Cyberpunk 2077 è salvo. CD Projekt non ancora
Il gioco base ha venduto oltre 25 milioni di copie. Ma l'immagine di CD Projekt ha bisogno di più.
Alla fine è fatta. Venerdì l’autorità antitrust britannica, la Competition and Markets Authority, ha approvato l’acquisizione di Activision Blizzard da parte di Microsoft. E poche ore dopo è diventato ufficiale: Activision, Blizzard e King ora sono parte di Microsoft.
Breve riassunto delle puntate precedenti.
La Commissione Europea aveva già approvato la prima versione dell’acquisizione, dopo che Microsoft aveva stretto accordi con vari fornitori di servizi di cloud gaming, di cui Nvidia è il più noto, per assicurare l’arrivo dei videogiochi Xbox su altre piattaforme. Negli Stati Uniti invece l’autorità antitrust non è riuscita a ottenere il blocco che ha cercato in tribunale.
La CMA aveva bloccato l’operazione lo scorso aprile perché riteneva che Microsoft nel cloud gaming sarebbe diventata troppo grande e soprattutto avrebbe usato ogni mezzo per ostacolare i rivali, attuali e futuri.
A convincere la CMA nei giorni scorsi è stata la recente modifica dell’accordo, che prevede che per i prossimi 15 anni sia l’editore francese Ubisoft a gestire a livello internazionale i diritti per i videogiochi in cloud di Xbox, compresi quelli di Activision, di Blizzard ed eventualmente di King. È stata ritenuta sufficiente per annullare i timori espressi nei mesi scorsi circa la concorrenza nel nascente segmento del cloud gaming.
Per arrivare a questo punto, ci sono voluti molti più mesi di quelli che a gennaio 2022 Microsoft aveva previsto: 21 anziché 18.
Dopo una tale attesa, e dopo che di questa operazione si è detto e discusso tantissimo, ci sarà però ancora molto da aspettare.
Perché una cosa è che formalmente l’operazione sia conclusa; un’altra è integrare un editore enorme come Activision Blizzard, che ha oltre 10 mila dipendenti e molti studi di sviluppo, in un’altra società enorme, anzi ancora più grande, come Microsoft.
In altre parole: prima di vedere i reali risultati di questa fusione serviranno ancora molti anni; perché i videogiochi sono progetti pluriennali che richiedono interventi altrettanto pluriennali. Sono come enormi navi da crociera: per deviare la traiettoria serve tempo (e spazio).
Ci saranno invece novità più a breve termine, come l’introduzione di vari videogiochi attuali e passati di Activision e di Blizzard nel catalogo di Game Pass nei prossimi mesi. Activision Blizzard stessa lo aveva già detto nei giorni precedenti, insistendo sul fatto che per videogiochi recenti come Call of Duty: Modern Warfare III e Diablo IV bisognerà aspettare almeno il 2024.
Così come sappiamo già che Robert Kotick, oggi amministratore delegato di Activision Blizzard, lascerà il gruppo dal 1 gennaio 2024: Spencer gli ha chiesto di restare fino alla fine dell’anno per assicurare una transizione fluida.
Allo stesso modo tante domande che sono state poste in questo anno e mezzo rimangono, per ora, senza risposta: che ruolo avrà King nella strategia di Microsoft? The Elder Scrolls VI uscirà anche su PlayStation? Microsoft collaborerà per davvero con i sindacati che sono emersi in Activision Blizzard? Ci saranno degli esuberi come conseguenza della fusione? Vecchie proprietà intellettuali di Activision, come Guitar Hero, torneranno sul mercato?
Purtroppo, per queste risposte ci tocca ancora aspettare.
Massimiliano
Nei giorni scorsi è uscita l’undicesima puntata di Chiacchiere, appuntamento del podcast di Insert Coin in cui io e Franco Aquini discutiamo di cose videoludiche. I temi principali: la strategia di Apple e i videogiochi molto lunghi (con ciò che significano per chi li sviluppa e per chi li gioca). La puoi ascoltare su tutte le piattaforme.
I risultati di vendita di Cyberpunk 2077 comunicati dal suo produttore, la polacca CD Projekt, sono molto positivi: dal lancio di dicembre 2020 sono state vendute oltre 25 milioni di copie. Inoltre l’espansione pubblicata di recente, intitolata Phantom Liberty, ha superato le tre milioni di copie vendute.
Su Steam la valutazione media è ormai da tempo “molto positiva” e il gioco - dopo numerosi aggiornamenti, che hanno cambiato anche profondamente alcuni aspetti dell’esperienza - ha migliorato la disastrosa situazione del lancio (ricordo che Cyberpunk 2077 era così pieno di problemi tecnici che la versione PlayStation venne tolta dal PlayStation Store, per intenderci).
Non è un caso, quindi, che la situazione attuale ci dica che - dopo anni di interventi e l’uscita di una serie animata su Netflix - CD Projekt sia riuscita a cambiare la percezione del gioco: inizialmente è stato accolto con fastidio e scetticismo, a causa di promesse ampiamente disattese e una notevole disonestà circa lo stato tecnico del gioco su qualunque piattaforma che non fosse PC o Stadia; ma se oggi chiedessi a una persona cosa pensa di Cyberpunk 2077, probabilmente otterrei un parere positivo se non molto positivo. E le recensioni su Steam, piaccia o meno, ci dicono proprio questo.
