Sui "more of the same"
Ogni mese porta con sé nuove informazioni sui prossimi titoli in uscita: trailer, immagini, commenti degli sviluppatori. L'intento è naturalmente quello di tenere il più possibile costante l'attenzione degli utenti verso quel gioco, in modo che quando uscirà tutti lo sapranno.
Ogni mese ci si aspetta che si parli dei giochi che arriveranno perché evidentemente quelli che già ci sono non bastano.
Vorrei farti vedere la mia lista di "giochi da giocare" (faccio liste per qualunque cosa): è modesta, ma al momento completarla prevede impiegare oltre 300 ore. Se giocassi un'ora al giorno tutti i giorni, impiegherei dieci mesi solo a finire questa lista, che contiene giochi passati ed è molto filtrata rispetto a tutti quelli che vorrei giocare (o che possiedo e so che non giocherò mai).
E nel frattempo avrei accumulato molti altri giochi, usciti in quei dieci mesi, che hanno attirato il mio interesse oppure ne avrei scoperti altri ancora, già usciti ma che non conoscevo.
Insomma, non riesco a star dietro a quello che è già uscito ed è per questo che fatico a entusiasmarmi per i giochi che arriveranno: fanno parte di un meccanismo di continuo consumo di contenuti (e non di esperienze) che finisce per estirpare ogni significato dall'atto del giocare. Un meccanismo che io per primo ho alimentato negli anni con i continui bundle distribuiti a pochi euro e che puntualmente per anni ho acquistato (ho smesso).
Se fermassimo la macchina produttiva oggi, avremmo centinaia di videogiochi fantastici da giocare: fai un salto su Itch.io per capire che cosa intendo. Nel mare di informazioni sui giochi del futuro, ce ne dimentichiamo troppo spesso.
Massimiliano
Prima, una comunicazione
In linea con la mia voglia di essere trasparente e di contribuire a raccontare l'industria e come lavora chi ne scrive, ho deciso di raccogliere un po' di domande da parte tua e degli altri lettori: mi aiuterà a creare, nelle prossime settimane, una sessione di domande e risposte che rappresenterà una puntata speciale di questa newsletter.
L'argomento della domanda può riguardare il mio lavoro, la newsletter, i videogiochi o altre questioni che ti hanno suscitato curiosità e per cui ti piacerebbe avere un mio commento. Non per tutte potrei avere una risposta e in tal caso farò il possibile per contattare un'altra persona esperta per riuscire a esaudire la richiesta.
Puoi scrivermi un'email all'indirizzo newsletter@insert-coin.online oppure su Twitter.
Se le domande saranno regolari, potrò pensare di fare un piccolo Q&A in ogni puntata.
Le persone dietro ai videogiochi
Anni fa scrissi un editoriale nel quale definivo la Game Developers Conference (GDC) la botta di onestà di cui l'industria videoludica ha bisogno. Vedi, durante la GDC, evento pensato per gli addetti ai lavori, gli sviluppatori parlano in modo chiaro e trasparente di cosa ha funzionato oppure no in un loro gioco; di cosa hanno sbagliato e di quello che avrebbero fatto diversamente.
Ho ripensato a quell'editoriale in questi giorni leggendo i commenti al trailer di God of War Ragnarok. Il gioco sembra riusare molti dei contenuti (dalle animazioni ai personaggi) già visti nel precedente capitolo del 2018. In questi casi viene usata l'espressione "more of the same" (traducibile grossolanamente come "un altro po' della stessa cosa") a indicare un gioco che è una versione 1.5 del precedente: lo amplia, ma senza distaccarsi granché.
Il punto è che in mancanza di una piena e più frequente onestà e trasparenza, gli utenti faticano a comprendere quanto sia complesso creare un videogioco. God of War ha chiesto cinque anni di sviluppo; ci hanno lavorato centinaia di persone ed è costato decine di milioni di dollari.
Il game director di God of War, Cory Barlog, e il game director di God of War Ragnarok, Eric Williams, hanno spiegato che il prossimo gioco chiuderà la saga norrena perché spendere 15 anni per una trilogia (cinque anni per ciascun capitolo) è impensabile, secondo loro. "Sarebbe stato semplicemente troppo lungo", ha detto Barlog.
In particolare, ho trovato fondamentali le parole che proferì Barlog nel 2019, qualche mese dopo il debutto di God of War su PS4. Le ho trovate centrate perché mostrano in maniera chiara e netta quanto possa essere stancante creare un videogioco e quanto sia difficile farne uno, in particolare, così grande e che coinvolge così tante persone.
