Kick è davvero l'anti-Twitch?
Streamer come Amouranth e xQc hanno scelto di passare a Kick, che dietro di sé ha un sito di gioco d'azzardo e offre molti più soldi.
Quando si parla dei siti di informazione si fa spesso riferimento alle recensioni.
Quest’ultime sono un contenuto molto rilevante: per il rapporto con chi legge e con chi fornisce il codice (cioè le aziende); ma anche perché costituiscono la fase finale di un percorso che è molto più lungo ed è composto dalle anteprime, dai provati, dalle interviste e dalle conferenze che si sono succedute negli anni precedenti. Ed è giusto quindi che vengano considerate.
Se ne parla anche in quanto contenuto più rilevante al momento del lancio di un videogioco, almeno per le testate. La verità è un’altra: ce n’è uno ancora più importante per la sopravvivenza dei siti di informazione videoludica e cioè le guide.
Le guide sono lunghi articoli che spiegano come completare un videogioco, dove trovare gli oggetti nascosti o che strategie adottare per vincere più velocemente. Funzionano perché, intanto, sono contenuti che effettivamente vengono cercati dalle persone; ma anche perché hanno una coda molto più lunga delle recensioni e di molte notizie. I contenuti che incrociano una specifica domanda - in questo caso aiuti per un certo videogioco - sono quelli che ottengono i risultati migliori in termini di visualizzazione (un parametro essenziale per il più diffuso modello di business dei siti, cioè le pubblicità): da qui il grande interesse verso le guide, che soprattutto all’estero hanno anche figure specificamente dedicate, che smistano le guide fra le varie persone e sulla base dei videogiochi più adatti (e richiesti).
In un lungo articolo in cui Gamesindustry ha indagato i perché e i percome dei tanti licenziamenti che ci sono stati fra i siti di informazione all’estero nei mesi recenti, è emerso proprio questo aspetto. Il lancio di Elden Ring, all’inizio del 2022, per esempio, è stato un toccasana per tanti siti: perché è un videogioco molto ampio, difficile e aperto e perciò le guide sono una risposta rilevante alle tante domande che emergono durante l’avventura.
Ma a volte non bastano nemmeno le guide: sia perché dipendono dal lancio di certi videogiochi (che magari arrivano una o due volte all’anno) sia per i numeri necessari per supportare il volume di traffico richiesto dagli editori, che sono spesso insostenibili. E anche grandi risultati vengono accolti non con apprezzamento, bensì come opportunità di arrivare a numeri ancora più grandi: fino alla realizzazione che è stato un obiettivo incoerente, inarrivabile e, di conseguenza, a decisioni drastiche come tagliare il personale.
“Una persona che ha lavorato per Future (una delle aziende coinvolte, ndr), che non si è sentita a suo agio a parlarne apertamente in virtù delle restrizioni degli NDA (accordi di non divulgazione), ha rivelato di aver fin da subito ritenuto che molti di questi obiettivi fossero irrealistici. Ha evidenziato che ciò è probabilmente dovuto al piccolo gruppo dello staff editoriale impiegato a tempo pieno. Ciò combinato con il taglio al budget dei freelance ha significato che le risorse erano scarse, il che ha portato a un incredibile quantità di stress per il gruppo”.
La ricerca del volume a tutti i costi genera altre mostruosità, come i bonus per le persone che scrivevano almeno 500 articoli in tre mesi. Significa 5 articoli ogni giorno, finesettimana inclusi.
Un volume così eccessivo di contenuti non va di pari passo né con la qualità né con la sostenibilità di un progetto editoriale, in quanto mette sotto pressione tutte le persone coinvolte.
“Nel lungo termine, comunque, molti giornalisti sono pessimisti sul futuro della stampa videoludica”, ha scritto Kheen Hoon Chan, autore dell’articolo. “Ci sono molte battaglie all’orizzonte, che si tratti della costante lotta per vincere i capricci di un’industria dominata dalla SEO (la Search Engine Optimization, cioè la necessità di farsi trovare in alto nella pagina dei risultati delle ricerche su Google, in particolare) o che il problema sia più fondamentale: che i media digitali non hanno trovato un modo per rimanere profittevoli abbastanza per i principali stakeholder”.
Io ci vedo tante assonanze fra la stampa videoludica e l’industria dei videogiochi stessi. Entrambe hanno un problema con il volume, percepito come unico modo per restare a galla e andare avanti. I segnali di crisi di questo modello sono però molto evidenti.
