Spiegarsi i licenziamenti in Xbox
The Initiative è stata chiusa. Tre giochi cancellati. Veterani che se ne vanno. Ma che cavolo è successo?
C’è un nuovo Donkey Kong in arrivo. E questo, lo sapevamo da tempo, visto che Nintendo ha usato Donkey Kong Bananza come una delle leve per il lancio di Switch 2. Quello che non sapevamo era chi ci stesse lavorando.
Per settimane, per mesi, nessuna informazione ufficiale sul team dietro al gioco. Poi, a distanza di tempo e in coda a una dichiarazione come tante, è spuntata la conferma: a sviluppare il gioco è il team responsabile di Super Mario Odyssey.
Peggio ancora, solo ora abbiamo scoperto chi ha lavorato a Nintendo Switch 2 Welcome Tour. A un mese dal debutto del gioco, uscito con la console a giugno. (Per la cronaca, è Nintendo Cube, che ha contribuito anche a Super Mario Party Jamboree e Everybody 1-2-Switch!)
E non è la prima volta che succede. Con Princess Peach: Showtime!, pubblicato a marzo 2024, era accaduto lo stesso. Solo dopo mesi di immagini e trailer e prove, e nemmeno in pompa magna, si è scoperto che dietro allo sviluppo c’era Good-Feel, studio già autore di Kirby e la Stoffa dell’Eroe e Yoshi’s Crafted World.
La domanda allora diventa inevitabile: perché?
Perché Nintendo sceglie, con così tanta costanza, di non dire chi sta realizzando i suoi giochi? Perché trattare il nome di uno studio o di una persona come se fosse un elemento da tenere nascosto fino alla fase finale del marketing, come fosse parte della sorpresa?
Nintendo è sempre stata protettiva verso le sue proprietà intellettuali. Lo è oggi in modo ancora più netto, tra lotte agli emulatori, sanzioni contro chi condivide software e un controllo totale sull’ecosistema hardware e software che la riguarda. Ma questa nuova tendenza - dove non si sa chi fa cosa e chi lavora su cosa - fa pensare a qualcosa di più.
Come se, lentamente, si stesse riscrivendo il messaggio: prima viene il marchio Nintendo, e poi - molto poi - ci sono le persone. Quelle che fanno i giochi. Quelle che danno forma e carattere a ogni mondo, a ogni interazione, a ogni colore. Quelle che ci mettono anni, energia, intuizione.
Per questo viene da chiedersi se non sia tempo di un nuovo easter egg, come quello che Warren Robinett nascose dentro Adventure nel 1979, per rivendicare la propria firma. Fu un gesto di ribellione, ma anche un atto di riconoscimento. Di giustizia. E forse oggi, in un’industria dove la firma sembra sempre più piccola, qualcosa del genere ci serve ancora.
Massimiliano
I licenziamenti annunciati da Microsoft - una multinazionale che nel solo anno fiscale 2024 ha registrato un utile di 72 miliardi di dollari - per la divisione Xbox né sono una storia nuova né sorprendono. Eppure, fanno comunque male. Per l’impatto e per la freddezza, ma anche per la tempistica: poche settimane dopo l’Xbox Showcase della Summer Game Fest, di cui si è parlato molto bene. A breve distanza dal lancio di Doom: The Dark Ages, South of Midnight, Avowed, Indiana Jones e l’Antico Cerchio.
Il 2 luglio Microsoft ha annunciato che licenzierà 9.000 persone in tutto il gruppo. Solo pochi mesi fa, a maggio, ne aveva licenziate 6.000.
Poche ore dopo questo annuncio sono arrivati i primi resoconti di stampa - da testate estere come Windows Central, IGN, Video Game Chronicles e The Verge - rispetto a come specificamente fosse stata impatta Xbox. E abbiamo scoperchiato il vaso:
il reboot di Perfect Dark è stato cancellato. Eppure, si era visto a giugno 2024;
The Initiative, lo studio fondato nel 2018 e che se ne stava occupando, verrà chiuso;
Everwild di Rare, annunciato nel 2019, è stato cancellato;
200 persone licenziate in King, produttore di Candy Crush. Vale a dire circa il 10% del personale;
metà delle persone di Turn 10, sviluppatore della serie Forza Motorsport, verranno lasciate a casa;
il nuovo videogioco online di Zenimax, che non era ancora stato ufficializzato? Anch’esso cancellato;
Blizzard smetterà di supportare con nuovi contenuti Warcraft Rumble, pubblicato a fine 2023 su mobile. Anche per questo ci sono stati licenziamenti anche in Blizzard.
Anche studi come Raven Software e Sledgehammer Games, che ruotano attorno alla produzione annuale di Call of Duty, sembrano coinvolti, a vario titolo. Anche in Halo Studios.
Inoltre, Gregg Mayles, storico game designer di Rare e game director di Sea of Thieves, ha lasciato Rare. Anche il presidente di Zenimax Online Studios, Matt Firor, ha lasciato il gruppo.