"Ogni gioco a cui ho mai lavorato e ogni gioco di cui mai parlerò è brutto come l'inferno finché non è più brutto" ha detto, per esempio. Riferendosi al fatto che un videogioco arriva a completamento soltanto pochi mesi prima del lancio: prima è un conglomerato di pezzi montati insieme grossolanamente; non ha la finitura di un prodotto completo (e tanti giochi non ce l'hanno nemmeno una volta usciti, vedasi Cyberpunk 2077 o Assassin's Creed Unity).
Un'altra frase che, per me, devi segnarti: "Per il 50 per cento del tempo, il 50 per cento delle persone non sta supportando la tua idea". Barlog in questo caso si riferisce alla difficoltà di allineare tutte le persone sullo stesso obiettivo: alcuni non saranno convinti di ciò che il team sta facendo, che sia una nuova missione o un approccio diverso dai precedenti.
Nel caso di God of War, per esempio, è stato l'inserimento del figlio del protagonista, che aiuta nelle battaglie e nella risoluzione degli enigmi, che ha previsto dinamiche a cui Sony Santa Monica non aveva mai lavorato e per cui sono servite figure esperte in questa materia. Figure che Sony ha faticato a trovare fino a sviluppo inoltrato: per qualche tempo, la presenza del figlio del protagonista avrebbe potuto essere rimossa da un momento all'altro.
Infine, Barlog ha riassunto cosa vuol dire portare avanti un progetto videoludico: "È stancante. È stressante. Ci sono un sacco di dubbi e un sacco di preoccupazione. E questo per ogni progetto".
Ecco perché i "more of the same": dopo che centinaia di persone hanno speso cinque anni a realizzare tutto, è impensabile che il capitolo successivo possa rifare tutto da capo - dalle animazioni ai modelli dei personaggi e le meccaniche di gioco.
Twitch contro YouTube
Un paio di articoli del Washington Post hanno riassunto lo stato della battaglia commerciale fra Twitch e YouTube per assicurarsi gli streamer più popolari e, soprattutto, il tempo che gli utenti passano a vedere in diretta altre persone che giocano.
Recentemente, due volti molto popolari di Twitch (Ben "DrLupo" Lupo e Tim "TimTheTatman" Betar) sono passati a trasmettere in esclusiva su YouTube. A giudicare dalle parole di Lupo ("sono a posto per la vita") il fattore economico ha giocato un ruolo rilevante nella decisione di lasciare Twitch.
Due, secondo me, le cose importanti:
Twitch non sembra aver sentito l'impatto. Semplicemente perché seppur popolari DrLupo e TimtheTatman rappresentavano lo 0,3% delle visualizzazioni complessive su Twitch;
lo spostamento su un'altra piattaforma non implica anche il travaso dell'intero pubblico. Gli utenti più affezionati seguono gli streamer ovunque vadano, mentre altri (la maggior parte) rimangono su Twitch perché si trovano bene con Twitch; quindi, trovano un'altra persona da seguire che trasmette lo stesso gioco. Ashley "Ashnichrist" Christenson ha commentato che "sei più un parafulmine all'interno della grande comunità di Twitch che può attirare alcune persone all'interno di tale spazio".
[In tal senso, ho trovato interessante una recente puntata della newsletter di Valerio Bassan, nel quale parla di quanto sia importante non focalizzarsi su una sola piattaforma: perché quel pubblico sarà della piattaforma, che potrà decidere quando togliertelo.]
Secondo la ricostruzione del Washington Post, un ulteriore fattore che ha pesato sulla scelta di passare a YouTube è la strategia commerciale di Twitch: puntare sulle pubblicità, che interrompono però la trasmissione per qualche secondo e quindi sono malviste dagli streamer. I nuovi contratti, inoltre, erano meno ricchi di quelli precedenti per una quantità di lavoro quasi uguale. Tieni a mente che YouTube trattiene il 30% dei ricavi; Twitch il 50%.
Da parte sua YouTube, che per ora resta molto dietro a Twitch quando si parla di dirette di videogiochi, ha un altro vantaggio: i video restano lì e possono continuare a monetizzare anche se il creatore di contenuti non è online.