Certo: fra gli aggiornamenti e Phantom Liberty sono serviti circa 113 milioni di euro, di cui 81 milioni di euro solo per produrre e pubblicizzare l’espansione, per “salvare” Cyberpunk 2077. Ma il risultato, oggi, è evidente.
C’è un’altra questione che invece resta aperta: e cioè che CD Projekt non ha salvato se stessa. Non ancora, almeno.
Perché CD Projekt, a oggi, non ha lasciato intendere in nessun modo che quello che è accaduto al lancio di Cyberpunk 2077 non possa accadere di nuovo. Detto altrimenti: che i suoi prossimi progetti non rischino situazioni simili.
Anzi, a ottobre 2022 ha rincarato la dose e, mentre era al lavoro per sistemare Cyberpunk 2077, ha annunciato che nei prossimi anni intende pubblicare molti giochi, fra cui:
una nuova trilogia di The Witcher,
il rifacimento del primo The Witcher,
il sequel di Cyberpunk,
un videogioco basato su una nuova (e ancora ignota) proprietà intellettuale.
Nel frattempo lo sviluppo di uno di questi progetti - un'esperienza multigiocatore nel mondo di The Witcher, nota solo come Project Sirius - è stato azzerato perché i risultati raggiunti non erano all'altezza.
Al momento di quell’annuncio CD Projekt aveva 730 dipendenti. A metà del 2023 CD Projekt aveva circa 900 dipendenti.
Lo scorso luglio però CD Projekt ha annunciato che licenzierà il 9% dei dipendenti entro la fine di marzo 2024. Ciò è stato deciso in conseguenza dell’adozione della metodologia agile, che prevede più collaborazione fra i vari reparti, ma anche una suddivisione diversa, più minuziosa, dei vari traguardi durante lo sviluppo.
“Il cambio nell’approccio e il tentativo di creare gruppi più efficaci è un proseguimento della trasformazione, ancora in corso, che la casa madre ritiene sia di vitale importanza per creare videogiochi di qualità, pubblicati in tempo e sviluppati senza eccessivi e pesanti straordinari”, è stato spiegato in un recente resoconto finanziario.
D’altronde, se è vero che Cyberpunk 2077 ha venduto 25 milioni di copie - superando ampiamente il miliardo di euro di ricavi - le azioni di CD Projekt sono ancora in difficoltà. A dicembre 2020, poco prima del lancio di Cyberpunk 2077, valevano 443 zloty (circa 97 euro); oggi valgono 105 zloty (circa 23 euro), praticamente un quarto.
Ciò ci lascia intendere che l’ottimo risultato commerciale di Cyberpunk 2077 non è stato sufficiente per convincere il mercato e gli investitori che CD Projekt sia ben posizionata; e che, detto in altre parole, possa tornare a quei fasti che hanno preceduto il disastroso lancio di Cyberpunk 2077: quando la fiducia, guadagnata con la serie The Witcher, era ai massimi livelli.
Il tutto mentre CD Projekt continua a espandersi - in linea con altre società, come Sony Interactive Entertainment e Nintendo - per rendere più eterogenei i punti di contatto con le sue principali proprietà intellettuali. Anche a tal fine ha annunciato la collaborazione con Anonymous Content per la creazione di un live action basato su Cyberpunk 2077.
Basta vedere questa immagine per capire di cosa parlo:
Ciò non significa, però, che non siano stati fatti dei progressi.
Di recente alcuni dipendenti di CD Projekt hanno fondato il sindacato Polish Gamedev Workers Union per ottenere condizioni di lavoro migliori e difendersi da iniziative che potrebbero, al contrario, comprometterle.
E intervistato dal sito polacco CD Action, Paweł Myszka, uno dei fondatori del sindacato, ha sottolineato che “durante il lavoro su Phantom Liberty non c’è stato alcun crunch, certamente non nella stessa misura del gioco base”. Ha aggiunto che gli straordinari erano facoltativi e che CD Projekt ha introdotto “una politica anti-crunch, che è stata regolarmente implementata e applicata”. L’atmosfera interna è stata descritta come “buona”.
Ma come scrisse Polygon a fine 2020, già in passato i dirigenti di CD Projekt affermavano che gli straordinari non erano obbligatori; salvo poi farne uso (e abuso) per portare a termine Cyberpunk 2077 - con i risultati che si sono visti, peraltro.
Insomma oggi siamo ampiamente nella fase delle belle parole; quelle stesse belle parole che già in passato i dirigenti di CD Projekt hanno usato per vantare caratteristiche aziendali che poi, invece, sono state smentite.
Per salvare Cyberpunk 2077 sono serviti oltre 110 milioni di euro e due anni e mezzo di lavoro.
Per salvare la faccia di CD Projekt servirà molto di più: serviranno i fatti, la costanza e ulteriori testimonianze di un ambiente di lavoro più organizzato, più efficace e dove l’elemento umano non viene danneggiato; servirà una comunicazione più centrata e meno interessata a vantare caratteristiche molto diverse da come sono davvero o traguardi inesistenti. E servirà che, soprattutto, per far felici gli investitori CD Projekt non la faccia fuori dal vaso.
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