Massimiliano
Nel podcast ho ripreso a fare interviste: voglio renderle un contenuto più regolare e ho una lunga lista di persone con cui vorrei parlare. La prima è uscita nei giorni scorsi: l’ospite è Pietro Iacullo, che fa parte del collettivo di Gameromancer.
La puoi ascoltare sulle varie piattaforme: qui il link alla puntata su Spotify, per esempio.
E ora all’approfondimento.
C’è un nuovo concorrente nel settore dello streaming: e si chiama Kick.
Nel giro di pochi giorni Kick è stato al centro dell’attualità per il trasferimento da Twitch di due streamer molto popolari. Il primo è stato Felix “xQC” Lengyel (11,9 milioni di follower), che ha firmato un accordo non esclusivo di due anni con Kick da 70 milioni di dollari e che attraverso vari incentivi può arrivare a 100 milioni di dollari.
La seconda è stata Kaitlyn Siragusa, meglio nota come Amouranth, che vanta un seguito di 6,4 milioni di persone su Twitch. Nel suo caso non sono stati rivelati i dettagli sul suo accordo con Kick. Ma su Kick ci sono anche Tyler “Ninja” Blevins e il campione di scacchi Hikaru Nakamura.
Al momento nessuna di queste persone si avvicina ai numeri che faceva registrare su Twitch - Amouranth ha 100 mila follower e xQc 412 mila, per esempio - ma è soprattutto la quota dei ricavi che possono trattenere che li ha attirati: la politica di Kick prevede che la piattaforma tenga per sé solo il 5%, contro il 50% di Twitch.
Eppure, per ora (e molto probabilmente in ogni scenario futuro) Kick non ha la capacità di rivaleggiare seriamente con Twitch. Secondo i dati di Similarweb, Twitch registra oltre un miliardo di visualizzazione al mese; Kick invece 73 milioni.
Nonostante questo, il trasferimento di xQc e di Amouranth - che potrebbe dare il via ad altri passaggi celebri di personalità che sono sempre più contrarie alle politiche di Twitch - ci dice molto di più: rivela quanto sia scarso il legame fra Twitch e i suoi streamer più popolari; e quanto Twitch, al momento, sia in confusione.
Il ruolo di Kick
Kick è una piattaforma nata di recente. Accedendo al sito ufficiale appare come una normale piattaforma di streaming; anzi, l’interfaccia è anche molto simile a quella di Twitch a una prima occhiata.
I principali motivi per cui diversi streamer sono passati a Kick sono due:
la sopracitata divisione dei ricavi (95% va allo streamer);
i termini di servizio molto più flessibili rispetto a quelli di Twitch, che vietano, per esempio, il gioco d’azzardo e un linguaggio che incita all’odio.
Kick si presenta quindi come l’anti-Twitch, in un certo senso: mentre Twitch modera i contenuti, ne vieta alcuni e sospende, anche definitivamente, gli streamer che violano in maniera massiccia le sue politiche, Kick promette di non fare niente di tutto questo. Mentre Twitch sta sempre più erodendo l’economia degli streamer, Kick lascia quasi tutto a loro.
Adin Ross è uno streamer che aveva oltre 7 milioni di persone che lo seguivano su Twitch e che è stato sospeso dalla piattaforma diverse volte. Fino a quando a febbraio è stato bandito definitivamente dalla piattaforma per uso di linguaggio antisemita e razzista, vietato da Twitch.
Dov’è andato Adin Ross? Su Kick, a fare più o meno le stesse cose di prima.
Anche trasmettere in streaming il Super Bowl (cosa che, se non lo sai, è vietata perché viola il diritto d’autore), cioè la partita finale della stagione del football statunitense. “Possiamo fare il cazzo che vogliamo. Non ci sono termini di servizi laggiù. Voi potete dire qualunque cosa nella mia chat”, ha detto Ross presentando Kick a chi lo segue.
Anche Tyler “Trainwrecks” Niknam è un altro streamer che è passato da Twitch - dove giocava frequentemente d’azzardo - a Kick. Dal momento del passaggio, la sua timeline di Twitter include frequentemente insulti a Twitch. Niknam è diventato anche consulente per Kick.
Per capire meglio il legame sottostante Niknam e Kick, occorre fare un passo indietro.
Chi c’è dietro a Kick
Per farla breve: un portale di gioco d’azzardo, Stake. Ma è un po’ più lunga di così perché Stake non è di fatto proprietaria di Kick; i legami sono indiretti, nascosti da altre aziende. Sebbene, come riportato da Rolling Stone, la società confermi che i due co-fondatori di Stake, Edward Craven e Bijan Tehrani, abbiano investito in Kick; che rimane, però, un’entità aziendale separata.
