Come ci sono finiti i giochi su LinkedIn?
Sul social network professionale sono ora disponibili tre minigiochi. Creare abitudine e alzare il coinvolgimento sono i due fondamentali
Alcune settimane fa ho approfondito la situazione di uno studio in particolare: Keoken Interactive.
Breve riassunto delle puntate precedenti: nonostante anni di tentativi e duecento proposte per cinque videogiochi diversi - alcuni legati alla serie Deliver Us, nata nel 2018, alcuni no - non erano riusciti a trovare un accordo con un editore; che ritenevano fondamentale per andare avanti.
Così, hanno puntato tutto sulla Game Developers Conference.
Si tratta di un punto di ritrovo essenziale per trovare accordi di questo tipo, costruire nuove relazioni e conoscere persone che, magari, conoscono altre persone. Anche questa volta è andata male.
Alla fine il risultato è stato uno soltanto: Keoken Interactive ha licenziato tutti i dipendenti rimasti. Sono rimasti soltanto i due co-fondatori: Paul e Koen Deetman.
“Con il cuore spezzato, abbiamo dovuto licenziare il team di Keoken perché niente di sostanzioso si è materializzato direttamente dopo la nostra visita alla GDC”, si legge in una nota diffusa sui canali social, firmata dai co-fondatori. “Abbiamo sfortunatamente esaurito tutte le nostre possibili opzioni per pubblicare, [fare] lavori su commissione e co-sviluppo”.
Keoken di fatto non chiuderà: resteranno i due-cofondatori, che intendono avviare una campagna di raccolta fondi su Kickstarter per finanziare, attraverso la comunità, Deliver Us Home, uno dei progetti che ha proposto per diverso tempo agli editori.
Il percorso recente di Keoken aveva già previsto graduali riduzioni del personale. Dei 45 dipendenti presenti al momento di massima espansione, lo scorso marzo erano rimaste 20 persone. Nelle settimane successive alcune persone sono state licenziate. Infine, in quest’ultimo passaggio, sono state licenziate 13 persone, di cui undici erano impiegate a tempo pieno e due erano freelance.
Per restare a galla Keoken le ha provate tante e i due co-fondatori si sono anche tagliati lo stipendio, fino ad azzerarlo in certi momenti.
Negli ultimi tempi ho spesso raccontato delle riduzioni del personale delle grandi società, finalizzati principalmente all’aumento dei margini di profitto in un momento in cui i ricavi, pur molto elevati, non crescono come prima o calano di qualche punto percentuale. Persone licenziate, azionisti contenti.
A volte invece - com’è stato per Keoken - è l’unica cosa che resta da fare.
Massimiliano
LinkedIn è probabilmente il posto più strano dove cercare, e trovare, dei videogiochi. Il social network professionale, sebbene cambiato nel corso degli anni, è la meta per i professionisti che vogliono cercare lavoro o vogliono interlacciare nuove relazioni. Eppure, alcuni giorni fa sono stati introdotti tre giochi.
Si tratta di esperienze molto brevi e semplici, adatte a una fruizione molto occasionale.
In Crossclimb, per esempio, bisogna identificare cinque parole che, in sequenza, cambiano solo di una lettera. A quel punto vengono sbloccare la prima e l’ultima parola, che devono essere indovinare pur seguendo lo stesso schema.
In Pinpoint, invece, bisogna indovinare una categoria sulla base di alcune parole. Mentre Queens è una variazione sul tema del Sudoku.
Giochi più vicini a quelli disponibili in un numero della Settimana Enigmistica che a quelli su console; ma che servono al loro scopo. Quale? Quello di creare un’abitudine nelle persone; di portarle ad accedere ogni giorno a LinkedIn, in questo caso. In modo che entrare in LinkedIn diventi parte della giornata e una prossima volta un utente potrebbe entrarci per abitudine: non per giocare, ma per commentare un post o per vedere altri contenuti. Aumentare l’engagement, insomma: il coinvolgimento degli utenti, il tempo di permanenza sul social network, il numero di interazioni.
Per quanto possa sembrare strano, il meccanismo è lo stesso - con le differenze del caso - che ha spinto Netflix a proporre un selezionato catalogo di videogiochi alle persone abbonate: così che possano avere più punti di contatto con Netflix, accedano più spesso all’applicazione e magari gli utenti restino per vedersi anche una puntata di una serie.
