La chiusura di Antimatter Games, da chi c'era
"Non nego che è una cosa pesante da gestire, soprattutto a livello psicologico"
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Su Insert Coin ho parlato spesso dei licenziamenti che hanno contraddistinto il settore dei videogiochi dal 2022 in poi. Una situazione che ho analizzato meglio nel secondo numero di Insert Coin Magazine - chiedendomi, soprattutto, se è davvero una correzione, come sostengono molti, o se invece la dobbiamo definire una crisi industriale e strutturale dell’industria - e che probabilmente avrà ancora degli strascichi.
Questa volta ho preferito concentrarmi sulla micro-situazione. Per portarvi una testimonianza diretta di cosa succede quando la tua vita viene cambiata per le decisioni di un fondo che decide di tagliare progetti e studi. Oppure, più semplicemente, uno studio decide di non avere più bisogno di te.
Ne ho parlato, quindi, con Stefano Zocchi. Lo potete seguire su X, mentre scrive anche per Ludica.
Insert Coin: Se non ho capito male, lavoravi per Behaviour?
Stefano Zocchi: Prima per un paio di anni ho lavorato per Antimatter Games (AMG), che è uno studio che è diventato famoso per Rising Storm 2: Vietnam, [un videogioco] multiplayer super realistico, con un sacco di giocatori uno contro l’altro. Magari non è mai stato al livello di Battlefield, ma aveva uno zoccolo duro di gente che lo adorava. Sono stato preso da AMG per lavorare principalmente a IGI Origins.
All'incirca l'anno scorso, verso l’inizio dell’estate, AMG è stata chiusa dal gruppo che la controllava, cioè Enad Global 7, nell'ottica di un piano di ristrutturazione per rivalutare le potenzialità. Sostanzialmente, hanno chiuso gli studi che portavano avanti i progetti più a rischio.
A quel punto sono passato a Behaviour, che è un ombrello gigantesco e ha moltissimi studi. Io lavoravo Behaviour UK North. Sono stato assunto nel modo in cui vengono assunte molte persone che lavorano da paesi stranieri per studi che non sono del loro paese. Vale a dire che sono stato assunto in forma di contractor, cioè avevo un contratto che in Italia si fa solitamente tramite partita IVA; e quindi io lavoravo in partita IVA. Ero effettivamente un membro del team, ma sulla carta un consulente esterno.
È una situazione molto comune, anche se in realtà poi ogni persona fa storia a sé. Ed è una situazione che crea alcuni vantaggi, ma anche molti svantaggi.
Il primo svantaggio è che se sei un contractor, non hai le difese che essere un vero e proprio dipendente ti può dare. Le ferie non ci sono perché figuri come un consulente, come una partita IVA che lavora per lo studio. E nel momento in cui non hanno più bisogno del tuo lavoro possono chiudere il contratto e sostanzialmente chi si è visto si è visto. (È sempre previsto, in relazione alla chiusura di un contratto, un preavviso minimo, ndr) Che è più o meno è quello che è successo a me verso dicembre/gennaio in concomitanza con quella ondata di licenziamenti che c'è stata. Una volta conclusa la durata originale del mio contratto non mi è stato rinnovato.
Questa è una situazione molto particolare perché la chiusura naturale di un contratto che poi non viene rinnovato non figura fra i licenziamenti “ufficiali”. Quindi le cifre enormi di migliaia di persone licenziate che noi stiamo vedendo in questi mesi, in realtà sono minori dell'effettiva perdita di lavoratori dell'industria: perché tutte le persone che avevano il tipo di contratto che avevo io non fanno notizia perché l'azienda non sta facendo un licenziamento. Sulla carta non è successo niente di strano. Perché questa è una situazione che si potrebbe definire un pochino grigia, molto complessa, soprattutto dal punto di vista umano.
Ti faccio un esempio. Io sono entrato con questo tipo di contratto in Antimatter. E in Antimatter sulla carta ero una persona esterna, ma in pratica ero un membro della squadra. Sono entrato in Antimatter come junior designer e il gruppo di designer che c'era lì mi ha formato tantissimo e gli devo veramente molto.
E comunque lavoravi dall’Italia?
Sì. Il vantaggio che ha creato il Covid, oltre all'esplosione di quella di cui si può parlare come una bolla per quanto riguarda le dimensioni del settore, è aver sdoganato l'assunzione da remoto, che soprattutto per studi un po’ “più piccoli” e soprattutto nel mondo indie ha permesso di assumere persone da tutto il mondo. Ha ampliato enormemente la platea di gente che poteva entrare nell'industria e inoltre ha dato la possibilità alle aziende di prendere talenti in qualunque luogo. Non dovevi più essere a San Francisco per poter fare parte “della scena”.