E questo è ciò che è stato ufficialmente confermato o sappiamo dai resoconti della stampa. Chissà cosa non sappiamo ancora.
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Sette anni di nulla
La chiusura di The Initiative è forse la più rappresentativa di cosa ha fatto, e cosa è stata, Xbox in questi anni.
The Initiative doveva essere la grande dimostrazione di Xbox. Uno studio con sede in California, composto da veterani del settore. La Naughty Dog di Xbox, sulla carta.
Ma The Initiative ha sempre avuto problemi: persone che se ne sono andate, per tanti anni nessun annuncio né comunicazioni varie. Microsoft ha dovuto anche chiedere a Crystal Dynamics di contribuire allo sviluppo dell’unico videogioco a cui The Initiative - almeno per quanto sappiamo dall’esterno - abbia mai lavorato. Perfect Dark, appunto.
In sette anni The Initiative è crollata prima ancora di pubblicare qualunque cosa.
Tutto ciò arriva a poco più di un anno dalla chiusura di Tango Gameworks, Arkane Austin, Alpha Dog e Roundhouse. Mentre 650 persone erano state licenziate da Activision Blizzard lo scorso settembre. E a gennaio 2024 erano state lasciate a casa quasi 2.000 persone, sempre da Activision Blizzard.
Il contesto
I licenziamenti di Xbox si inseriscono in due discorsi. Ed entrambi non hanno niente a che vedere con la creatività degli studi e delle persone coinvolte, ma soltanto con i numeri.
Il primo discorso è specifico di Xbox.
Quando Activision Blizzard è stata integrata, per alcuni trimestre Microsoft ha registrato una crescita mostruosa dei ricavi. Ed era normale: il confronto veniva fatto rispetto a un anno in cui non c’era Activision Blizzard. E quindi due società guadagnano più di una sola. Banale.
La realtà è tornata a bussare alla porta di Microsoft con i risultati del secondo trimestre dell’anno fiscale 2025, che corrisponde - nel calendario delle persone normali - al trimestre fra ottobre e dicembre 2024. In quel trimestre i ricavi della divisione Xbox sono cresciuti del 2%. Il trimestre successivo sono cresciuti dell’8%. Per il trimestre che si è chiuso a giugno, la direttrice finanziaria Amy Hood aveva previsto una cresciuto in singola cifra, attorno al 6-7%.
Per capirci, tralasciando la macchina del cloud, che cresce a ritmi trimestrali impressionanti, da sei trimestri a questa parte la crescita di LinkedIn - quel social network che nessuno vuole usare - non è mai scesa sotto al 7%. La crescita di Bing - quel motore di ricerca che nessuno vuole usare - non è mai scesa al di sotto dell’8%.
Nelle parole che Phil Spencer, amministratore delegato di Microsoft Gaming, ha scritto nella nota inviata ai dipendenti c’è una frase in particolare da tenere a mente.
“[…] Proteggeremo ciò che prospera e concentreremo gli sforzi sulle aree con il potenziale maggiore, mantenendo al contempo le aspettative che l'azienda ha per la nostra attività”.
Le aspettative che l’azienda ha per la nostra attività.
Non si tratta di creatività. Xbox cresce quanto ci si aspetta? Sì, bene. Non lo fa? Iniziate riducendo il personale, poi vediamo. Al consiglio di amministrazione - di cui fa parte l’amministratore delegato Satya Nadella ma non Spencer - non frega niente né di Perfect Dark né di Everwild. Probabilmente nemmeno li conoscono. Guardano i numeri, fanno valutazioni e procedono con le azioni.
Il secondo discorso è più generalizzato.
Xbox ha perso, nel caso peggiore, 2-3 mila persone in pochi giorni. Ma Microsoft ne ha licenziate 15 mila in pochi mesi guardando all’intero gruppo. Secondo l’elenco compilato da TechCrunch, solo a maggio nel settore tecnologico sono state licenziate oltre 10 mila persone. Ad aprile quasi 25 mila. A marzo oltre 8 mila. Più di 62 mila persone sono state licenziate da gennaio a oggi.
Xbox - che è solo un pezzo di una multinazionale tecnologica - non può essere esente, pur avendo sue specificità, da questa tendenza. Microsoft doveva licenziare, perché è così che funziona il mercato finanziario in cui opera, e Xbox ci è finita in mezzo.
Inoltre, Microsoft sta investendo 80 miliardi di dollari per far crescere la sua infrastruttura dedicata all’IA. Un’ulteriore ipotesi è che cerchi di tagliare dove può per finanziare il suo investimento e continuare a cavalcare l’attuale onda finanziaria, che è, appunto, quella dell’Intelligenza Artificiale.
Tutto ciò, attenzione, non va a intaccare le responsabilità - forse individuali, forse no - che riguardano un progetto come Everwild annunciato nel 2019 e di cui non abbiamo visto nulla. O la gestione di The Initiative, che in sette anni non ha prodotto nulla di concreto.
