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I danni della disinformazione sono chiari. Se ne parla talmente tanto che ho poco altro da aggiungere: non leggere giornali né connettersi a qualunque altra forma di comunicazione significa non essere collegati con il mondo circostante e non comprendere adeguatamente le dinamiche sottostanti all'evoluzione della società.
Si parla molto meno dei danni della cattiva informazione, che è infida per sua natura: perché una quota di quanto riportato è veritiera, ma il racconto è decontestualizzato, impreciso o fuorviante. Perciò, una notizia scritta male finisce per essere più dannosa della mancata notizia: un titolo volutamente esagerato, per esempio, può dare un'impressione sbagliata di una situazione; una notizia che manca di riferimenti non dà a chi legge gli strumenti per comprendere il contesto, la natura e persino il significato di qualcosa che è successo.
Quando una persona lascia un articolo informata peggio di prima che lo leggesse, l'informazione ha svolto il proprio compito in modo tanto sbagliato quanto la disinformazione che in teoria si prefigge di contrastare e innesca quelle dinamiche che alimentano il cattivo ricircolo delle informazioni.
La cattiva informazione nasce da una cattiva gestione del lavoro giornalistico; delle persone che compongono una redazione, che scrivono ogni giorno e che sarebbero demandate a verificare, correggere, filtrare e adeguare le informazioni che sottopongono, poi, alle persone. Il cattivo lavoro giornalistico nasce dalla mancanza di progetti che siano finalizzati prevalentemente all'informazione e non alla monetizzazione dell'attenzione; e quest'ultima, infine, nasce da un sistema economico che ha svilito l'informazione fino a renderla succube di algoritmi e SEO.
Un percorso che ha fatto perdere valore all'informazione, trasformando il risultato in una profezia autoavverante: l'informazione non viene supportata né sopportata più perché ritenuta colpevole di tanti errori e nel cercare di far tornare le persone a leggere ha perso il proprio ruolo e la propria identità.
Massimiliano
CD Projekt ha annunciato di star lavorando a sette giochi: cinque giochi basati su The Witcher, fra cui una nuova trilogia; il sequel di Cyberpunk 2077; e una nuova proprietà intellettuale non derivata da altre opere (com'è stato invece sia per The Witcher sia per Cyberpunk 2077).
La presentazione di CD Projekt ha dato una prospettiva per i prossimi 10-15 anni: basti pensare che il primo gioco della nuova trilogia di The Witcher non uscirà prima del 2025 e ci vorranno almeno altri sei anni per vederne la conclusione. Una finestra temporale che spazia ben oltre il 2031, quindi.
Attualmente CD Projekt sta lavorando all'espansione di Cyberpunk 2077 e alla versione di nuova generazione di The Witcher 3 e vanta circa 730 sviluppatori: come (e se) riuscirà a gestire a dovere sette ulteriori progetti (pur con il supporto di Molasses Flood, acquisita a fine 2021, e la fondazione di CD Projekt Red North America, suddivisa fra Vancouver e Boston) rimane una questione aperta.
L'atteggiamento tenuto da CD Projekt però non è isolato: sono molte le aziende che negli ultimi mesi hanno deciso di fornire una prospettiva di lungo termine sulle loro produzioni, seppur con scarsissimi dettagli. Anzi, alcuni di questi videogiochi si trovano in una fase concettuale (come la prossima IP di CD Projekt): di fatto non esistono ancora e l'azienda di turno sta lavorando sulla focalizzazione dell'idea sottostante al progetto. Giochi in fasi molto più avanzate sono stati stravolti o cancellati, per fare capire quanto possa ancora tutto cambiare.
Tale atteggiamento, per esempio, è stato tenuto da Remedy Entertainment quando nei mesi scorsi ha comunicato, in una presentazione finanziaria, l'attuale stato delle sue produzioni, che includono Codename Condor, Codename Heron e Codename Vanguard (quest'ultimo uno spin-off di Control): progetti che si trovano in una fase molto preliminare e che usciranno nei prossimi anni, ma di cui ancora non abbiamo visto niente.
Lo ha fatto anche Respawn Entertainment quando, confermando lo sviluppo del sequel di Star Wars Jedi: Fallen Order, ha parlato di altri due progetti (per ora senza un titolo) legati allo stesso universo. Lo ha fatto EA Motive quando ha svelato di star lavorando a un gioco basato sul personaggio di Marvel Iron Man, che al momento è in pre-produzione.
E lo ha fatto Ubisoft quando, nelle scorse settimane, ha annunciato che oltre ad Assassin's Creed: Mirage, che arriverà nel 2023, sta sviluppando altri giochi di Assassin's Creed ambientati in varie regioni, fra cui Cina e Giappone feudale. Tutti progetti che vedremo chissà quando.
Chiariamo: non è niente di davvero inedito.