Io ho iniziato in questo modo ed è tutto un intrecciarsi di cose. Perché poi il fatto che io sia entrato vivendo in Italia ma lavorando per un'azienda inglese mi svantaggiava dal punto di vista contrattuale, ma mi dava il vantaggio di ricevere uno stipendio che, con un costo della vita molto più basso in Italia, funzionava molto bene.
È una cosa molto complicata. Poi ovviamente ogni persona fa storia a sé, ognuno la vive in maniera diversa. Il mio piano originale era di spostarmi in Inghilterra prima o poi perché questa è una cosa che sognano di fare molti designer italiani. Il passaggio all'estero viene riconosciuto anche come una specie di salto di qualità. Poi si entra anche in un lato sentimentale. Io adoravo lavorare con tutta la gente di quel team. Il fatto che quella parte della mia vita si sia chiusa in maniera molto brusca, per una decisione presa da un gruppo di dirigenti di un altro paese rispetto allo studio e che nessuno aveva mai visto, è stato pesante. (Enad Global 7 ha sede in Svezia, ndr).
Riannodiamo i fili. Inizi in Antimatter quando?
Il primo aprile 2022.
Ok. Entri come junior designer e prosegui con loro per quanto tempo?
Almeno un anno e mezzo. Fino all’estate 2023. Fino allora avevo avuto esperienze soprattutto indie: avevo fatto giochi miei, mi ero costruito un mio portfolio.
Diciamo che entrando Antimatter senti che stai facendo il passo in più e ti senti lanciato verso l’obiettivo che ti eri posto. Ti fa sentire nel giro che conta, passami l’espressione.
Non userei questa espressione. Ci sono persone che fanno un lavoro incredibile anche se non sono considerate esattamente all'interno dell'industria, quella con la “i” maiuscola. In Italia abbiamo un esempio di tantissimi studi anche di piccole dimensioni che fanno lavori fenomenali. Abbiamo visto la vittoria di Eyeguys all'ultimo Indipendent Game Festival Award. Gente come Pietro Polsinelli. Santa Ragione fa dei lavori incredibili e Saturnalia era un capolavoro.
Il contatto con AMG mi ha dato due possibilità. Innanzitutto, la possibilità di lavorare con un'azienda relativamente grossa. Non si tratta di uno studio da 500 persone, a memoria mi sembra che ci fossero una sessantina in totale di sviluppatori.
Mi ha dato anche la possibilità di avere un percorso di formazione interna, partendo come junior, che è molto raro e non solo nell’industria di videogiochi. E questo è una cosa per cui devo molto ad Antimatter. E questo, tra parentesi, è uno dei paradossi di questo tipo di situazioni. Sia di Antimatter sia di Behaviour, gli studi in cui ho lavorato, non posso che parlare benissimo: erano entrambi due ambienti fenomenali in cui ho conosciuto persone incredibili.
Luca Uccellatori, il lead designer di Antimatter all'epoca in cui sono entrato, mi ha insegnato tantissime cose. Ancora oggi è un grande amico che quando passa da Milano, spesso andiamo a bere qualcosa insieme sui Navigli. O anche solo poter lavorare a fianco della narrative designer di Antimatter, Aymie Martin. È la possibilità di confrontarti e lavorare a fianco a fianco con persone che riescono a passarti la loro esperienza.
Il problema è che questi cicli di licenziamenti, questi cicli di riduzioni, questa idea del "si fa un gioco, si cambia completamente la squadra, la si riduce e poi magari si prende qualche altro contractor dopo", spezzano, a mio parere, il filo conduttore del tesoro di esperienza che ha una squadra di sviluppo.
Ogni volta che una persona passa da uno sviluppatore all'altro deve ripartire da zero. Ne aveva parlato recentemente di questa cosa, anche il director del remake di Final Fantasy. Lui aveva intenzionalmente tenuto il 90% degli sviluppatori proprio per poter trascinarsi con sé questo tesoro di esperienza che avevano fatto.
Torniamo alla tua uscita da Antimatter…
Era il periodo in cui la situazione attuale di tracollo iniziava ad avviarsi. Enad Global 7, il fondo svedese, ha condotto una valutazione interna e ha deciso di chiudere sostanzialmente tutti gli studi che loro consideravano sopra una certa fascia di rischio.
Quanto questa scelta sia stata logica, è una cosa che io non posso stabilire. Non ho i numeri. Posso solo dire che l’ultimo trailer del videogioco a cui stavo lavorando aveva raggiunto un milione di visualizzazioni su YouTube…
Perdonami se insisto. Raccontami quei giorni lì. Quella comunicazione come vi è arrivata? Quanto prima lo avete saputo?