L’utilizzo dei videogiochi come sistema per incrementare il coinvolgimento degli utenti non è nuovo. Da molti anni Facebook propone delle modeste esperienze da condividere, o anche da giocare da soli, direttamente dalla sua piattaforma.
Anche se lontani dai fenomeni della seconda metà del 2000 come Farmville, quando le richieste per giocare insieme erano spesso fra le notifiche quotidiane fra le persone, e molto prima che Facebook Gaming diventasse un punto per trasmettere in diretta per rivaleggiare con Twitch e con YouTube.
Anche Snapchat per qualche anno ha proposto dei minigiochi, alcuni dei quali basati sulla tecnologia di Realtà Aumentata: la stessa di Pokémon Go, per intenderci, e che permette di sovrapporre elementi virtuali alle immagini del mondo reale riprese dalla fotocamera dello smartphone.
Ma il fenomeno è ancora meno recente.
Le persone nate prima degli anni Duemila forse ricorderanno i minigiochi inclusi in MSN Messenger, popolare applicazione di messaggistica per PC. Fra i trilli (una sorta di “squillo” per richiamare l’attenzione degli altri utenti; e anche per disturbare) e i messaggi, si poteva allestire una partita a Tic, Tac, Toe oppure Campo Minato.
Lo scopo era lo stesso: creare un momento di socialità condivisa che significasse, poi, restare all’interno di quell’applicazione.
Questo stesso meccanismo - abitudine, relazione, coinvolgimento - è sempre più pervasivo: il videogioco viene usato come contenuto aggiuntivo finalizzato a estendere la relazione con l’utente o l’abbonato. Un esempio molto evidente di ciò è il New York Times.
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I giochi sul New York Times
Fra la fine del 2021 e l’inizio del 2022 molti utenti su Twitter postavano ogni giorno un post molto inconsueto. Veniva raffigurato un quadrato, composto da cinque righe di cinque quadrati più piccoli. Alcuni erano grigi e altri verdi. In alcuni casi, l’ultima riga era completamente verde. Era il modo di condividere il risultato della partita quotidiana di Wordle. Un gioco online creato da Josh Wardle dove bisognava indovinare una parola entro cinque tentativi e che in quei mesi divenne virale.
Forse la coda pandemica, che ancora teneva in casa tante persone, forse quella solita ricetta di ingredienti digitali che funziona una volta e altre mille no; fatto sta che Wordle ha attirato il New York Times, che lo ha comprato per un importo a sette cifre, mai divulgato pubblicamente. Significa che, nel caso peggiore, è stato pagato un milione di dollari, ma probabilmente qualcosa di più.
Il New York Times è noto per le sue inchieste, per i reportage e per essere uno dei più rilevanti quotidiani al mondo. Ma tantissime delle persone abbonate fanno un’altra cosa: giocano. Ogni giorno.
Il New York Times propone un abbonamento dedicato esclusivamente ai giochi, che costa 5 dollari al mese. E Wordle è stato strategico, perché ha portato “decine di milioni” di nuovi utenti, ha sottolineato Jonathan Knight, responsabile dei giochi per il New York Times, a Digiday.
Oggi ci sono quasi dieci milioni di persone abbonate al giornale e di queste un decimo ha sottoscritto un abbonamento ai giochi.
L’importanza sempre maggiore di questo tipo di contenuto persino per un giornale così importante è una: le notizie vanno e vengono; a volte ci sono settimane più scarse di altre; e anche i fattori esterni (elezioni, guerra, fatti di cronaca) influenzano quante persone leggono e se leggono.
La presenza dei giochi invece aiuta a mantenere una relazione quotidiana con le persone, a prescindere dalle notizie.
“Se sei abbonato e ogni settimana interagisci sia con le notizie sia con i giochi, la probabilità che resterai [abbonato] per un periodo di tempo più lungo è molto più alta”, ha aggiunto Knight.
Axios ha riportato che nel 2023 i giochi del New York Times sono stati giocati otto miliardi di volte. E non è solo questo giornale: anche Hearst, editore di giornali e riviste come il San Francisco Chronicle, ha acquisito la piattaforma di giochi a enigmi Puzzmo alla fine del 2023.
Quasi ogni grande piattaforma oggi propone una qualche forma di videogioco. Forme diverse, modalità diverse e approcci diversi, che però hanno sempre lo scopo di instillare nelle persone l’abitudine al gioco.