The Vale: Shadow of the Crown è un'esperienza da provare
The Vale: Shadow of the Crown è un gioco pensato per essere accessibile, specialmente per gli ipovedenti: non ha una grafica; il gioco è totalmente basato sull'audio e sull'uso di pochi comandi sulla tastiera. È un'avventura fantasy in cui la protagonista è una principessa cieca, che può affrontare missioni secondarie e interagire con altri personaggi e deve viaggiare nel regno per ritrovare la sua famiglia. Puoi immaginarlo come un audio libro interattivo.
Inoltre, è una delle esperienze più intriganti che abbia mai provato.
The Vale mi ha colpito subito e mi ha fatto anche riflettere molto. Come detto, il gioco non ha alcuna grafica, proprio per simulare l'esperienza di chi non può vedere: la schermata di gioco è nera con alcuni piccole luci che sono solamente estetiche. Perciò i requisiti sono anche molto bassi e gira facilmente su un computer portatile privo di una scheda grafica dedicata e non recente.
Per sopperire alla mancanza di grafica e permettere comunque a chi gioca di capire cosa sta succedendo, il gioco sfrutta l'audio binaurale (se hai giocato Hellblade, sai di cosa sto parlando) per far percepire la distanza e la direzione da cui provengono i suoni. Così facendo è possibile combattere, muoversi verso un obiettivo e persino usare un arco.
I comandi sono pochi (W, A, S e D per muoversi e per parare i colpi; le frecce per attaccare e la barra spaziatrice per usare l'arco) e le meccaniche di gioco sono limitate: non ci sono enigmi e le missioni sono molto semplici. I combattimenti stessi sono assimilabili a un gioco di ritmo che a un'avventura 3D. Eppure, l'esperienza è molto coinvolgente nonché davvero interessante.
L'ho giocato a occhi chiusi, per evitare che gli elementi della mia stanza mi distraessero. E mi sono immerso in un mondo fantasy che ricostruivo nella mia mente man mano che camminavo fra i villaggi, interagivo con i mercati, combattevo i briganti e cacciavo gli animali.
L'aspetto più affascinante di The Vale è proprio questo. Esattamente come quando leggi un libro e provi a visualizzazione la scena e quella scena è soltanto tua e sarà diversa da quella visualizzata da chiunque altro, The Vale ti permette di creare un'esperienza visiva che è molto più personale di tanti videogiochi che vantavano una grafica complessa.
Ciò mi ha fatto inoltre riflettere sul peso che diamo alla grafica per entrare in un altro mondo: The Vale riesce a essere un'esperienza completa (sebbene un po' limitata nelle dinamiche) nonostante sullo schermo ci sia unicamente una schermata nera. Basta chiudere gli occhi.
La storia con i videogiochi
Uno dei giochi che più mi ha colpito è stato 1979 Revolution: Black Friday, che racconta la rivoluzione iraniana avvenuta nello stesso anno. Mi colpì, quando dovetti recensirlo, perché era riuscito a catturare le difficoltà morali di una situazione complessa e a farmela vivere nelle sue sfaccettature senza provare a suggerire una risposta semplice a eventi che semplici non sono.
Soprattutto, mi aiutò perché non sapevo niente della rivoluzione iraniana del 1979.
Lo stesso scopo (far conoscere eventi storici alle nuove generazioni tramite un'esperienza interattiva) è alla base di The Light in the Darkness, gioco di cui ho scoperto l'esistenza da un articolo dell'edizione internazionale su Wired e sviluppato da Luc Bernard.
È ambientato nel 1942 e racconta le drammatiche vicende di una famiglia francese di origine ebraica e di ciò che ha passato durante il rastrellamento del Velodromo d'Inverno (un altro evento storico che non conoscevo).
L'obiettivo del gioco, per il cui sviluppo Bernard è affiancato da Joan Salter, sopravvissuta all'Olocausto, è di "creare empatia, in modo da essere storicamente accurato senza sbatterla in faccia alle persone. Stai mostrando quanto è complesso" ha sottolineato Salter. Inoltre, mira ad avere lo stesso impatto che ebbe il film "Schindler's List".
Per loro natura i videogiochi possono stabilire un collegamento fra l'utente e ciò che sta avvenendo sullo schermo, aumentando il coinvolgimento che permette di avere uno sguardo molto più vicino a vicende che hanno segnato la storia recente.
Comprare Diablo II: Resurrected o no?
Nella scorsa puntata io e Claudio Magistrelli (se te la sei persa, recuperala) abbiamo parlato di quanto sia complesso parlare di boicottaggio ai videogiochi quando un'azienda viene accusata di aver creato un ambiente di lavoro discriminatorio oppure un suo dirigente palesa posizioni perlomeno discutibili.