Allora, è stato un fulmine a ciel sereno, questo te lo posso dire. Questo tipo di cose si svolge diversamente per ogni studio, a seconda del tipo di comunicazione. Ma una delle cose più comuni che succedono è che improvvisamente ti svegli una mattina oppure stai lavorando e vedi una notifica che ti dice che tra un paio d'ore c'è un “all hands meeting”, cioè una riunione in cui tutti i membri della azienda devono partecipare. È molto raro che queste riunioni vengano fatte per cose positive. Non vuol dire che siano per forza sempre notizie terribili, magari ogni tanto sono comunicazioni di servizio. Ma se sono fatte tramite riunioni e non tramite un giro di mail, sai che sta succedendo qualcosa. Il vuoto nello stomaco lo senti parecchio.
Passano queste riunioni e non è detto che ti dicano immediatamente "ciao ragazzi, chiudiamo tutto". È possibile che ci sia prima un discorso del tipo "stiamo affrontando un momento difficile, volevamo avvisarvi in anticipo". Oppure anche in quel caso si fa uno di queste riunioni e ti viene detto "abbiamo deciso di valutare lo stato dello studio rispetto al nostro piano finanziario” o altri linguaggi molto asettici sostanzialmente.
A quel punto, diciamo, anche se non è confermato immediatamente, lo senti nell'aria.
Questo tipo di comunicazione, nel tuo caso, è stato fatto dai responsabili di Antimatter o direttamente dai responsabili del fondo svedese?
Nel mio caso sono stati direttamente quelli al di sopra del nostro studio, a cui almeno riconosco di essere venuti in prima persona a parlarci e a ricevere domande.
È una sensazione molto strana quella che succede quando fai parte di uno studio che sai che verrà presto chiuso. Ti svegli la mattina, ti metti al lavoro con altra gente e li guardi e chiedi "cosa vogliamo fare oggi? Vogliamo guardarci, vogliamo lavorare su qualcosa che sappiamo che quasi sicuramente non vedrà più la luce del giorno…?"
È una sensazione pesante, ti senti un po' come un condannato che sta andando verso il patibolo e non sa cosa altro fare se non camminare. Poi lo sto dicendo in una maniera piuttosto romantica, però…è stata una situazione parecchio pesante.
La cosa interessante è che le persone si attivano non solo per cercare cose nuove, ma anche per fare in modo che in questo tipo di situazioni si possa comunque costruire qualcosa mentre si aspetta la fine. Nel nostro caso, abbiamo deciso di passare gli ultimi tempi organizzando dei mini-eventi in cui alcuni membri del team facevano presentazioni, tutorial o condividevano conoscenze prima che si chiudesse tutto con gli altri membri.
Sì perché a quel punto era inutile che lo studio lavorasse su qualunque cosa e gli ultimi giorni avete detto “ok cerchiamo di condividere”…
Sì, quando ci si occupa di queste chiusure non succede immediatamente: bisogna far partire un processo che coinvolge le parti sociali, cioè proprio a livello di struttura aziendale. Ci sono consultazioni da fare, ci sono tutte questioni che riguardano il rispetto anche delle leggi del lavoro, del Regno Unito in questo caso. Tutte questioni che a me, a tutti gli altri contractor o non si applicavano o si applicavano in maniera diversa dato il nostro stato a livello cartaceo di consulenti esterni.
Da quando vi dicono “per questi motivi Antimatter deve chiudere” e il momento in cui tu lasci, quanto tempo passa più o meno? Giorni o settimane?
Almeno qualche settimana. Comunque, tutte le contrattazioni legate alla chiusura di un'azienda richiedono tempo e queste sono quelle cose che non puoi far partire finché non hai informato tutti i dipendenti.
A quel punto io sono uscito da Antimatter e sono entrato in Behaviour con un contratto a termine, che si è concluso a dicembre in concomitanza con tutta la grande ondata di licenziamenti che ha colpito tutto il mondo dell'industria. Adesso sono più o meno tornato, al momento, al mondo dei media. Sto scrivendo per Ludica, sto facendo un paio di cose da quel punto di vista.
So che non è la fine di una carriera. Non voglio assolutamente metterla in quel modo: è un periodo difficile per l'industria e sono rimasto incastrato in alcune situazioni sfortunate. Però puoi dire di aver conosciuto persone che ti hanno cambiato la vita senza temere di stare esagerando. Fare piani per il futuro e poi vedere tutti questi piani sciogliersi come neve al sole per cose che tu non puoi completamente controllare…non nego che è una cosa pesante da gestire, soprattutto a livello psicologico.
Torniamo un secondo al mancato rinnovo del contratto in Behaviour. Quante altre persone sono state coinvolte? Te lo aspettavi, c’era qualcosa che te lo faceva pensare?
Della squadra in cui lavoravo, che io sappia, sono l'unica persona che poi non ha continuato a lavorare con Behaviour. Diciamo che le probabilità che succedesse erano 50 e 50.
