Giocare a essere il New York Times
"The New York Times Simulator" di Molleindustria è giocabile da browser e mostra un aspetto poco evidente ma influente del giornalismo
Dopo oltre mille licenziamenti, diversi studi chiusi e due venduti, il gruppo svedese Embracer ha concluso la sua ristrutturazione. Questa è cominciata a metà dello scorso anno, quando un accordo, forse con un soggetto saudita, non è andato a buon fine: ciò ha provocato una valanga, che ha travolto l’intera struttura del gruppo e ha spinto la dirigenza a ridurre i costi.
Più di recente sono state vendute Gearbox Software e Saber Interactive; ma sono stati chiusi Volition Studio, Campfire Cabal, Free Radical. Di Embracer fanno parte anche tre aziende italiane: 34BigThings, Milestone e Destiny Bit.
Nonostante un anno di riduzione, durante l’incontro con gli azionisti con cui l’amministratore delegato Lars Wingefors ha fatto queste dichiarazioni, si è tornato a parlare di acquisizioni. Non è stato lui a parlarne direttamente; ma gli è stato chiesto, in sostanza, quando Embracer riprenderà a valutare operazioni di fusione e di acquisizione.
La risposta, che riprendo da Rock, Paper, Shotgun, è stata: “Penso che sia troppo presto per iniziare a parlare di riavviare i motori delle operazioni di fusione e acquisizione di nuovo. Ora siamo nelle fasi finali delle valutazioni sul futuro del gruppo, e questo è il nostro obiettivo e la nostra massima priorità: come impostarci e strutturarci, e utilizzare le nostre risorse che abbiamo all'interno del gruppo, e farle lavorare insieme, e il modo in cui li sfruttiamo meglio lavorando insieme, utilizzando funzioni diverse, penso che questo sia il nostro obiettivo in questo momento, per aumentare la redditività e la generazione di flusso di cassa, semplicemente realizzando prodotti e giochi migliori."
Mi sono sorpreso, ma forse non avrei dovuto, che la risposta di Wingefors non sia stata più diretta. Ossia: ma come si può anche solo pensare di spendere soldi in ulteriori acquisizioni dopo mesi passati a licenziare e a chiudere a causa di un debito che andava risanato in qualche modo. E che ancora rimane, ma è stato alleggerito rispetto a un anno fa.
La risposta di Wingefors è stata accomodante: non è un “no”, ma un “dateci tempo”.
Non c’è la volontà di affermare un dato di fatto: che le recenti decisioni di Embracer sono state il risultato di valutazioni poco lungimiranti, di operazioni frettolose e di una struttura che ha - nel caso migliore - mostrato il fianco dopo essere stata colpita da un accordo che è saltato all’ultimo.
Non mi doveva sorprendere e pure lo ha fatto lo stesso.
Società come Embracer, come qualunque società quotata in borsa, non vedono l’ora di tornare a comprare, di tornare a spendere soldi in acquisizioni. Perché sono attività, queste, che danno fiducia agli azionisti: se un’azienda spende (e magari spande), lo fa perché crede che così diventerà ancora più grande, farà ancora più ricavi. In altre parole, lo fa perché crede che domani sarà migliore di com’è oggi: e il futuro è ciò che comprano gli azionisti.
Non c’è mai stato né evidentemente mai ci sarà un momento in cui Embracer ha detto/dirà “forse è il caso di rivalutare questa cosa delle acquisizioni dopo aver speso miliardi di euro e nonostante ciò non essere riusciti a concretizzare una struttura realmente solida”. La risposta invece è: aspettate, dateci tempo.
Non mi doveva sorprendere.
Massimiliano
La prima volta è solo un avvertimento: “Questo è un conflitto complesso. Prova ad aggiungere delle sfumature ai titoli. Una che ritrae Israele più favorevolmente ”, dice un’icona con il logo del New York Times con indosso un casco israeliano. La seconda volta invece viene chiusa la partita: “Il tuo pregiudizio anti-sionista non è migliorato. Non abbiamo altra scelta che terminare prima del previsto il nostro test”.
The New York Times Simulator è il nuovo videogioco di Paolo Pedercini, professore associato di arte alla Carnegie Mellon University che pubblica sotto l’etichetta Molleindustria. È ispirato al videogioco Republia Times di Lucas Pope, che mette in scena i compromessi del giornalismo di fronte alle minacce di uno stato dittatoriale, che sta tenendo in ostaggio la famiglia del direttore.