Così come non si può nemmeno biasimare una società - in questo caso Xbox ma il discorso è generale - perché a un certo punto si fa due conti e nota che non ha più senso portare avanti progetti così sgangherati e complicati. Sappiamo che sviluppare videogiochi è complicato.
Semmai, ciò che lascia l’amaro in bocca è l’idea che a ogni tornata di licenziamenti si faccia più fatica a intravedere una direzione, una visione, una coerenza.
Xbox non è “in crisi”. Non è in difficoltà. Ma sta vivendo un momento di riconfigurazione continua. Prima il focus su Game Pass. Poi l’integrazione di Activision Blizzard e il posizionamento come editore multipiattaforma. Ora l’integrazione spinta con Windows; le strategie multi-dispositivo; la collaborazione con AMD. E intanto… le persone.
Le persone restano l’anello debole.
Perché da fuori sembra sempre più evidente che chi lavora in uno studio - chi prova a creare, a costruire qualcosa - debba farlo in equilibrio costante tra ambizione creativa e incertezza strutturale. E a volte quell’equilibrio crolla. E nel silenzio di un comunicato, con due frasi preconfezionate, si chiude tutto.
È in quel momento che si capisce quanto il problema non siano solo i progetti cancellati. Ma il fatto che, ogni volta, a essere cancellate siano anche delle possibilità.
Le altre notizie, in breve
Helldivers 2 arriverà su Xbox
Microsoft ha annunciato che il videogioco online Helldivers 2, già disponibile per PC e PS5, debutterà su Xbox Series X|S il 26 agosto. Come già sulle altre piattaforme, costerà 39,99 euro, ma sarà accessibile anche una “Super Citizen Edition”, con vari contenuti extra, a un prezzo maggiorato. Non è previsto che sia disponibile in Game Pass.
Tre ex Ubisoft arrestati per molestie in Francia
Tre ex dirigenti di Ubisoft, tra cui l’ex direttore creativo Serge Hascoët, sono stati condannati da un tribunale francese per molestie psicologiche e sessuali risalenti a prima del loro allontanamento dall’azienda nel 2020. Hascoët è stato condannato a otto mesi con pena sospesa e 45.000 euro di multa, mentre Guillaume Patrux, ex game director, ha ricevuto una pena sospesa di un anno e una multa di 10.000 euro. Tommy François, ex responsabile editoriale, ha ricevuto una condanna a tre anni con sospensione della pena e una multa di 30.000 euro per molestie sessuali, psicologiche e tentato abuso.
Per The Alters 11 Bit Studios ha usato l’IA generativa per testi e traduzioni
11 Bit Studios ha confermato di aver utilizzato contenuti generati con l’IA nel recente The Alters. Nei giorni precedenti era stata segnalata la presenza di prompt - le richieste testuali che avviano una conversazione con un chatbot come ChatGPT - su uno schermo all’interno del gioco, oltre a localizzazioni sospette in alcune versioni dei video fittizi all’interno dell’avventura. Lo studio ha dichiarato che alcuni strumenti di IA erano stati usati per delle bozze e che una di queste è stata “inavvertitamente lasciata nella versione finale”. Per le traduzioni video in lingue secondarie, lo studio ha invece ammesso di aver usato strumenti AI “a causa di vincoli temporali estremi”. Con il senno di poi, è stata “la scelta sbagliata", ha scritto lo studio. “E ancor di più, qualunque fosse la decisione, avremmo dovuto semplicemente dirvelo". Da qualche tempo su Steam va esplicitato se sono stati usati strumenti di IA generativa nei giochi.
Neil Druckmann non lavorerà più alla serie di The Last of Us
Neil Druckmann, direttore creativo di The Last of Us, non parteciperà alla scrittura della terza stagione della serie TV basata sul gioco, per potersi concentrare sui progetti di Naughty Dog. Anche Halley Gross, co-scrittrice di The Last of Us: Parte 2 con Druckmann, ha lasciato i lavori sulla serie TV. In pratica, resterà soltanto Craig Mazin a occuparsi della sceneggiatura.
Ancora più in breve
I co-fondatori di Unknown World, sviluppatore di Subnautica, hanno lasciato l’azienda, non si sa bene perché
Romero Games ha perso il finanziamento dell’editore per il suo prossimo gioco
Electronic Arts chiuderà i server di Anthem a gennaio
Techland ha cancellato due videogiochi in sviluppo che non erano ancora stati annunciati
G/O Media ha venduto Kotaku a Keleops, già editore di Gizmodo
Destiny: Rising, spin off mobile della serie di Bungie prodotto da NetEase, debutterà ad agosto
"Le persone restano l’anello debole" è così vera da fare male
Ormai siamo nel pieno di una "finestra di Overton" non vedo un altro parallelo.
Non solo siamo quasi desensibilizzati o stanchi e tristi di sentire queste notizie, le accettiamo come una cosa inevitabile. Che amarezza
Grazie Massimiliano che fai il tuo anche quando non è facile