Lo streamer OllyRobz ha fatto un paio di ricerche e ha notato che Kick viene gestita dalla società australiana Kick Streaming Pty Ltd, a sua volta posseduta interamente da Easygo Entertainment, che è posseduta per due terzi da Tehrani e per un terzo da Ashwood Holdings Pty Lt; che è posseduta interamente da Edward Craven.
Considerato che Craven e Tehrani sono i co-fondatori di Stake, il legame con Kick è presto fatto, anche se - come visto - indiretto.
Niente di tutto questo viene evidenziato sul sito di Kick, che anzi omette moltissime informazioni sulla sua proprietà.
La categoria del gioco d’azzardo è seguita da oltre 21 mila persone su Kick: non è la più popolare - Fortnite, Valorant o Call of Duty Warzone 2.0 sono più seguiti, per esempio - ma in molti momenti della giornata è la più guardata dietro solo a Just Chatting (le chiacchiere su vari argomenti, anche slegati dai videogiochi).
Torniamo, dunque, a Niknam.
Prima di lasciare Twitch, Niknam giocava spesso d’azzardo proprio attraverso Stake. Il fatto che oggi ne sia uno dei principali ambasciatori non deve sorprendere; così come non deve farlo che ne sia consulente e, da un certo punto di vista, uno dei volti più in evidenza di Kick.
È stato lo stesso Niknam, per esempio, ad annunciare il Creator Program di Kick, finalizzato a supportare tutti gli streamer su Kick e non sono quelli maggiori. “Twitch ignora i creator piccoli e medi e distribuisce il suo budget a un piccolo e selezionato gruppo di streamer attraverso contratti a pagamento”, ha scritto Niknam, evidenziando ancora il posizionamento di Kick come rifugio per gli esuli da Twitch e da chi prova insoddisfazione verso Twitch. “Creator piccoli e medi hanno poche opportunità di guadagno su Twitch e ci si aspetta che sopravvivano con l’ingiusta divisione dei ricavi dalle sottoscrizioni e dal misero programma delle pubblicità”.
Niknam ha anche scritto che “Kick.com avrebbe potuto spendere milioni di dollari acquisendo grandi streamer in esclusiva. Invece, ha scelto di investirli in tutti i creator”. Eppure, sebbene sia vero che non ci sono esclusive, spendere decine di milioni di dollari per gli streamer più popolari è esattamente ciò che è stato fatto pur di portarli verso Kick.
Il punto sollevato da Niknam, però, è reale: il rapporto fra gli streamer e Twitch è sempre più intricato.
Il logoramento di Twitch
Dopo aver puntato a lungo su una stretta relazione con le personalità più rilevanti sulla piattaforma, Twitch è sempre più distaccata dalla vita quotidiana degli streamer.
Di recente, ha eliminato un contratto vantaggioso per gli streamer più popolari, che permetteva di tenere per sé il 70% dei ricavi anziché il 50% standard poiché ritiene che non sia più sostenibile visti i costi per gestire la piattaforma.
Inoltre, Twitch ha iniziato a impedire il multicast - quindi la trasmissione in diretta su una o più piattaforme oltre a Twitch contemporaneamente - cercando di contrastare YouTube e Facebook (sebbene permetta di farlo con servizi mobile come TikTok e Instagram Live).
“Il ‘peccato’ di Twitch non è tentare di spremere i suoi creator”, ha scritto in un tweet Siragusa dopo aver annunciato l’accordo con Kick. “Il loro peccato è applicare un modello di business che non può avere successo se non alla scala di YouTube forse - ma lo streaming in diretta è un TAM [Total Available Market] molto più piccolo dei video preregistrati (soprattutto quando TikTok ha vinto le trasmissioni di video ultra brevi)”. Siragusa fa riferimento a come Twitch voglia imporre sempre di più le pubblicità: che hanno senso però sui grandissimi numeri, molto più grandi di quelli a cui Twitch - secondo Siragusa e non solo - riesce ad arrivare. Motivo per cui tante persone chiedono un cambiamento radicale del modello di business.
Kick resterà probabilmente una piattaforma modesta nel panorama dello streaming. Avere una piattaforma del gioco d’azzardo dietro di sé, però, potrebbe anche significare che Craven e Tehrani sono disposti a perdere soldi con Kick: perché è una vetrina importante per i servizi che Stake propone e che rappresentano la vera rendita.
Dal canto loro gli streamer stanno approfittando del momento propizio: passare dal 50 al 95% è un passaggio incredibile. Difficile dire di no.