Non è certo la prima volta che Pedercini propone un’esperienza satirica, tesa a far riflettere su un dato argomento:
con Phone Story ha proposto un’esperienza su come gli smartphone vengono prodotti sfruttando il lavoro minorile;
con Unmanned ha sottolineato il contrasto fra la vita quotidiana di un operatore remoto di droni - la cui massima ferita fisica può essere tagliarsi radendosi la barba - e l’utilizzo di missili contro gli obiettivi segnalati sul campo: per esprimere la distanza fra il lavoro e il suo effetto finale;
con Lichenia, invece, ha sfruttato un’esperienza gestionale per mostrare gli effetti dell’attività dell’uomo sull’ambiente - in quest’epoca che forse chiamiamo Antropocene o forse no.
In The New York Times Simulator - gratuito e giocabile da browser - l’obiettivo è superare un breve periodo di prova come editor-in-chief del quotidiano facendo aumentare il numero di abbonati ed evitando, allo stesso tempo, di scrivere notizie troppo antagoniste verso tre gruppi: i ricchi, la polizia e Israele. Quando il livello di approvazione di uno qualunque di questi tre gruppi scende sotto al livello minimo, la partita finisce.
Lo scopo principale è evidenziare i meccanismi del framing delle notizie, spesso nascosti. Si tratta del modo in cui i giornali possono inquadrare diversamente le storie che raccontano cambiando i titoli, magari scegliendo una forma passiva a una attiva in modo da ridurre l’enfasi su certi aspetti. O magari rendere meno colpevole qualcuno.
Così un titolo come “‘Follia totale’: Israele blocca i rifornimenti alimentari mentre altri bambini a Gaza muoiono di fame” viene trasformato in “Tre ragioni per cui gli abitanti di Gaza non stanno ricevendo più aiuti”. Stessa storia, prospettiva diversa.
Oppure “I manifestanti di Black Lives Matter vincono una sentenza storica da 13 milioni di dollari contro la brutalità della polizia” può diventare “New York pagherà 13 milioni di dollari a causa delle azioni della polizia alle proteste su George Floyd”.
(A tal proposito, segnalo che di recente ha trattato l’argomento
nella sua newsletter.)
In The New York Times Simulator bisogna di volta in volta modificare la prima pagina aggiungendo le nuove notizie e si può scegliere di cambiare il titolo per provare a essere più equidistanti dai fatti. Magari ammorbidendo una responsabilità diretta o togliendola del tutto.
La lista intera dei titoli e delle loro alternative è stata pubblicata da Pedercini, che ha fatto riferimento a vere modifiche fatte non solo dal New York Times, ma anche da altri grossi quotidiani statunitensi, come il Wall Street Journal, e si è affidato a varie risorse che monitorano le modifiche ai titoli dei giornali.
“In origine volevo fare dei titoli che fossero una parodia ma non mi è venuto in mente niente di più spudorato e artificioso di ciò che esiste davvero”, ha spiegato Pedercini in un articolo con cui descrive The New York Times Simulator.
Il messaggio satirico è chiaro.
“Il New York Times ha la reputazione di essere il giornale mainstream più liberale e indipendente (il Wall Street Journal è la voce di Wall Street, il Washington Post è proprietà di Jeff Bezos), eppure ha dimostrato di avere un pregiudizio marcato sulla questione palestinese o sulla copertura di notizie che riguardano il crimine o la condotta della polizia”, spiega a Insert Coin Pedercini via email. “All'inizio volevo rendere la testata intercambiabile, ma avrebbe reso l’identità del gioco più confusa. Il contesto è fittizio in un certo senso perché le notizie non sono in ordine cronologico e sono spesso parafrasate per renderle più comprensibili fuori dal periodo di pubblicazione”.
Se condividete Insert Coin e altre persone si iscrivono, ricevete dei premi, fino a tre mesi di abbonamento alla newsletter.
La ricerca assoluta dell’obiettività di quotidiani come il New York Times o la britannica BBC li porta spesso a trattare le questioni in modo da non dare un giudizio definitivo e a inquadrare la questione in modo tale che siano esposte le posizioni di tutte le parti coinvolte. Si tratta di un metodo di lavoro che affonda su radici importanti: a volte non è ancora stato verificato un fatto o la situazione è confusa e quindi dire “è stato quello” o “è stato quell’altro” è prematuro.
Ciò non sempre, però, corrisponde a presentare la verità.
