La nuova parola magica
In settimana ha fatto discutere la mancanza di recensioni al lancio di Baldo, nuovo gioco di Naps Team, casa di sviluppo italiana. Il gioco era molto atteso perché, negli anni, ha generato un buon seguito in virtù delle meccaniche di gioco e, in particolare, dello stile grafico che strizza l'occhio a quello dello Studio Ghibli.
La mancanza di recensioni e di attenzione della stampa (anche estera) era dovuto all'assenza di codici disponibili al lancio per i redattori, che quindi non hanno avuto il tempo materiale di produrre una recensione per il giorno del debutto. Ma ciò gli utenti lo hanno saputo solo dopo e per vie traverse, come i profili Facebook dei principali giornalisti delle testate specializzate: e nemmeno di tutte.
Il profondo attrito fra lettori e giornalisti, secondo me, deriva proprio da questo: dalla totale mancanza di trasparenza sul funzionamento di una redazione; sulla mancata consapevolezza, da parte di una quota di giornalisti, dell'importanza di informare efficacemente su come funzionano le cose, del perché si è deciso di fare qualcosa in un certo e modo e di perché, nel caso di Baldo, la recensione non fosse disponibile il giorno del lancio.
Meno le redazioni saranno trasparenti e più verrà rafforzata la posizione di chi vede quelle redazioni come una cricca isolata ed elitaria, incapace di collegarsi con le persone a cui deve rivolgersi.
La nuova parola magica
Nei videogiochi, ma non solo, capita che a fasi alterne ci siano nuove "parole magiche" che attirano l'interesse sia degli utenti sia, soprattutto, degli investitori e dei produttori. Queste parole iniziano a essere sempre più usate e sempre più presenti del dibattito sul futuro del settore.
La nuova parola magica è: metaverso. Sembra che chiunque stia inseguendo il metaverso: Epic Games, Roblox, Facebook e Nvidia sono alcuni popolari esempi. Ognuno vuole essere lì quando - e se - il metaverso riuscirà mai a diventare qualcosa di concreto: ed è un grandissimo se.
Il termine metaverso è stato coniato da Neal Stephenson nel romanzo Snow Crash. Se hai visto Ready Player One, allora sai di cosa sto parlando: un mondo interamente virtuale che rappresenta un gemello digitale del mondo reale. Perciò all'interno del metaverso potrebbero esserci esperienze virtuali come guidare un'auto da pista attraverso un evoluto avatar che ci rappresenta; centri commerciali dove acquistare abiti e altri accessori per il nostro avatar; ristoranti e sale giochi da visitare insieme agli avatar dei nostri amici.
Tale mondo digitale sarebbe basato su smart contract e valute digitali. Se pensi a quanto tempo oggi molte persone spendono sui social network, puoi intuire la quantità di tempo che potrebbe essere speso in un metaverso.
Inizi anche a capire perché sta diventando una "parola magica": girerebbero un sacco, ma un sacco di soldi.
E le aziende si stanno preparando.
Facebook ha annunciato Horizon Workrooms, strumento di collaborazione da remoto grazie a cui delle persone possono, usando un visore di realtà virtuale, accedere a uno spazio virtuale condiviso per stare assieme.
Nvidia ha aperto le porte di Omniverse, che l'amministratore delegato descrive come "una piattaforma di simulazione in sviluppo da quasi cinque anni che esegue mondi virtuali fisicamente realistici e connette altre piattaforme digitali".
A seguito dell'ultimo turno di finanziamenti, Epic Games, produttore di Fortnite, ha parlato direttamente di "metaverso". E Fortnite è un buon esempio di cosa si potrebbe fare. In Fortnite, infatti, ci sono stati concerti, anteprime dei trailer cinematografici e, di recente, anche un memoriale a Martin Luther King Jr. - gestito un po' male.
Roblox è un'altra piattaforma che ci va vicino. Disponibile per PC, console e mobile, permette di creare tante piccole esperienze virtuali (come Adopt Me) ed è molto popolare fra i minorenni. Al momento della quotazione in borsa (oggi Roblox vale 47,6 miliardi di dollari) il 54% degli utenti di Roblox aveva fra gli 8 e i 13 anni.