In più occasioni le società si sono esposte confermando la produzione di un gioco per placare le speculazioni o anche semplicemente per far contenti gli appassionati e cavalcare l'hype. Anche quando, poi, non si è concretizzato niente:
Agent di Rockstar Games venne presentato con un logo e mai più visto;
Beyond Good and Evil 2 è stato mostrato una prima volta nel 2008 e ancora lo stiamo aspettando;
all'E3 2018 Bethesda ha confermato la produzione di The Elder Scrolls 6, pur conscia che non sarebbe stato pronto prima di tanti anni. Nel 2020 Pete Hines, vicepresidente senior per il marketing e le comunicazioni globali di Bethesda Software, riferì che ci sarebbero voluti "anni" prima di avere dettagli sul gioco, mentre nei mesi scorsi Todd Howard, direttore esecutivo di Bethesda Game Studios, ha specificato che il prossimo The Elder Scrolls è oggi in pre-produzione. Ah, nel frattempo Bethesda ha confermato Fallout 5, che arriverà dopo The Elder Scrolls 6: evidentemente sono fatti così.
E i giochi da citare coinvolgono anche Metroid Prime 4 di Nintendo, Everywhere di Build a Rocket Boy (che prima di farsi rivedere alla gamescom 2022 è stato per lungo tempo silente) o Everwild di Rare. Lo stesso Cyberpunk 2077 è stato annunciato nel 2013, molto prima che ci fosse qualcosa da mostrare.
Annunciare i giochi così presto, insomma, significa anche esporsi alla possibilità che tutto vada per il verso sbagliato.
A che pro, allora, farlo?
Nel 2014, intervistato da GamesIndustry, l'amministratore delegato di Gearbox Software Randy Pitchford spiegò che tale approccio permette di avviare una serie di attività collaterali, come cercare partner con cui lavorare. "Non si tratta solo di attirare futuri consumatori, ma di comunicare qualcosa riguardo all'impegno verso l'industria stessa", disse. "Quando il progetto che stai sviluppando è noto, alcune attività come le assunzioni o attirare partner di business o altre ancora diventano più facili rispetto a quando sei in silenzio radar".
Della stessa linea è Greg Street, capo designer di Riot Games. Fu dal suo profilo Twitter che a dicembre 2020 venne confermato che la società sta lavorando a un MMO basato su League of Legends: da allora non se ne sa nulla.
"L'annuncio è stato un'idea del nostro amministratore delegato", ha detto Street intervistato da PC GamesN lo scorso agosto. "Abbiamo ritenuto che avesse senso un annuncio di basso profilo che aiutasse con le assunzioni (abbiamo bisogno di molti veterani con esperienza negli MMO) e a esaltare i giocatori e perché abbiamo pensato che in ogni caso qualcuno avrebbe spifferato la sua esistenza".
Allo stesso tempo, Street ha riconosciuto che uno dei grandi rischi di annunciare così presto l'esistenza dei progetti - spesso persino prima che l'azienda sia certa di poterlo portare a termine - "è sostenere il momento. È difficile tenere i giocatori coinvolti ed esaltati per anni. Potrebbero diventare impazienti con la scarsità di informazioni o, peggio ancora, interpretare il normale ritmo di sviluppo come se qualcosa sia andato storto".
Street fa riferimento al fatto che annunciare prima del necessario i progetti non cambia che ci vogliono comunque anni per lavorarci a dovere: per cui, annunciare con così largo anticipo (pensiamo a The Elder Scrolls 6 confermato nel 2018 o a Metroid Prime 4 svelato nel 2017) può far passare l'idea che ci siano voluti sei, sette o più anni e quindi che ci siano stati problemi (a volte, però, è effettivamente così). E sono ben pochi i giochi che dopo uno sviluppo travagliato vengono pubblicati senza problemi qualitativi o tecnici: perciò il tanto tempo passato dall'annuncio a quando il gioco si vede viene percepito - ripeto: a volte giustamente - come un segnale di allarme rispetto al risultato finale.
Le ragioni che spingono le aziende ad annunciare i progetti così presto, quindi, possono essere riassunti in:
evitare che sia un leak a svelare, in anticipo rispetto ai piani, l'esistenza di un gioco. Ufficializzando un progetto in una fase così iniziale, pur con i rischi del caso, l'azienda prende possesso e controllo della sua comunicazione - sebbene non impediscano che materiale altro, com'è stato per il prossimo Grand Theft Auto, possa comunque trapelare successivamente;
iniziare ad assumere talenti - qualcosa che è sempre più difficile perché le aziende di videogiochi devono contenderseli con multinazionali come Alphabet, Apple, Meta e Microsoft - attirandoli specificando alcuni dettagli (o perlomeno la visione) del progetto;
far percepire agli investitori le ambizioni a medio e lungo termine.
CD Projekt, per esempio, arriva da un brutto lancio di Cyberpunk 2077. Seppur la serie animata su Netflix, Edgerunners, e i costanti aggiornamenti al gioco abbiano migliorato la sua reputazione, le azioni dell'azienda hanno raggiunto un picco di 443 zloty (circa 91 euro) a dicembre 2020: oggi ne valgono meno di un terzo.
