Sony ha comprato Bluepoint ma per non fare altri remake
Questa settimana ho riflettuto sull'uso della prima persona singolare nelle recensioni e, più in generale, negli articoli che trattano i videogiochi da vicino (editoriali e riflessioni, soprattutto).
È una tecnica che vedo usata tantissimo all'estero e molto meno in Italia. L'ho fatta mia anche in questa newsletter e per un banale motivo: sono l'unico che la scrive; perciò sarebbe stato stupido usare la prima persona plurale come si fa sui giornali, per esempio, al fine di far credere al lettore che il lavoro sia stato fatto da più persone e non solo da chi sta firmando l'articolo (situazione che capita, ma raramente: e in tali casi, viene co-firmato).
Tale meccanismo vale anche per le recensioni. Il segreto di Pulcinella, però - anzi, non so nemmeno se possa essere definito come tale - è che le recensioni di videogiochi le scrive una persona sola, la stessa che ha ricevuto il codice, ha installato il gioco e ha investito molte ore delle sue giornate per entrare in quel mondo virtuale. Lo stesso vale per gli editoriali, gli approfondimenti e gli articoli di opinione.
L'uso della prima persona - e lo noto io per primo in questa newsletter - ha una forza e una debolezza. La prima: ti consente di addentrarti in quello che è il tuo sentire, il tuo vissuto (professionale e personale) e la tua visione. Non è un caso che i migliori articoli di videogiochi che leggo siano scritti in prima persona: perché solo così può emergere il modo in cui un videogioco ha toccato (negativamente o positivamente) quella specifica persona. Solo così è possibile trasmettere la complessità del videogioco: un'esperienza incompleta finché non viene aggiunto quell'ultimo pezzo, ossia l'utente.
La (presunta) debolezza della scelta di usare la prima persona singolare è che rende quell'articolo "solo" un punto di vista. E nell'era delle recensioni "oggettive" - ne parliamo un'altra volta - come può un punto di vista dare forma a un'analisi critica oggettiva? Come può una sola persona ambire a rappresentare una pluralità di sensazioni, addirittura innalzandosi come propositore di una valutazione oggettiva?
Questioni di scelte editoriali, come sempre. La prima persona plurale è una scelta radicata e facile proprio perché protegge, in un certo senso, chi firma gli articoli. Allo stesso tempo è la rappresentazione della mancanza di coraggio del settore dell'informazione videoludica: per dire cose interessanti (a prescindere da quanto poi risuonano con la sensibilità dei lettori) bisogna metterci la faccia. E la prima persona singolare.
Massimiliano
Un'altra acquisizione di Sony
Sony ha annunciato l'acquisizione di Bluepoint Games, già sviluppatore di alcuni apprezzati rifacimenti e rimasterizzazioni di proprietà intellettuali di Sony o di altri giochi pubblicati solo su console PlayStation, fra cui Shadow of the Colossus, Demon's Souls e Uncharted.
In realtà, l'acquisizione era già stata suggerita mesi fa quando, anziché condividere l'immagine che doveva accompagnare l'annuncio dell'acquisizione di Housemarque, casa di sviluppo di Returnal, l'account Twitter giapponese di Sony aveva pubblicato l'immagine di benvenuto a Bluepoint. Allora si parlò ufficialmente di un errore; ma nessuno crea una grafica personalizzata così dal nulla: per cui questo annuncio non ha sorpreso nessuno. Per altro, Bluepoint (come già Housemarque) lavora con Sony da anni, perciò questa operazione formalizza un rapporto già presente.
Curiosamente, sembra che il prossimo progetto di Bluepoint non sarà un rifacimento di un'altra serie di Sony. In un'intervista rilasciata all'edizione internazionale di IGN, Marco Thrush, presidente di Bluepoint, ha detto che "stiamo lavorando su un contenuto originale" e ha sottolineato che la società ha le carte in regola per riuscirci e la mentalità necessaria e che con il supporto di Sony sono ora pronti a dimostrare di saperlo fare.
I giochi di Netflix non sono in streaming
In settimana hanno debuttato in alcuni Paesi, fra cui l'Italia, i primi videogiochi mobile di Netflix compresi nell'abbonamento. Sono inclusi tre esperienze "casual", quindi con meccaniche intuitive e semplici, non legate a nessuno dei contenuti audiovisivi del catalogo di Netflix, più due che erano già state pubblicate e ispirate a Stranger Things, popolare serie TV di Netflix.
Con mia sorpresa, inoltre, non sono in streaming: vanno scaricati dal Play Store (per ora non ci sono su iOS) e installati. Serve comunque un account Netflix per poterli eseguire. Pesano però poche decine di megabyte, soprattutto i tre originali.
I giochi sono: Stranger Things 1984; Stranger Things 3: The Game; Card Blast, Teeter Up e Shooting Hoops. Sono inclusi nell'apposita scheda "Giochi" dell'applicazione mobile. Non prevedono pubblicità né acquisti in-app.
