Anche questa settimana puoi ascoltare questa puntata su Soundcloud se lo preferisci.
Senti, lo so: la pubblicità non piace. Non piace a nessuno, a dire il vero: quando c'è la pausa su Twitch dà fastidio; quando passa in TV dà fastidio; quando la troviamo nel gioco mobile dà fastidio. Però la si sopporta perché è uno scambio fra due soggetti: chi fa pubblicità espone il suo prodotto; chi la espone ottiene soldi in cambio per finanziare la sua attività. Per avere contenuti gratuiti, la pubblicità è stata accettata come necessaria e più o meno, tutto sommato, ci siamo abituati.
L'informazione non fa eccezione: ha bisogno di una fonte da cui attingere il sostentamento economico per poter continuare a esistere.
Per anni, i giornali hanno goduto sia del pagamento corrisposto per l'acquisto del giornale (o della rivista) sia della pubblicità interna. Quando il tutto si è spostato online, entrambe queste fonti di ricavi sono calate: l'informazione su Internet è diventata gratuita e le pubblicità pagate molto meno.
Il risultato è stato un'informazione che ha iniziato a giocare al ribasso: articoli pagati meno, ma che devono attirare più clic per poter massimizzare la monetizzazione di ciascun contenuto; la ricerca di contenuti facili da fare (come le gallerie di foto che puntano sul gossip) per poter attirare le persone.
Le pubblicità però sono diventate sempre di più e così tante persone hanno iniziato ad adottare estensioni per browser per bloccare le pubblicità; anzi, oggigiorno tanti browser le bloccano per impostazione predefinita.
Quando meno persone vedono le pubblicità ci si ritrova in una situazione in cui vengono introdotti stratagemmi che puntano ad aumentare il numero di clic, per bilanciare quelli persi, a volte - anzi: molto di frequente - a scapito della qualità: meno persone vedono le pubblicità e più pubblicità devono essere fornite alle stesse persone.
Ci si è accorti, però, che questo modello non funziona granché bene e, veloce salto in avanti, sono arrivati gli abbonamenti. Tante testate hanno iniziato a sperimentarle in varie forme (come il paywall, cioè subordinando la lettura di certi articoli, persino tutti, a una sottoscrizione) come modo per poter far tornare a pagare le persone e provare a ristabilire un collegamento fra il pagamento per l'informazione e la qualità di quell'informazione (legato tutt'altro che diretto e scontato, va detto: perché si può pagare anche per cattiva informazione).
Problema: sembra che dia fastidio anche questo. Dopo anni di informazione gratuita, l'idea di dover pagare sembra passata di moda: deve essere gratuita, scevra di pubblicità e anche di qualità. Solo che di gratuito a questo mondo non c'è niente e ogni cosa è il risultato del lavoro di un gruppo di persone. Un lavoro a cui dev'essere restituito un valore, in qualche forma: e il denaro è il mezzo più semplice per trasferire valore e per dimostrare il proprio interesse verso qualcosa (do valore a ciò che pago, non do valore a ciò che non pago).
Nei giorni scorsi, Multiplayer.it ha deciso di introdurre un abbonamento: 3 euro al mese per non avere le pubblicità. Ci sono vari piani, ma non è questo il punto: voglio soffermarmi sulla reazione di una quota - che a me è parsa tutt'altro che irrilevante - dei lettori di Multiplayer; vale a dire di quelle persone che, in teoria, sono fidelizzate e che frequentemente leggono le notizie da quella testata. Persone che sulla carta dovrebbero essere le prime pronte a voler sostenere una testata che frequentano regolarmente.
L'idea di un abbonamento, invece, è stata recepita con una grande risata: tanto le pubblicità vengono già bloccate, è il pensiero frequente.
C'è però un enorme problema: questo meccanismo qua non funziona, è deleterio ed è soltanto una strada in discesa che conduce a dinamiche editoriali sempre più difficili da controllare.