Su Roblox gli utenti sono sia creatori di contenuti sia giocatori; c'è una moneta virtuale (i Robux) e molte aziende vogliono farne parte per studiare opportunità commerciali. Recentemente, tanto per farti un esempio, è stato lanciato Vans World, gioco di skateboard creato in collaborazione con il marchio di abbigliamento Vans. Altre società hanno organizzato in Roblox le feste aziendali di fine anno oppure sono si sono tenuti dei concerti.
Per tale ragione secondo molti oggi Roblox è la cosa più vicina al metaverso, sebbene il metaverso - quello di Snow Crash - sia più complesso e più realistico di quanto stiamo vedendo ora.
Sulla cina e i minorenni
La Cina ha annunciato ulteriori restrizioni per i minorenni che giocano ai videogiochi: solo un'ora al giorno e solo nei venerdì, nei fine settimana e durante le festività. E soltanto fra le 20 e le 21.
Si tratta di un inasprimento delle precedenti restrizioni già in vigore, che prevedevano un limite massimo di 13,5 ore alla settimana.
Le implicazioni sono, da una parte, minori del previsto e, dall'altra, a lungo termine. Ho chiesto all'analista Daniel Ahmad di Niko Partners di aiutarmi a capire che impatto potrebbe avere la decisione del National Press and Publication Administration: trovi qui l'articolo.
Per farla breve:
le grandi aziende cinesi, come Tencent e NetEase, non fanno più molto affidamento sulla spesa dei minorenni. Nel caso di Tencent, solo il 2,6% dei ricavi arriva dai giocatori di età inferiore ai 16 anni;
inoltre, tali società spesso hanno anche servizi di streaming video, perciò il tempo che i minorenni non potranno passare ai videogiochi potranno spenderlo in altri servizi delle stesse società;
le nuove restrizioni non sono una legge: vincolano i produttori a implementare delle soluzioni tecnologiche per impedire che i minorenni possano giocare più di 3 ore alla settimana. Nulla vieta, però, che un genitore possa lasciare il proprio account al figlio, permettendo in questo modo di giocare quanto vuole;
per quanto riguarda gli esport, gli effetti potrebbero essere a medio-lungo termine. Se i minorenni possono giocare poco, è difficile che diventino bravi o che possano mettersi in mostra. In ogni caso, mi ha spiegato Ahmad, se un minorenne entra a far parte di un'organizzazione di esport, viene escluso dalle restrizioni.
La nuova PlayStation 5
In alcuni mercati, come Australia e Giappone, è arrivato un nuovo modello di PlayStation 5. Pesa 300 grammi in meno e come hanno dimostrato alcune prove (come quella di Austin Evans e di Digital Foundry) ciò deriva da un sistema di dissipazione del calore meno evoluto.
Sì, il sistema di dissipazione è meno evoluto - e sulla carta meno efficiente - ma non possiamo sapere se effettivamente creerà problemi agli utenti. Innanzitutto perché, oltre al sistema di dissipazione, è cambiata anche la ventola: quella nuova potrebbe essere più efficiente a smaltire il calore accumulato dal nuovo modello.
Inoltre, secondo i primi test, le differenze di temperature sono minime (3° C in più). Per altro, è importante che te lo faccia notare, tale misurazione è stata effettata con una fotocamera termica e non misurando direttamente la temperatura del processore; la misurazione, quindi, potrebbe non essere precisa.
Infine, non sappiamo le temperature tollerate dal sistema: anche se arrivasse a 80° C, la nuova PS5 potrebbe comunque funzionare benissimo. Il problema principale, semmai, potrebbe essere il rumore della ventola, che deve aumentare i giri al secondo per dissipare il calore e quindi produce più rumore. Per ora, però, i primi test indicano che il rumore è identico (se non addirittura leggermente inferiore) a quello generato dal vecchio modello.