Va sottolineata, comunque, una crescita del 41% nell'ultimo mese, sebbene da gennaio 2022 (quando valevano 200 zloty) le azioni di CD Projekt abbiano perso il 42%.
Dare una forma un po' più concreta alla direzione che seguirà nei prossimi 10-15 anni serve quindi a dare materiale agli investitori dopo due anni di difficoltà.
A voler vedere un lato positivo, tale atteggiamento aziendale stabilisce un tetto massimo alle aspettative. Come ho già scritto, si tende, erroneamente, a credere che tutto sia possibile; ma nel momento in cui un'azienda (che sia Ubisoft, che sia CD Projekt: indifferente) svela, pur a grandi linee, i progetti dei suoi prossimi 5, 10 o 15 anni di fatto sta dicendo: questo è quanto; non c'è niente di più.
Per cui, per esempio, sappiamo che CD Projekt farà dei giochi di The Witcher e il sequel di Cyberpunk e un'altra IP; e che Ubisoft sta lavorando a un Assassin's Creed in Medio Oriente, a uno in Giappone e a uno in Cina: si fermano qui le speculazioni sulle future ambientazioni.
Un approccio che, quindi, consente di limitare le aspettative (che quando esagerate non sono mai positive), nonostante nasca anche per far nascere da subito interesse ed esaltazione nei confronti di un prodotto che ancora non si è visto (e di fatto inizi così a nutrire le aspettative). Lo so: è un settore strano.
In breve
Giochi:
Alcune persone chiave che hanno contribuito al primo Disco Elysium - cioè il designer Robert Kurvitz, la scrittrice Helen Hindpere (forse la ricordi perché fu lei a parlare quando il gioco venne premiato ai Game Awards 2019) e il direttore artistico Aleksander Rostov - hanno lasciato l'azienda ZA/UM già alla fine del 2021. La notizia è stata comunicata da Martin Luiga, co-fondatore dell'associazione culturale ZA/UM, non direttamente coinvolta nello sviluppo del gioco ma che porta lo stesso nome, che ha anche annunciato lo scioglimento dell'associazione perché "non rappresenta più l'ethos su cui è stata fondata". Le tre persone coinvolte hanno poi confermato di non far più parte di ZA/UM attraverso il profilo Twitter di Rostov
Disco Elysium è più grande dei suoi creatori [Ben Sledge, The Gamer]
Company of Heroes 3 è stato rimandato al 23 febbraio
Il primo trailer del nuovo Need for Speed, che si chiamerà Need for Speed Unbound. Uscirà il 2 dicembre
Il primo trailer del film di animazione di Super Mario
Gli ucraini che stanno realizzando videogiochi sull'invasione della Russia [Edwin Evans-Thirlwell, The Guardian]
Supercell, meglio nota per Clash Royale e Hay Day, ha annunciato che cesserà lo sviluppo di Everdal, che aveva lanciato in alcuni Paesi, fra cui Singapore, Canada e Regno Unito (il cosiddetto "soft launch", molto frequente nel settore mobile), perché il gioco "non ha rispettato gli standard che abbiamo posto per noi e per i nostri giocatori". I server saranno spenti il 31 ottobre
Bloober Team ha annunciato che The Medium, pubblicato nel 2021, diventerà una serie TV
Sony aspetterà "almeno un anno" prima di pubblicare i giochi PlayStation su PC, ma ciò non varrà per i giochi live service, che saranno pubblicati contemporaneamente su entrambe le piattaforme, ha spiegato Hermen Hulst, responsabile dei PlayStation Studios
Aziende:
L'antitrust brasiliana (Conselho Administrativo de Defesa Econômica) ha approvato "senza restrizioni" l'acquisizione di Activision Blizzard da parte di Microsoft (qua c'è l'intero documento, naturalmente in portoghese). Ad agosto è arrivato l'ok dell'autorità saudita, la General Authority for Competition, ma mancano ancora importanti approvazioni, come quello della Commissione Europea, della Competitions and Markets Authority britannica e della Federal Trade Commission statunitense
Fandom ha annunciato di aver acquisito GameFAQs, GameSpot, Metacritic, Giant Bomb, Cord Cutters News e Comic Vine da Red Ventures, che a sua volta li aveva comprati nel 2020 da Viacom CBS come parte di CNET Media Group. Fandom è la piattaforma che ospita la maggioranza delle "wiki" - quelle pagine che ricordano Wikipedia e possono riguardare videogiochi o serie TV o altro ancora
Bandai Namco ha aumentato l'investimento nello studio tedesco Limbic Entertainment - il cui prossimo titolo, Park Beyond, è previsto nel 2023 - e ora possiede la maggioranza delle quote. L'operazione, leggo dal comunicato stampa italiano, è finalizzata ad "aumentare i contenuti, creando una percentuale significativa del proprio business fuori dal Giappone e ampliando anche il portfolio"
Esport:
L'organizzazione italiana IXI Legio parteciperà a dicembre al Call of Duty Challengers Open, evento facente parte del circuito competitivo ufficiale del gioco e basato su Modern Warfare 2
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