Da un lato, conoscendo le condizioni dell'industria, in un certo senso me l'aspettavo e avevo già iniziato, verso ottobre, a vedere se c'erano altre possibilità. Dall'altro, considerato il lavoro, secondo me molto buono, che stavamo facendo e considerato che mi trovavo molto bene con il team con cui lavoravo e viceversa, ero convinto che ci sarebbe stata la possibilità di ottenere un'estensione. Questa possibilità poi non c'è stata e la situazione a fine 2023 in tutta l'industria si è rivelata molto più pesante di quanto molta gente si aspettasse.
Nel momento in cui vieni staccato da Behaviour, presumo che hai provato a cercare contatti in giro, a sondare il terreno per dire “ok, magari riesco a trovare una collocazione sempre con questa struttura remota”. Com’è andata?
È stato un percorso un po’ strano. Il distacco, in questi primi mesi del 2024, è stato parecchio difficile. Perché al momento ci sono sia molti pochi studi disposti ad assumere sia migliaia e migliaia di persone che cercano di combattere gli uni contro gli altri per gli stessi posti.
Io sono fortunato: non ho famiglia a carico e sono riuscito a mettere da parte una quantità di denaro per sopravvivere in questi giorni. Ci sono altre persone che stanno combattendo per gli stessi posti con un livello di anzianità inferiore alle loro capacità perché non possono fare altro sostanzialmente. Ormai io sono abituato a mandare curriculum e non ricevere nessun segno di vita. Anche quella è una cosa che ti lascia molto l’amaro in bocca.
Bisognerà vedere quanto questa situazione dura. Io sono dell’idea che prima o poi finisce. Intanto studio un po’ di programmazione, lavoro sul mio progetto e sul mio portfolio. Il problema è quando questa situazione finirà.
Tu hai iniziato a lavorare in Antimatter sfruttando un momento in cui lavorare da remoto era stato molto sdoganato, era stata un'occasione per gli studi più piccoli. Questa tendenza nel 2024 è stata molto ridimensionata. Secondo te, ti sei anche trovato incastrato nel non essere riuscito a trasferirti all’estero, nel frattempo, e quindi a subire un po’ la distanza?
Sorprendentemente in realtà la risposta è no. Se mi fossi trovato all'estero, sarei stato nella stessa situazione in cui sono adesso con uno stato di contractor, senza avere protezione nel momento in cui lo si decide di chiudere. Ma con la differenza che avrei dovuto cercare un lavoro all'estero entro tempi molto stretti. Poi varia a seconda del paese per poter permetterti di rimanere all'estero. Per esempio, è un problema che vivono le persone che si sono trasferite all'estero e si sono trovate lo studio chiuso o coinvolte nei licenziamenti e hanno pochi mesi per trovare qualcosa altro prima di dover essere costretti a tornare nel loro paese di origine.
Secondo me non essere stato lì in presenza per me è stato un inaspettato colpo di fortuna anche se io all'epoca lo consideravo un forte svantaggio proprio per la cosa che stavi dicendo tu.
Poi il ritorno in ufficio obbligatorio è anche un metodo per ridurre l'organico aziendale senza dover annunciare dei licenziamenti veri propri. Imponi allo studio di tornare a lavorare in presenza anche parzialmente e le persone che si trovano a due fusi orari di distanza non hanno la possibilità fisica di spostarsi. Sono sempre valutazioni individuali, comunque, ed è pericoloso fare generalizzazioni a mio parere.
Quindi in questo momento continui a provare o stai aspettando che la situazione generale migliori?
Un misto delle due cose. Vorrei assolutamente continuare a lavorare nel settore. Sono stati sinceramente gli anni più belli della mia vita e nonostante tutte le difficoltà e le delusioni brucianti non tornerei mai indietro.
Però a parte sostenermi con lavori occasionali, tornare a scrivere e tutte quelle cose, sto continuando a fare colloqui e a mandare curriculum. Ma nel frattempo, visto lo stato attuale delle cose, mi sto concentrando anche sull'aumentare la mia capacità, migliorare il portfolio, fare anche un po' di networking.
Io ho uno svantaggio, infatti. Avendo lavorato per anni con aziende straniere non conosco molte persone nella scena italiana. Gli eventi recenti di IGDA a Milano per me sono stati un'occasione per iniziare a entrare in Italia e conoscere persone che magari avevo già avuto l'occasione di incrociare a eventi, soprattutto a università o a eventi del settore. E scoprire, tra l'altro, che in Italia ci sono tantissimi talenti che aspettano l'occasione giusta per venire notati.
Insomma i numeri dei "licenziamenti" sono terribilmente più alti se si considera quanto esposto.
BENE