“I principali giornali statunitensi hanno enfatizzato in modo sproporzionato le morti israeliane nel conflitto; hanno usato un linguaggio emotivo per descrivere le uccisioni di israeliani, ma non di palestinesi; e hanno offerto una copertura sbilanciata degli atti antisemiti negli Stati Uniti, ignorando in gran parte il razzismo anti-musulmano sulla scia del 7 ottobre”, ha scritto The Intercept, in un articolo pubblicato il 9 gennaio scorso, dopo aver analizzato quanto scritto da alcuni grandi quotidiani statunitensi. “Gli attivisti filo-palestinesi hanno accusato le principali pubblicazioni di pregiudizi filo-israeliani, con il New York Times che ha assistito alle proteste nella sua sede di Manhattan per la sua copertura di Gaza – un’accusa supportata dalla nostra analisi”.
L’inclusione di Israele e della polizia in The New York Times Simulator è legata più all’attualità, mentre i ricchi sono un gruppo di potere storico, ha spiegato Pedercini, facendo riferimento alle idee sulla propaganda nei mass media di Edward S. Herman e Noam Chomsky.
“I ‘ricchi’, ovvero le élite economiche, sono la principale forma di influenza sulla stampa”, dice. “I media fanno parte di conglomerati a scopo di profitto e dipendono in parte da inserzioni pubblicitarie di altre aziende. Secondo Chomsky e Herman nella ‘Fabbrica del Consenso’ i giornali non vendono le notizie ai lettori, sono i lettori a essere venduti agli inserzionisti. Capitalisti come Bezos, o varie famiglie e gruppi d'affari, mantengono giornali per influenzare l'opinione pubblica e i rappresentanti politici. Ovviamente non sono i capitalisti a scrivere o censurare le notizie personalmente, è più una questione di selezione a lungo termine. I giornalisti che vengono assunti, che sopravvivono, e che fanno carriera sono organicamente (e genuinamente) allineati con gli interessi dei loro padroni. Inoltre la versione domestica del New York Times è ancora legata a un lettore benestante newyorchese che vive isolato nella sua bolla di privilegio. Le notizie di ‘lifestyle’ nel gioco (tutte vere) prendono in giro questa figura”.
Nel videogioco di Pedercini, quando i lettori fittizi commentano dicendo che, per esempio, ci sono troppe notizie sul mondo o sui crimini, allora si può inserire una notizia sulle tendenze della moda o su un nuovo hotel a Roma o sui cocktail. Come a distrarre dai reali problemi dell’attualità.
“Il governo, il Pentagono, o i servizi segreti sarebbero stati una scelta più ovvia e sempreverde”, va avanti. “In tutti questi casi, la loro influenza è dovuta al fatto che i giornali dipendono da fonti istituzionali per una grande quantità di notizie internazionali, di cronaca, e dal fronte. Quindi non si possono permettere di inimicare troppo queste istituzioni”.
Semplificato, ma non meno efficace
In The New York Times Simulator l’intera esperienza è molto velocizzata e portata ai minimi termini per simulare, in modo approssimativo, il quotidiano flusso delle notizie e soprattutto come il loro consumo sia molto accelerato al giorno d’oggi: una storia è “vecchia” in molto meno tempo di quanto lo fosse decenni fa.
Un approccio sicuramente semplicistico al “framing” delle notizie, alla composizione della prima pagina e a come vengono scritti i titoli ogni giorno e che rischia anche di far passare che ci sia sempre e solo un preciso intento propagandistico; ma un approccio che è coerente con lo stile caricaturale di The New York Times Simulator.
“Certo, i titoli vengono scritti e cambiati per varie ragioni, e a volte sono vaghi e sembrano tendenziosi solo perché i fatti non sono confermati o perché i giornali devono seguire delle guidelines di stile e linguaggio”, sottolinea Pedercini. “Se avessi voluto fare un simulatore ‘vero’ con l'intento di educare sul lavoro editoriale avrei introdotto più meccaniche e fattori, avrei fatto più ricerca e così via. Ma il gioco è satira e fa una caricatura di un aspetto molto specifico dell'informazione in questo momento”.
Una satira che non punta a screditare specificamente il New York Times, bensì a far comprendere, innanzitutto, il framing delle notizie e come cambiare poche parole possa influenzare la percezione di un fatto. Affermare in un titolo, per esempio, che “dei manifestanti sono stati coinvolti in uno scontro” o che “la polizia ha colpito dei manifestanti” racconta lo stesso fatto: ma con modalità e prospettive molto differenti.