Non supportare l'informazione significa soffocare l'informazione; e ci si accorge sempre tardi - perché gli effetti sono a lungo termine - di cosa implica avere a che fare con un'informazione che deve fare lo slalom per sostenersi. Gli stratagemmi temporanei (il clickbait, per esempio) diventano meccaniche standard, alimentando un circolo vizioso che va sempre di più verso il basso. E a perderci siamo tutti: chi scrive (pagato poco e male) e chi legge (che ottiene contenuti peggiori).
L'informazione strutturata gratuita e di qualità non esiste: da qualche parte qualcuno paga (o ci perde dei soldi, il che non può essere sostenuto a lungo). Se a pagare sono le aziende, significa pubblicità; se a pagare sono i lettori, significa abbonamenti.
Né uno né l'altro significa aver deciso che l'informazione non ha valore e non merita i soldi di nessuno.
Massimiliano
Sony e Nintendo a confronto
Non capita spesso di avere lo stesso giorno un Nintendo Direct e uno State of Play. Anzi, a memoria non mi pare che sia mai successo negli ultimi anni.
Tale occasione ci permette di confrontare le strategie comunicative di Sony e di Nintendo e soprattutto di fare alcune considerazioni sullo stato commerciale in cui si trovano le rispettive console, PlayStation 5 da un lato e Switch dall'altro.
L'elemento più differenziante è presto detto: mentre Switch sta per compiere sei anni (a marzo 2023), PlayStation 5 si avvicina a compiere due anni (novembre). Due situazioni molto diverse: Switch è nella fase finale del suo ciclo vitale (come si può evincere dal fatto che l'anno prossimo avremo un nuovo gioco di The Legend of Zelda); PlayStation 5, invece, è all'inizio.
In altre parole, Switch deve sparare le ultime cartucce; PlayStation 5 ha ancora tanto da dimostrare (e lo stesso vale per Xbox Series X|S, francamente: ma Microsoft è un discorso separato).
Già questo ci dà un contesto più ampio in cui inserire gli annunci del Nintendo Direct e dello State of Play.
Il titolo ufficiale del nuovo Zelda e Pikmin 4
Nel primo caso, Nintendo ha confermato l'uscita nel 2022 di Bayonetta 3 e Mario + Rabbids: Sparks of Hope (prodotto da Ubisoft in esclusiva per Switch) e che nel 2023 vedremo The Legend of Zelda: Tears of Kingdom (il titolo ufficiale del seguito di Breath of the Wild, pubblicato nel 2017); un rifacimento di Kirby's Adventure Wii; Kirby's Return to Dream Land Deluxe; Fire Emblem Engage e Pikmin 4.
Su quest'ultimo vale la pena soffermarsi su un fatto: pensavo che Nintendo avesse capito la lezione di Metroid Prime 4 - mostrato con un logo per cavalcare l'eccitazione degli appassionati e poi sparito nel nulla - e invece Shigeru Miyamoto ha solo detto che Pikmin 4 è in sviluppo e che si potrà giocare anche dalla prospettiva dei Pikmin. Per un gioco che arriva nel 2023 è decisamente poco e non abbastanza per avere fiducia che sarà pubblicato per davvero nel 2023.
Anche la presentazione di The Legend of Zelda: Tears of Kingdom, in sviluppo da anni e in arrivo fra otto mesi, è stata insufficiente; ma Nintendo segue ormai rigidamente il suo schema di annunci e in futuro ci sarà probabilmente un Direct dedicato esclusivamente al prossimo gioco di The Legend of Zelda.
In generale, Nintendo si trova in una posizione facile: ha mostrato una grande quantità di giochi (nonostante probabilmente troppi siano stati simulazioni di fattorie o rifacimenti/rimasterizzazioni); e ha confermato alcune sue uscite rilevanti appartenenti a grandi serie (Zelda, Kirby, Fire Emblem e Pikmin).
Durante il Nintendo Direct ho contato oltre 40 giochi: e qui, forse, sta il principale problema del Nintendo Direct dei giorni scorsi.
Nella volontà di puntare sulla percezione che su Switch ci sarà parecchio di cui fruire, sono stati inclusi troppi contenuti con il rischio che alcuni giochi legittimamente interessanti, come Ib, possano finire dimenticati nello stesso tempo che è stato riservato loro durante il Direct.