Intervistato da Axios, il direttore del design di Diablo II: Resurrected (rifacimento di Diablo II), Rob Gallerani, ha detto che il pubblico deve "fare ciò che sente sia giusto" quando valuterà se comprare o no il gioco.
Alcuni utenti hanno infatti suggerito di boicottare i prodotti di Activision Blizzard, produttore di Diablo II: Resurrected, per manifestare il proprio dissenso verso la società, accusata di sessismo e discriminazioni. Alcuni dipendenti, però, hanno chiesto di non farlo: pur apprezzando il sostegno, ciò rischia di avere un impatto sugli stessi lavoratori di Activision Blizzard, che rischiano, per esempio, di non ricevere bonus legati alle vendite o di essere licenziati.
Il primo gioco su TikTok
Su TikTok ci sono anche i videogiochi, ora. Il primo si chiama Sway Stories ed è stato sviluppato da Playco, che già vanta esperienze di giochi istantanei (instant games) su piattaforme come Messenger, Zoom (sì, quello delle videoriunioni) e Snapchat.
In breve, i giochi istantanei possono essere fruiti direttamente da un'applicazione di messaggistica. Puoi immaginarli come una versione moderna dei minigiochi che potevano essere giocati su MSN Messenger anni fa. Oggi sono un po' più eterogenei, ma le dinamiche sono comunque molto semplici.
Nel caso di Sway Stories, la protagonista sta cercando di farsi strada nel settore dei creatori di contenuti su TikTok. All'utente spetta il compito di scegliere alcune opzioni come le risposte ai dialoghi inclusi.
È un'esperienza estremamente semplice, il cui principale vantaggio è quello di inserirsi in una piattaforma molto usata e proporre meccaniche estremamente semplici.
Questo tipo di giochi, inoltre, permette alle aziende di evitare le beghe con i negozi di app gestiti da Apple e Google.
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Le altre notizie in breve
In Italia Nintendo Switch costa 30 euro in meno rispetto a prima.
Sono uscite le recensioni di Deathloop: è piaciuto molto.
Sono state rese note le candidature per i premi italiani degli esport, a cui ho contribuito anch'io in quanto parte della giuria: eccole. Puoi votare per il People's Choice Award per eleggere il gioco preferito dal pubblico.
A 81 anni è morto il creatore dello ZX Spectrum, Clive Sinclair.
Sony sta cercando persone per lavorare su giochi mobile all'interno di un nuovo gruppo all'interno dei PlayStation Studios.
Come parte della sentenza, Epic Games ha pagato 6 milioni di dollari ad Apple.
È uscito un importante aggiornamento per PS5. E anche per Nintendo Switch.
Dying Light 2 è stato posticipato al 4 febbraio 2022. Total War: Warhammer 3 invece è stato rimandato a un generico inizio 2022. Battlefield: 2042 ritarderà di un mese e uscirà il 19 novembre.
Gearbox Software sta sviluppando un nuovo gioco della serie Brother in Arms.
Activision Blizzard è stata denunciata di nuovo, questa volta per presunte pratiche intimidatorie nei confronti dei dipendenti che volevano discutere apertamente delle differenze salariali e di altri problemi sul posto di lavoro.
È iniziata su Kickstarter la raccolta fondi per Bud Spencer and Terence Hill Slaps and Beans 2. Per ora sono stati raccolti 40.500 euro sui 220.000 necessari.
Digital Bros, proprietaria di Avantgarden (ex Ovosonico) e Kunos Simulazioni, è diventata co-proprietaria di uno studio di sviluppo in Quebec, in Canada: si chiama Nesting Games e sta realizzando un gioco di ruolo.
Qualche notizia finanziaria:
Lo sviluppatore di Splitgate, 1047 Games, ha raccolto 100 milioni di dollari. Con tale finanziamento, 1047 Games è valutata a 1,5 miliardi di dollari;
L'editore TinyBuild ha acquisito Bad Pixel per 17,1 milioni di dollari;
L'indiana Mobile Premier League, che propone tornei di giochi mobile dove si possono vincere soldi veri, ha raccolto 150 milioni di dollari e ora vale 2,3 miliardi di dollari;
Discord ha raccolto 500 milioni di dollari ed è stata valutata 15 miliardi di dollari;
Elodie Games, fondata nel 2019, ha raccolto invece 32 milioni di dollari.