La pervasività del videogioco sta anche qui: nell’essere sempre più disponibile in sempre più punti diversi. Che sia una piattaforma di streaming, un grande quotidiano oppure un social network professionale.
Le altre notizie, in breve
Take-Two chiuderà due studi
Bloomberg ha riportato che come parte della riduzione del personale già annunciata, che coinvolgerà circa 600 persone, Take-Two (editore di Grand Theft Auto) chiuderà due studi: Intercept Games (Kerbal Space Program 2) e Roll7 (OlliOlli World). Il primo è stato fondato nel 2020 all’interno dell’etichetta Private Division; il secondo è stato acquisito, sempre da Private Division, a novembre 2021.
Il nuovo amministratore delegato di Unity
Matthew Broomberg è stato nominato nuovo amministratore delegato di Unity, azienda che realizza l’omonimo motore grafico: lo sarà effettivamente dal 15 maggio. Sostituirà Jim Whitehurst, a sua volta nominato nel ruolo ad interim al posto di John Riccitiello, che ha lasciato Unity lo scorso ottobre, poco tempo dopo una brusca polemica su un cambio di politica della società che aveva provato a monetizzare diversamente il suo motore grafico. Broomberg è stato direttore operativo di Zynga dal 2016 al 2022 e ha lavorato anche in altre grandi società, come Electronic Arts (2012-2016) e Fitbit (2018-2021).
Un evento Xbox di videogiochi indipendenti
Nei giorni scorsi c’è stato un nuovo appuntamento con ID@Xbox. Fra i videogiochi inclusi, ci sono stati: Vampire Survivors, di cui è disponibile un nuovo aggiornamento; Palworld, che ha presentato nuove creature; Lost Records: Bloom & Rage, nuova avventura di Don’t Nod (Life is Strange), di cui è stato mostrato un nuovo trailer: Commandos Origins, reboot di cui è prevista una beta chiusa in estate; e il primo video di gioco di Tails of Iron 2.
I risultati di Pokémon Go
Il videogioco mobile di Niantic Pokémon Go, pubblicato nel 2016, ha generato dal lancio oltre 8 miliardi di dollari secondo l’elaborazione di App Magic. Nel 2023 le persone hanno speso 567 milioni di dollari, il 13% in meno dell’anno precedente. Monster Hunter Now, che ha debuttato lo scorso settembre, ha raggiunto 164 milioni di dollari di spesa, mentre Pikmin Bloom, derivato dalla serie di Nintendo, meno: 44 milioni di dollari da ottobre 2021.
Square-Enix sarà più selettiva
Il consiglio di amministrazione di Square-Enix ha comunicato di aver cancellato progetti in sviluppo nel reparto console e PC per l’equivalente di 140 milioni di dollari. La decisione è stata presa per “rivedere l’approccio del Gruppo allo sviluppo dei videogiochi in alta definizione con l’intenzione di essere più selettivo e focalizzato nell’allocazione delle risorse per lo sviluppo”. In pratica: meno giochi e con più probabilità di successo commerciale. Solo nell’ultimo anno fiscale, Square-Enix ha pubblicato come “videogiochi HD”: Final Fantasy: Pixel Remaster, Final Fantasy XVI, Infinity Strash: Dragon Quest The Adventure of Dai, Star Ocean: The Second Story R, Dragon Quest Monsters: The Dark Prince, Foamstars e Final Fantasy VII Rebirth, ha ricordato Gamesindustry.
I conti di Koei Tecmo
Nell’anno fiscale 2023, che si è chiuso lo scorso marzo, Koei Tecmo ha registrato ricavi in crescita del 7,9% e l’utile è cresciuto del 9,2%. I videogiochi mobile hanno rappresentato il 60% dei ricavi della divisione Entertaiment (quella dei videogiochi). Le vendite iniziali di Rise of the Ronin, pubblicato su PS5 a fine marzo, sono superiori a quelle di Nioh e Nioh 2 nello stesso periodo di tempo. Per l’attuale anno fiscale, Koei Tecmo ha previsto di vendere 7,6 milioni di videogiochi su console e PC, in leggere aumento.
Ancora più in breve
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A marzo negli Stati Uniti sono stati spesi 4,89 miliardi di dollari, in crescita del 4%. La spesa nell’hardware è scesa del 32%. Considerato l’intero primo trimestre, la crescita della spesa complessiva è del 6%
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