A parte i due giochi di Stranger Things, come detto antecedenti a questa iniziativa, si tratta di esperienze molto semplici e intuitive, che hanno più in comune con Cut the Rope, per esempio, che con popolari produzioni mobile multigiocatore come Honor of Kings o PUBG. Infatti, a oggi i giochi su Netflix sono tutti a giocatore singolo. Netflix ha detto che questa è "la fase iniziale" dello sviluppo dei videogiochi; per cui bisognerà capire se vorrà spingersi ad approfondire le dinamiche dei suoi giochi o se resterà sulla superficie con giochi semplici da "ancora un livello e poi smetto".
Contemporaneamente al lancio dei suoi primi giochi, Netflix ha annunciato di aver acquisito Night School Studio, creatore di Oxenfree e Afterparty.
Un editore che vuole essere diverso
Kepler è un nuovo editore di videogiochi che ambisce a proporre "un modello unico e rivoluzionario" nei videogiochi. È fondato da sette studi di sviluppo (A44, Alpha Channel, Awaceb, Ebb Software, Shapefarm, Sloclap e Timberline) che sono quindi i co-proprietari. Se questi sviluppatori non ti dicono nulla (è normale), alcuni dei loro giochi in arrivo potresti conoscerli: Awaceb sta lavorando su Tchia, che si è visto al recente PlayStation Showcase; Ebb Software al gioco a tema dell'orrore Scorn, mentre Sloclap al gioco di arti marziali Sifu.
Il gruppo direttivo di Kepler è guidato dal fondo Kowloon Nights. Kepler ha già ricevuto 120 milioni di dollari nel primo turno di finanziamenti dalla cinese NetEase.
L'obiettivo è di creare un modello dove gli sviluppatori siano creativamente indipendenti, ma possano disporre in maniera organica e collaborativa delle risorse e dei guadagni finanziari altrui. In futuro Kepler intende accogliere ulteriori studi di sviluppo ed espandersi anche nei film e in altri media.
Tra il dire e il fare, però, c'è in mezzo un universo. Sulla carta sembra un modello affascinante; ma cosa succede quando uno dei sette sviluppatori inizia a perdere un sacco di soldi a discapito, quindi, della gestione complessiva?
Da una parte credo che sia interessante assistere alla volontà di testare nuove modalità di gestione all'interno degli editori di videogiochi.
Dall'altra, è l'evidenza che le piccole aziende faticano da sole e spesso l'unica soluzione è quella di raggrupparsi per non essere acquisite dagli produttori più grandi.
Scontro sul metaverso
Il metaverso è sulla bocca di tutti. Posso dirlo: se un anno fa sembrava un termine alieno, ormai è persino stucchevole. Facebook ha annunciato un fondo da 50 milioni di dollari per contribuire allo sviluppo e alla ricerca di contenuti per la realtà mista anche nell'ottica di sostenere il metaverso.
C'è un problema: sembra esserci un po' di confusione su cosa sia il metaverso anche fra chi ci sta investendo. O perlomeno su come ognuno vorrebbe che fosse per meglio assecondare i propri interessi e le proprie dinamiche commerciali.
Non sarà una versione più evoluta di Facebook con le pubblicità che immaginiamo oggi (le inserzioni o varianti più tecnologiche). "Il metaverso non sarà quello" ha detto il fondatore di Epic Games Tim Sweeney, intervistato dal Washington Post.
Sweeney ha fatto l'esempio del produttore di auto che vuole sponsorizzare il nuovo modello: non farà semplicemente un'inserzione digitale, ma includerà direttamente una riproduzione virtuale dell'auto affinché gli utenti possano guidarla e, insieme ad altri creatori di contenuti, realizzerà esperienze eterogenee per "assicurarsi che la sua auto sia giocabile in vari modi e che riceva l'attenzione che merita".
Naturalmente, Epic Games intende screditare la prospettiva di Facebook per avvantaggiare la sua di visione, concentrata sulla creazione di riproduzioni virtuali di oggetti reali (vedasi i "metahuman").
Il fatto che oggi non ci sia una visione chiara su come sarà il metaverso, per me, dice molto su quanto sia lontana come prospettiva. Serve, però, ad attivare le antenne degli investitori, che in una fase di magra della tecnologia (i social network non sono più una cosa nuova; gli smartphone neppure e sulle criptovalute bisogna fare attenzione) iniziano a percepire questo famigerato metaverso come qualcosa a cui ambire. Quindi, chi prima arriva si prende la prima infornata di investimenti.
Vecchi errori per nuovi giochi
Si è tornato a parlare di Project Galileo, gioco in sviluppo presso Jyamma Games, studio italiano. Il gioco è stato presentato alcuni mesi fa e al recente Tokyo Game Show 2021 ha proposto un breve filmato di anticipazione e svelato alcune collaborazioni celebri, fra cui il doppiatore Luca Ward, che ha narrato il video, e lo youtuber Michele Poggi, noto con lo pseudonimo di Sabaku no Maiku, che sarà "souls veteran QA".
Del gioco si sa molto poco. Il mio timore è che Project Galileo finisca come Baldo: un gioco incensato e paragonato a grandi produzioni e che invece, una volta pubblicato, è stato ben poco apprezzato.