Insomma, a oggi non ci sono buoni motivi per temere che la nuova PS5 possa in qualche modo essere peggiore, da questo punto di vista, rispetto al modello del lancio. Soprattutto perché al momento mancano i giochi (come sono stati, per esempio, Horizon Zero Dawn e The Last of Us: Parte 2 per PS4) che mettano sotto sforzo l'hardware.
Sul crunch
Del crunch se n'è parlato molto spesso e oggi continua a essere una piaga nel mondo videoludico. Se hai vissuto sotto un sasso o se non conosci bene il mondo videoludico, sappi che quando si parla di crunch s'intende un fenomeno che comporta che le persone che lavorano ai videogiochi (programmatori, grafici, designer: tutti) sono costrette a fare regolarmente degli straordinari, a sopportare settimane di 60-70 ore o a lavorare almeno sei giorni ogni settimana per portare a termine un progetto. Purtroppo non è un'eccezione, ma il crunch sembra essere, in tanti casi, essenziale per portare a termine i progetti più grandi e non solo.
Sono il primo che lavora tanto, più di quanto dovrebbe. Ma il mio mestiere prevede che nella maggior parte dei casi io faccia tutto da solo dall'inizio (un'intervista o una conferenza stampa) fino alla fine (la scrittura dell'articolo).
Quando si lavora in gruppo, la questione è diversa: si è parte di un collettivo che deve per forza andare alla stessa velocità; altrimenti l'intero progetto subisce un danno.
Ed eccoci allo spunto. Nei giorni scorsi Evan Wells e Neil Druckmann, i co-presidenti di Naughty Dog, creatore di Uncharted e The Last of Us, hanno parlato del crunch in un'intervista a Game Informer. Wells, in particolare, ha detto che chi lavora tanto spesso è incredibilmente appassionato e quindi perché dovrebbe essere ostacolato?
Druckmann, invece, ha fatto notare che stabilire un limite, per esempio, di 40 ore settimanali o impedire di lavorare le domeniche sarebbe un problema per alcune persone che "vogliono davvero fare quel passo in più spontaneamente e [con quei limiti] sarebbero ammanettate".
Può sembrare che questo ragionamento abbia senso: che sia giusto, insomma, che chi vuole lavorare tanto lo possa fare. Finché non torniamo a quello che ho scritto prima: quando si lavora in gruppo non funziona.
Lo ha spiegato bene Carrie Patel, game director e narrative designer per Obsidian Entertainment. Se una persona lavora più degli altri in maniera autonoma, rischia di incasinare l'intero progetto perché lavorerà in maniera asincrona rispetto agli altri dipartimenti. Ogni reparto non può vivere a sé: anche creare un banale livello richiede che tante persone di tanti reparti diversi (da chi sviluppa le missioni a chi crea le animazioni) siano sulla stessa pagina.
"A lungo andare, questo schema crea una dinamica tossica fra i martiri [coloro che hanno voluto lavorare di più, ma non hanno potuto portare a termine il lavoro perché gli altri, invece, erano occupati su altro] e tutti gli altri" fa notare Patel. "La comunicazione e la collaborazione vengono meno".
Sul tema è intervenuto anche Mike Bithell, sviluppatore di Thomas Was Alone, su Twitter. "Sei tu il loro capo, è il tuo lavoro dire no più spesso" ha fatto notare.
In particolare, secondo Bithell, se il tempo concesso non è abbastanza, allora bisogna dare alle persone più settimane o mesi per lavorare a un progetto. Per altro, "il lavoro sarà migliore se riposeranno".
Le cose in prospettiva
Una priorità che mi sono dato con questa newsletter è quella di essere sempre obiettivo e di anteporre i fatti e i numeri prima delle considerazioni. Fare il contrario significherebbe alterare la realtà o plasmarla a seconda dei miei preconcetti.
È per questo che quando, nei giorni scorsi, ho incontrato un numero ho pensato che fosse interessante portarlo alla tua attenzione per mettere le cose in prospettiva. Tranquillo, ora ti faccio capire cosa intendo.
