacolo, allora avremo milioni di persone in più che giocheranno ai videogiochi. Forse, passerà al cloud gaming il videogiocatore occasionale, a cui importa poco della grafica e vuole solo essere comodo: e il cloud gaming è comodo.
Il mobile, che come ha detto Spencer è il principale motivo per cui questo settore è cresciuto negli ultimi anni, ha fornito alle persone esperienze più semplici: giocare a Super Mario Run o Candy Crush è intuitivo e basta un dito; non due levette, quattro tasti dorsali e combinazioni o nozioni esperienziali assorbite in vent’anni di vita. Non è stato solo il poter giocare con un dispositivo che ci portiamo sempre dietro - anche se questa caratteristica ha giovato; ma avere di fronte qualcosa di facilmente leggibile, molto più dei tantissimi videogiochi che escono su PC e su console.
Credo che il cloud gaming non sia per forza il futuro dei videogiochi; o almeno non lo sia con quella prepotenza su cui tanto Microsoft quanto le autorità antitrust insistono. Per motivi intrinsechi nello streaming di videogiochi, in particolare, che non andranno via tanto presto.
Chiudo però con una cosa. Trovo molto affascinante che stiamo parlando di cloud gaming soprattutto perché una grande società (Microsoft) si è trovata dietro ai concorrenti (PlayStation e Nintendo); quindi ha dovuto fare qualcosa per scavarsi una posizione; quindi ha iniziato a investire in una tecnologia (il cloud) ed è riuscita a trascinare con sé l’intera industria, e il racconto che ne si fa, fino al punto in cui ora il cloud gaming viene considerato il futuro.
Nonostante il fallimento di Google Stadia; nonostante il numero di persone abbonate a Game Pass su console sia già fermo e nonostante i limiti tecnologici del cloud gaming, almeno per renderlo un servizio di massa, non vengano superati.
Il vostro gioco da dimenticare
Nei giochi scorsi ho chiesto sui miei profili social qual è il videogioco che vorreste poter rigiocare da zero: e rivivere, quindi, con grande trasporto.
Riporto la testimonianza di M.
Su due piedi ti avrei detto Final Fantasy 7, per la storia più di tutto, per il colpo di scena della morte di Aeris, per i personaggi e perché dai, è Final Fantasy 7.
Poi però ho realizzato che sul me quarantenne non avrebbe mai l'effetto che ebbe sul me tredicenne alle prime esperienze con l'inglese, con un sistema di gioco un po' più articolato di quelli di Super Mario e degli arcade: gioco ai JRPG da trent'anni e passa, ho visto morire inaspettatamente un sacco di personaggi a cui ero affezionato, e forse ora FF7 sarebbe uno dei tanti, e allora forse meglio tenermi il ricordo che ho.
Forse allora meglio dimenticarmi di PC Calcio/Football Manager, nella speranza che se lo dovessi rincontrare, magari avrei la lucidità di riconoscere che assoluta droga sia e riuscirei a non entrare nel tunnel, o almeno a uscirne in fretta.
O forse vorrei dimenticare qualche metroidvania di quelli belli, tipo [Castlevania:] Symphony of the Night o Hollow Knight, e lì potrei godermi le scoperte.
Se anche tu vuoi raccontarmelo, invia un’email a newsletter@insert-coin.online, con oggetto “Il mio gioco da dimenticare”, e raccontami, in prima persona, qual è il tuo videogioco che vorresti rigiocare da zero.
Altrimenti, se lo preferisci, inviami un messaggio diretto su Instagram o su X (ex Twitter).