Capisco il meccanismo di paragonare i nuovi giochi (italiani ed esteri) a opere già conosciute: permette di comunicare più facilmente le meccaniche di gioco che saranno incluse (o perlomeno promesse) e, soprattutto, serve a incuriosire le persone che possono avere già apprezzato giochi simili.
Allo stesso tempo, nel caso di Baldo tale scelta ha messo il gioco sullo stesso piano dei film di animazione dello Studio Ghibli e di serie videoludiche come The Legend of Zelda: ciò ha alzato di tanto l'asticella delle aspettative.
Ora Project Galileo viene definito "soulslike italiano", di fatto equiparando il titolo - di cui, ripeto, oggi conosciamo principalmente le intenzioni degli sviluppatori - a un capitolo della serie Souls di From Software, ma ambientato fra i bei borghi italiani: un sogno, insomma. Si dice già che è "promettente" sulla base delle intenzioni: belle, senz'altro, ma pur sempre intenzioni.
Il cerchio dell'hype non è fatto soltanto di anteprime, trailer gridati e indiscrezioni; ma è composto anche da queste espressioni che vengono fin da subito affibbiate ai giochi. Anche questo sistema alimenta speranze che quando non vengono esaudite al momento dell'uscita del gioco completo creano confusione nel lettore e ampliano la voragine che già c'è fra la stampa (italiana ed estera) e i lettori.
Il reparto marketing è ben contento di un simile approccio: del gioco se ne parla; gli utenti si interessano e magari lo comprano quando esce. Il ruolo della stampa - e ancora di più della critica - è un altro ed è informare con attenzione, scindere le notizie dalle non notizie e spiegare.
Perché Atari sta puntando di nuovi sui videogiochi a pagamento
Recentemente, Atari, nome storico nel mondo dei videogiochi, ha annunciato che riprenderà a pieno regime a creare videogiochi per console e PC. Considerato che il marchio si è un po' perso negli anni - ha puntato, per esempio, sui casinò online in Africa - ci si è chiesti perché abbia deciso di farlo.
"Perché è ciò per cui le persone ci conoscono" ha risposto Wade Rosen, amministratore delegato di Atari. "Anziché provare a reinventarci come compagnia televisiva o come operatore di casinò o tutte queste cose che non siamo, siamo conosciuti come produttore di videogiochi".
Ok, chiaro. Ma perché proprio i videogiochi per console e computer? "Il mondo dei giochi gratuiti sta diventando molto competitivo" ha ricordato Rosen. "Il ritorno [dell'investimento] per chi ce la fa sta crescendo sempre di più, ma la quantità dei virtuosi sta diventando ogni anno sempre più piccola. Se guardi i dieci giochi gratuiti più popolari di quest'anno, è probabile che nove su dieci siano gli stessi di cinque anni fa".
Per Rosen, inserirsi oggi nel giro d'affari dei giochi gratuiti, che basano i propri ricavi su abbonamenti e acquisti interni alle applicazioni, è complesso ed è "un modello di business completamente diverso". Creare giochi per console e PC, invece, "si allinea meglio con la nostra cultura e ciò che vogliamo offrire agli utenti e il tipo di giochi che vogliamo proporre".
Un altro gioco con gli NFT
Phantom Galaxies è un altro gioco che sfrutterà gli NFT (Non-Fungible Token) per far sì che i giocatori possiedano i vari oggetti virtuali che acquistano all'interno del gioco. Phantom Galaxies è un gioco fantascientifico dove i giocatori usano dei mech che possono trasformarsi in astronavi. Uscirà nel 2022 su console e PC, è prodotto da Animoca Brands, già dietro a un altro gioco che sfrutta blockchain e NFT chiamato The Sandbox, ed è sviluppato da Blowfish Studios.
Gli NFT sono oggetti virtuali la cui proprietà viene certificata da una blockchain, registro elettronico immutabile. Ciò significa che l'oggetto acquistato all'interno di un gioco diventa di proprietà dell'utente, che può scambiarlo o venderlo in cambio di criptovalute, che a loro volta possono essere convertite in una valuta come l'euro o il dollaro statunitense.
In una piccola comunità nelle Filippine, per esempio, il gioco Axie Infinity (che potrei descriverti come un matrimonio fra Pokémon e gli NFT) ha rappresentato l'unica forma di guadagno per molte persone a causa delle restrizioni per la pandemia: c'è un breve documentario su YouTube intitolato "Play-to-Earn" se vuoi approfondire.
Per ora i giochi che usano gli NFT sono una minoranza e Animoca Brands è un produttore che si sta focalizzando questo segmento. Considera che Animoca Brands non produce solo videogiochi, ma collabora con altre società, come Atari e Brinc, per la realizzazione di progetti legati alla blockchain o di programmi di accelerazione per le startup che vogliano puntare su questo settore.
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Da qualche settimana leggo la newsletter dello sviluppatore indipendente Rami Ismail, intitolata Levelling the Playing Field. Se vi interessa sapere come funziona lato sviluppatore (dal pitch agli editori alla gestione del proprio team), è fatta proprio bene.
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