In tutto questo chi perde realmente è Twitch, che sta realizzando che molte delle persone che hanno reso celebre la piattaforma non le sono fedeli: ha dato loro visibilità e a volte è stato il catalizzatore della loro popolarità; ma se arriva un'offerta migliore - come sta facendo Kick - fanno presto i bagagli. Anche a causa di politiche sempre più indifferenti al lavoro dello streamer in primis.
Le altre notizie, in breve
I migliori videogiochi italiani
Si sono tenuti gli Italian Video Game Awards, in cui ogni anno una giuria internazionale premia, appunto, le produzioni italiane ritenute più valide. Terrorbane (Bit Nine Studio) è stato premiato come miglior videogioco italiano durante il First Playable organizzato da Italian Interactive Digital Entertainment Association (IIDEA), associazione di categoria che in Italia rappresenta editori, sviluppatori e organizzazioni di esport. Ubisoft Milano ha vinto come miglior azienda mentre Cristina Nava, producer presso Ubisoft Milano, ha ricevuto il premio del miglior contributo individuale. Saturnalia (Santa Ragione) ha vinto il premio all’innovazione e Venice 2089 (Safe Place Studio) ha ricevuto il premio per il miglior videogioco al debutto.
Le vendite di Monster Hunter Rise
Monster Hunter Rise, uscito a marzo 2021, ha superato le tredici milioni di copie, ha annunciato Capcom. Monster Hunter Rise Sunbreak ha raggiunto le sei milioni di copie, invece.
La storia del primo videogioco di Barbie
Su Polygon Nicole Carpenter ha raccontato com’è stato pensato e creato il videogioco Barbie Fashion Designer, uscito nel 1996 e il primo pensato specificamente per un pubblico femminile. Una cosa che non fu scontata per Mattel, che fra gli anni Settanta e Ottanta smantellò la divisione videoludica creata attorno alla console Intellivision, licenziando centinaia di persone e vendendo tale divisione.
Non ci sarà alcun Just Cause Mobile
Just Cause Mobile - svelato a fine 2020 e previsto inizialmente per il 2021 - è stato cancellato dopo che il “soft launch” (il gioco è stato lanciato in mercati secondari per vedere il riscontro del pubblico: cosa comune per i videogiochi mobile) non ha registrato i risultati auspicati.
La vincitrice europea di eFootball
Giorgia Casciaroli ha vinto il torneo europeo femminile di eFootball, la simulazione calcistica prodotta da Konami, agli European Games Esports Championships organizzati dalla Global Esports Federation, che si sono giocati a Katowice, in Polonia.
SEGA ritira l'impegno sulla blockchain
SEGA ha annunciato che ridurrà il suo impegno verso i giochi basati sulla blockchain. In particolare, concederà su licenza per videogiochi di terze parti solo serie secondarie, come Three Kingdoms e Virtua Fighter, e ha cancellato i piani per creare un suo videogioco in questo settore.
Per il direttore operativo Shuji Utsumi, “l’azione nei giochi play-to-earn è noiosa. Qual è il punto se i giochi non sono divertenti?” E ha raggiunto: “Stiamo valutando se questa tecnologia prenderà davvero piede nel settore, dopo tutto”.
Terraria vende ancora tantissimo
Terraria è un videogioco aperto 2D, con caratteristiche simili a quelle di Minecraft, che è uscito nel 2011. Nel frattempo ha venduto più di 44 milioni di copie e continua a venderne tanto. Anche per questo il suo sviluppatore, Re-Logic, sta continuando a posticipare i lavori per un nuovo videogioco e a creare nuovi aggiornamenti per Terraria.
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Io preferisco smettere di streammare piuttosto che passare a kick.
I motivi sono molteplici: non credo nella piattaforma, che mi sembra più un capriccio di un'azienda di giochi d'azzardo.
Ma poi, soprattutto, non voglio giocarmi la fiducia che la mia piccola community ha verso di me, esponendoli anche solo passivamente a un ambiente che, prima o poi, li metterà a contatto col gioco d'azzardo.
È vero che non sarebbe direttamente colpa mia, ma di stake o loro che vanno a cercare alcune cose, ma mi fa stare meglio guadagnare meno e non fare cadere in tentazione le persone che ogni giorno vengono a sentirmi chiacchierare e sparare stronzate.
Intendiamoci: 3 soldi in più mi farebbero indubbiamente comodo, ma non è quello il modo in cui vorrei arrivarli a fare.
Piuttosto, punterei ad avere un immagine pulita e vendibile ai brand.
Anche lì, secondo me c'è da parlarne, ma pure quello è un altro discorso.