Le altre notizie, in breve
Le recensioni italiane di Starfield
Nel tardo pomeriggio del 31 agosto sono uscite le recensioni di Starfield. Segnalo le principali italiane, specificando che alcuni siti hanno preferito non assegnare, per ora, un voto alle loro impressioni. Al momento, su Metacritic la versione Xbox ha una media voto di 87:
Everyeye: “Starfield giocato per 40 ore: immenso! Inizia il viaggio interstellare”
IGN: “Starfield: primo tuffo tra le stelle nel nuovo gioco di ruolo di Bethesda”
Multiplayer (8,5): “Starfield, la recensione del nuovo immenso universo di Bethesda Softworks”
Spaziogames: “Starfield - Recensione. Dove osano gli umani”
The Games Machine (8,8): “Starfield - Recensione”
Un gioco mobile per la ribellione in Myanmar
Un videogioco mobile, intitolato War of Heroes - The PDF Game, sta contribuendo a raccogliere fondi per finanziare il gruppo (People’s Defence Force o PDF, appunto) che si sta ribellando contro la giunta militare che governa il Myanmar dal 2021, ha raccontato un articolo pubblicato dalla BBC. Al momento della pubblicazione, il videogioco aveva raccolto 508 mila dollari con una media di 70-80 mila dollari al mese. È gratuito ed è disponibile sull’App Store di iOS e sul Play Store di Android.
“Final Fantasy XVI soffre per il modo superficiale in cui tratta la schiavitù”
Su Kotaku Phillip Russell riflette su come Final Fantasy XVI ha trattato il tema dello schiavismo e dell’occasione persa rispetto ad alcune vicende che riguardano proprio il protagonista del gioco. (L’articolo ha spoiler).
Rinviate le rimasterizzazioni di Suikoden
Konami ha annunciato che le versioni rimasterizzate di Suikoden I e II sono state rinviate, e quindi non usciranno quest’anno, perché c’è bisogno di più tempo per assicurare una certa qualità. I due giochi saranno pubblicati su PC, Nintendo Switch, PlayStation 4 e Xbox.
L’abbonamento a 12 mesi di PlayStation Plus costerà di più
Dal 6 settembre tutti i piani di PlayStation Plus da 12 mesi costeranno di più:
Essential costerà 71,99 euro ogni 12 mesi (oggi costa 59,99 euro):
Extra costerà 125,99 euro (oggi il prezzo è di 99,99 euro);
Premium costerà 151,99 euro (oggi 119,99 euro).
In pratica, il prezzo di un abbonamento di 12 mesi per PlayStation Plus Essential aumenta di 12 euro, quello di PlayStation Plus Extra di 26 euro e quello di PlayStation Plus Premium di 32 euro.
Embracer ha chiuso Volition Games
Volition Games è uno studio trentennale che ha lavorato, per esempio, alla serie Saints Row: ora è stato chiuso da Embracer, editore svedese che si è molto espanso negli ultimi anni, con “effetto immediato”. L’ultimo videogioco di Volition Games, un reboot di Saints Row, non ha rispettato le aspettative di Embracer.
“Lo scorso giugno, Embracer Group ha annunciato un piano di ristrutturazione per rafforzare Embracer e mantenere la sua posizione di leader nell’industria videoludica”, si legge in un messaggio pubblicato su LinkedIn. “Come parte di tale programma, hanno valutato gli obiettivi strategici e operativi e hanno preso la difficile decisione di chiudere Volition con effetto immediato”.
Embracer ha acquisito tante aziende nel corso degli ultimi anni, come avevo scritto lo scorso gennaio. Il fatto che un anno dopo stia ristrutturando e chiudendo studi, è indicativo di una mancanza di visione a medio termine e di una spesa che evidentemente è stata fatta senza una solida base.
Per quanto riguarda il discorso recensioni non posso che essere più d'accordo di così, è da tempi non sospetti che penso ci stiamo approssimando all'endgame e il caso Eurogamer-Starfield è solo l'ultimo episodio in questo senso.
Sul Cloud ho un enorme rimpianto: Stadia dal punto di vista prestazionale funzionava veramente da dio. Mi son giocato tutto CP2077 su varie configurazioni (monitor del PC, su TV col Chromecast 4k, su telefono) e parte del motivo per cui son riuscito ad accumularci una cosa come 60 ore (più un altro trentello su Immortal Phoenix Rising) era proprio questa flessibilità. Google però l'ha gestita malissimo a livello di business ed è finita male – e mi pare di vedere che Luna sia abbastanza incanalato nello stesso solco. Secondo me due flop di aziende così grosse nel mercato rischiano di farlo partire a rilento, e xCloud non è ancora allo stesso livello che aveva Stadia come infrastruttura. In tutto questo capisco sempre meno le strategie di Sony che prima punta sulla tecnologia e poi alza gli abbonamenti