L'oceano blu
È un'espressione usata nel marketing per intendere uno spazio di mercato inesplorato. Le società di videogiochi continuano a cercarlo, con scarsi risultati
In marketing viene chiamato “oceano blu”. Il concetto proviene dal libro Blue Ocean Strategy, scritto da W. Chan Kim e Renée Mauborgne, e indica la creazione di un nuovo spazio di mercato incontestato. Insomma, un bacino inesplorato e redditizio.
Dalla parte opposta c’è “l’oceano rosso”: uno spazio di mercato che invece è saturo, pieno di concorrenza e dov’è più difficile trovare un proprio posto.
Ai tempi di Wii l’espressione oceano blu venne usata proprio per indicare come Nintendo, anziché inseguire PlayStation e Xbox, scelse di andare da un’altra parte e prendersi persone che o non giocavano da tempo ai videogiochi o non lo avevano mai fatto. Con una console economica, un modo di giocare nuovo ed esperienze, come Wii Sports, pensate per far giocare proprio chiunque.
Così Wii ha venduto 101 milioni di unità. Soprattutto, sono stati venduti 921 milioni di videogiochi, su Wii. Cinque volte quanto aveva fatto, sia per l’hardware sia per il software, GameCube la generazione precedente. Dopo anni che Nintendo, con il “vecchio” approccio, registrava cali di vendite per le console domestiche.
E oggi? Può ancora esistere un “oceano blu” in cui inserirsi nel mondo dei videogiochi?
Non è chiaro, ma è certo che le società lo stanno cercando. O se non lo trovano, provano a crearlo, questo oceano blu.
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