Secondo le stime della società di analisi Newzoo, quest'anno il cloud gaming - che permette di giocare ai videogiochi tramite una connessione a Internet senza che l'elaborazione del gioco avvenga in locale - genererà 1,6 miliardi di dollari. Nel 2024 saranno 6,5 miliardi.
L'ho trovato interessante perché del cloud gaming se ne parla, ma come di una nicchia; di qualcosa che non si sa bene se prenderà piede davvero (richiede una connessione molto stabile e sono pochi i Paesi che oggi la garantiscono in maniera omogenea) e che per ora non interessa a molti perché il problema dell'attuale diffusione dei videogiochi è la complessità dei comandi e delle meccaniche, per esempio, e non il costo delle console o dei PC.
Degli esport, invece, se ne parla come del futuro dell'intrattenimento; di un fenomeno incredibile che sta segnando il passo di cosa bisogna fare per arrivare a stuzzicare l'interesse dei millennial e, soprattutto, della sfuggente Generazione Z. Però, secondo la stessa Newzoo, quest'anno gli esport arriveranno a 1,1 miliardi di dollari che arriveranno a 1,6 miliardi nel 2024.
Tra qualche anno, quindi, i ricavi del cloud gaming surclasseranno quelli degli esport, eppure quest'ultimi continuano a essere spinti come se rappresentassero un'industria già florida e solida (spoiler: non è ancora così).
Devo fare una precisazione. È più semplice stimare i ricavi del cloud gaming, considerato che si parla di abbonamenti o dell'acquisto dei giochi. Quando un'azienda decide di investire in pubblicità in un esport, l'eventuale guadagno (sia diretto sia indiretto) torna nelle sue tasche e quindi sfugge all'indotto del settore.
Ciò non significa che gli esport debbano essere esclusi dal discorso videoludico, ma solo che vadano considerati una nicchia e qualcosa che, diversamente dalla percezione diffusa, deve ancora svilupparsi, consolidarsi e dimostrare di essere qualcosa di più di uno strumento di marketing in mano ai produttori di videogiochi.
Il futuro di Greene
Il lavoro di Brendan Greene, noto anche con lo pseudonimo di PlayerUnknown, ha dato vita a uno dei generi di videogiochi più influenti degli ultimi anni: i battle royale, in cui gli utenti vengono gettati su un'isola o in un'arena e devono sfidarsi perché ne resta uno solo (o due se si gioca in coppia o tre in altri casi).
Quando ha sviluppato una mod di Arma, DayZ: Battle Royale, ha cambiato il settore degli sparatutto multigiocatore.
Dopo DayZ, Greene ha contribuito alla realizzazione di una modalità battle royale per H1Z1 ed è stato anche dietro a PUBG, oggi uno dei giochi più popolari al mondo. La sola versione mobile ha ricavato oltre 5 miliardi di dollari.
Ora Greene ha deciso di lasciare Krafton, produttore di PUBG, per fondare uno studio ad Amsterdam, PlayerUnknown Productions. Krafton avrà una quota di minoranza.
Nei giorni successivi all'annuncio, Greene ha svelato a cosa lavorerà il nuovo studio: a Prologue. È un gioco online a mondo aperto, che sfrutterà un sistema di Intelligenza Artificiale per creare la grande quantità di contenuti che servono a rendere un mondo così vasto anche credibile e, soprattutto, interessante per gli utenti.
Le meccaniche di Prologue sono quelle di un gioco di sopravvivenza: i giocatori dovranno raccogliere le provviste e creare nuovi strumenti e l'avventura non ha un vero e proprio obiettivo né un percorso lineare. Prologue non avrà un prezzo, ha specificato Greene, e i giocatori potranno pagarlo quanto vorranno.
Come il nome lascia intendere, però, Prologue è solo l'inizio. Greene lo ha descritto come "un piccolo barlume della tecnologia che, a un certo punto, sarà alla base di un'esperienza molto più vasta".
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