Ultima cosa: con il debutto di The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom il 12 maggio 2023 - che tendenzialmente segna la fase ultima del ciclo vitale delle console casalinghe di Nintendo - ci stiamo avvicinando al momento in cui Nintendo dovrà dirci che vorrà fare dopo Switch; che però viene gestita soprattutto come console portatile (e quelle Nintendo tendono ad avere una vita più lunga delle console casalinghe). Insomma, sarà interessante analizzare i movimenti di Nintendo in tal senso nei prossimi mesi.
Per Sony, è un'altra storia.
Cosa tirare fuori dallo State of Play
Le notizie principali dello State of Play sono state:
Tekken 8, che sarà multipiattaforma;
il trailer (per quanto bello) di un gioco che uscirà a breve, cioè God of War Ragnarok;
il rifacimento di un gioco precedentemente uscito solo in Giappone (Like a Dragon: Ishin), anch'esso multipiattaforma;
il debutto nel 2024 di un nuovo gioco di Team Ninja (Rise of the Ronin), che arriverà anche su PC;
il titolo definitivo di Project Eve (ora noto come Stellar Blade), che al di là di qualche scena di azione è ancora presto per giudicare.
In qualunque altro momento lo definirei uno State of Play modesto e passerei oltre; ma PlayStation 5 è al secondo anno di vita e ha tanto da dimostrare. Ritenere che questa situazione sia figlia del momento del ciclo vitale della console, inoltre, è fuorviante.
Per fare un paragone con il secondo anno di vita di PlayStation 4, nel 2015 Sony ha pubblicato: The Order 1886, Bloodborne, Journey, God of War 3 Remastered, Beyond Two Souls, The Last of Us: Left Behind. E all'E3 del 2015 furono annunciati Dreams e Final Fantasy 7 Remake; Uncharted 4 e The Last Guardian erano a un anno di distanza e Guerrilla Games annunciava al mondo Horizon Zero Dawn.
Insomma: nel secondo anno, PlayStation 4 era molto più viva di quanto lo sia oggi PlayStation 5.
Prima di continuare, è bene evidenziare un'altra cosa: ci sono una serie di differenze consistenti fra il mercato dei videogiochi del 2015 e quello del 2022.
Nel 2015 non c'era ancora Fortnite, che avrebbe debuttato due anni dopo e ce ne sarebbero voluti altrettanti prima di generare la moda dei battle royale come la conosciamo oggi, che ha consolidato la tendenza dei "giochi come servizio" presenti su molte piattaforme.
Nel 2015 non c'era nemmeno Game Pass; anzi, Xbox stava vivendo un momento di grossa difficoltà creativa e produttiva e solo un anno prima Phil Spencer era stato nominato principale referente per Xbox.
In generale, gli abbonamenti a là Netflix nei videogiochi continuavano a essere qualcosa di chiacchierato e non ancora applicato. Mentre Nintendo stava cercando di capire come far morire Wii U in santa pace ma il prima possibile.
Nel 2015 sviluppare in esclusiva per console continuava a essere una mossa di marketing incrollabile e Sony di pubblicare i suoi giochi altrove nemmeno ci pensava.
Insomma: nonostante il breve periodo, era un altro mercato con logiche produttive e strategiche diverse.
Quanto vediamo oggi è colpa della pandemia e dell'impatto che ha avuto sulle modalità di lavoro? Forse.
Il riposizionamento strategico di Sony - più mobile e PC - ha influenzato la programmazione, che è ancora in fase di assestamento? Forse.
Sony deve ancora prendere confidenza con gli State of Play? Forse.
Se non ci fosse stata la crisi dei chip e la conseguente difficoltà a comprare PS5, le cose sarebbero diverse? Forse.
Sony si trova in una posizione che Microsoft conosce bene: sta cambiando strategia, sta riposizionando le sue proprietà, ma non sta riuscendo a comunicarlo bene ai consumatori. Sempre che un modo per comunicare bene questa situazione esista perché significa non mantenere vecchie promesse (giochi in esclusiva); aprire le porte a un pubblico nuovo (mobile e PC), il che genera sempre malumore perché una quota di pubblico è portata a credere che ciò snaturerà, in futuro, il lavoro degli sviluppatori; trovarsi in certi momenti - e in questo senso l'ultimo State of Play - ad avere poco da mostrare e di cui parlare.