“Ogni titolo ha un effetto positivo, negativo o neutrale su uno dei gruppi”, dice Pedercini di The New York Times Simulator. “Puoi interiorizzare la prospettiva di questi gruppi e giocare a massimizzare la loro approvazione, oppure puoi cercare di fare del tuo meglio, introducendo notizie che incrementano i livelli di approvazione se sono troppo bassi. Il secondo approccio è secondo me più analogo a ciò che succede in realtà. Vedi spesso un mix di opinioni e posizioni sulle pagine del New York Times”.
Come le altre produzioni di Molleindustria, The New York Times Simulator è breve e focalizzato, costruito attorno a un messaggio allo scopo di far riflettere. L’uso del videogioco come interpretato da Molleindustria è uno dei più importanti anche se meno evidenti: come mezzo di informazione, divulgazione e cultura nella sua unicità, per raccontare qualcosa - in questo caso i quotidiani statunitensi - come solo il videogioco permette di fare. E in circa 10-15 minuti riesci a essere più efficace di lunghi discorsi sul framing e su cosa comporta e come lavorano i quotidiani.
The New York Times Simulator, quindi, riesce in pochi minuti a mettere in luce, e rendere avvicinabile a più persone, un tema quanto mai rilevante: come i giornali influenzano la realtà - e la percezione della realtà - attorno a loro. A volte per esigenza e a volte per convenienza.
Che a farlo sia un videogioco lo trovo molto interessante nonché un’ulteriore dimostrazione di quanto importante sia l’attività che Molleindustria svolge ormai da anni per disvelare ciò che questo mezzo può fare e cosa può dire, quando si toglie di dosso la patina commerciale.
Le altre notizie, in breve
Nuovi licenziamenti
Ubisoft ha licenziato 45 persone nelle sedi asiatiche, mentre Certain Affinity, studio di supporto che ha lavorato a produzioni come Halo Infinite e Hogwarts Legacy, ha licenziato 25 persone, cioè il 10% del personale. Invece Relic Entertainment, sviluppatore di Company of Heroes da poco divenuto indipendente da SEGA, ha licenziato 41 persone, citando la “volatilità dell’industria” come causa.
I numeri del settore PC e console
La società di analisi Newzoo ha pubblicato un nuovo rapporto sul consumo di videogiochi su PC e console nel 2023: la spesa è salita del 2,6% a 93,5 miliardi di dollari, di cui il 57% derivante dalle console. Un elemento interessante: il 60% del tempo sui videogiochi su console e PC lo scorso anno è stato speso su videogiochi di sei o più anni fa. Il riferimento è a videogiochi online continuamente espansi, come Fortnite o Minecraft o League of Legends. Invece il 23% del tempo è stato speso su videogiochi sul mercato da al massimo due anni.
Star Wars: Eroi della Galassia arriva su PC
Electronic Arts ha annunciato che Star Wars: Eroi della Galassia, da anni disponibile su dispositivi mobile, sarà pubblicato anche su PC. Il gioco è molto popolare e alla fine del 2021 aveva già superato 1,4 miliardi di dollari di ricavi. Entro la fine dell’anno sarà organizzata una beta chiusa.
Una piattaforma di video in streaming sui videogiochi
Video Game Party ha aperto VGP Play, piattaforma gratuita dove sono presenti dozzine di video originali. Sono presenti, fra le altre cose, interviste a figure storiche del settore - come Nolan Bushnell (co-fondatore di Atari), Jason Rubin (co-fondatore di Naughty Dog) e David Crane (creatore di Pitfall) - oltre a sezioni dedicate a sviluppatori giapponesi, sviluppatrici, anche italiane, e a momenti chiave della storia dei videogiochi. In futuro arriveranno ulteriori contenuti.
Ancora più in breve
Dragon’s Dogma 2 ha venduto 2,5 milioni di unità dal lancio del 22 marzo. Come riferimento, il precedente ha venduto un milione di copie in circa un mese
Atari ha comprato i diritti per Rollercoaster Tycoon 3 per circa 7 milioni di dollari
Il co-fondatore di Ninja Theory (Hellblade), cioè Tameem Antoniades, ha lasciato lo studio
Da leggere
In 8 anni Stardew Valley non ha mai perso di vista la sua filosofia centrale - Carli Velocci, Polygon
Dieci anni dopo, l’acquisizione di Oculus da parte di Facebook non ha cambiato il mondo come previsto - Brian Heater, TechCrunch
Scoperto ieri 'sto gioco e amato subito tantissimo, pur nella sua semplicità è perfetto per raccontare il fenomeno del framing.