Certo, si potrebbe anche pensare il contrario: se i cattivi anni di Sony sono quelli di Horizon Forbidden West, Gran Turismo 7, il remake di The Last of Us e God of War Ragnarok (si giudicherà quando sarà pronto; ma resta un'uscita di grande rilevanza per Sony), be', chissà quelli buoni.
In breve
Giochi:
Square-Enix ha annunciato di aver cancellato gli aggiornamenti previsti per Babylon's Fall, sviluppato da Platinum Games e decisamente criticato al lancio, e che non potrà più essere giocato dal 27 febbraio 2023. Babylon's Fall è uscito su PS4, PS5 e PC il 3 marzo scorso
La versione base di The Sims 4 diventerà gratuita dal 18 ottobre. Il produttore di The Sims, Electronic Arts, ha annunciato inoltre che pubblicherà il prossimo prodotto di Omega Force, studio di Koei Tecmo, che sarà un gioco di caccia (probabilmente sulla falsa riga di Monster Hunter di Capcom)
I futuri giochi di Assassin's Creed elimineranno le parti moderne ed è una delusione [Zack Zwiezen, Kotaku]
Oltre a Like a Dragon: Ishin, SEGA ha annunciato altri giochi della serie che precedentemente era nota come Yakuza e ora si chiama Like a Dragon, appunto: Like a Dragon 8 e Like a Dragon Gaiden: The Man Who Erased His Name
Adopt Me è uno dei giochi di maggior successo su Roblox. Nei Paesi Bassi e in Belgio è stato temporaneamente reso non disponibile in modo che possa aderire alle regole sulle loot box, più stringenti in questi due Paesi che altrove
Project Galileo dello studio italiano Jyamma Games ora si chiama Enotria: The Last Song. Durante il Tokyo Game Show è stato pubblicato un nuovo trailer, realizzato con filmati in pre-alpha (uno stato estremamente prematuro del gioco)
Call of Duty: Warzone 2.0 debutterà su PC e console il 16 novembre. Nel 2023 uscirà l'edizione mobile, intitolata semplicemente Call of Duty Warzone: Mobile. Ci stanno lavorando vari studi, fra cui Activision Shanghai Studio, Digital Legends e Beenox
Su PlayStation VR2 non si potranno giocare i giochi della generazione precedente, ha specificato Sony. La motivazione ufficiale è che PS VR2 è "stato pensato per offrire un'esperienza di realtà virtuale davvero di nuova generazione"
Hollow Knight: Silksong arriverà anche su PlayStation 4 e PlayStation 5. Era già stato annunciato per Nintendo Switch e Xbox
Aziende:
Ubisoft ha annunciato che alcuni dei suoi prossimi giochi ad alto budget costeranno di più, in linea con quanto stanno facendo editori come Sony Interactive Entertainment
L'editoria specializzata all'estero non se la passa meglio che in Italia. Fanbyte, di proprietà di Tencent, ha licenziato molte persone, fra cui anche la direttrice Danielle Riendeau, pare senza granché preavviso. Ci sono stati licenziamenti anche in Future e in G4TV (progetto rinato nel 2021). Quelli in Future sono particolarmente rumorosi perché recentemente l'amministratore delegato ha detto di essere lieto di progressi fatti dall'azienda dal punto di vista finanziario; eppure, testate come iMore, Android Central, Windows Central e TechRadar Gaming sono state coinvolte da licenziamenti. Mentre G4TV, secondo quanto riportato da Kotaku, non se la sta passando molto bene.
Esport:
Perché il formato dei Worlds di League of Legends va cambiato [Francesco Lombardo, Esportsweb]
Faze Clan creerà "Faze World", un mondo in The Sandbox - uno dei tanti giochi online che mira a diventare un metaverso, con tanto di vendite di terreni digitali in criptovalute - che includerà "una varietà di esperienze e beni digitali per connettere i creatori di contenuto di Faze Clan con gli appassionati".
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